Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30994 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30994 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 03/12/1965
avverso l’ordinanza del 16/01/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; ieNiA r/-‘ 12 GLYPH – r (f(24 ( Q 1 GLYPH r ,’ -e ( Lo t r cLi2 -A«. ‘
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Sorveglianza di Firenze ha rigettato l’istanza di affidamento in prova e ha dichiarato inammissibile quella di detenzione domiciliare avanzate nell’interesse del condannato, in relazione alla pena in esecuzione di anni due mesi sei di reclusione, relativa alla condanna per il reato di bancarotta fraudolenta riguardante la società RAGIONE_SOCIALE nella qualità di amministratore unico.
Considerato che il motivo unico proposto dalla difesa, avv. NOME COGNOME pur alla luce delle ulteriori argomentazioni contenute nella memoria fatta pervenire in data 9 aprile 2025 (violazione art. 47 Ord. pen. e vizio di motivazione, in quanto non potrebbe reputarsi ostativa l’assenza di attività lavorativa, stante la mancanza di nuove denunce, di successivi reati, nonché vista la buona condotta del condannato, a fronte del decorso di cinque anni dal passaggio in giudicato della condanna, con carenza istruttoria rispetto ad ulteriori attività risocializzanti, vista la pres dell’istante all’udienza camerale dinanzi al Tribunale) è inammissibile perché costituito da doglianze in punto di fatto e, comunque, manifestamente infondato non ravvisandosi il denunciato difetto di motivazione anche in relazione alle deduzioni dell’istante.
Rilevato, infatti, che secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, il giudice di sorveglianza, pur non potendo prescindere, nella valutazione dei presupposti per la concessione di una misura alternativa, dalla tipologia e gravità dei reati commessi, deve, però, avere riguardo anche al comportamento e alla situazione del soggetto dopo i fatti per cui è stata inflitta la condanna in esecuzione, onde verificare concretamente se vi siano o meno i sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e condizioni che rendano possibile il reinserimento sociale.
Considerato, peraltro, che detto aspetto rappresenta l’obiettivo della misura alternativa, sicché lo svolgimento di un’attività lavorativa, lungi dal configurarsi come requisito indefettibile per l’accesso all’affidamento in prova al servizio sociale (Sez. 1, n. 14003 del 28/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286257; Sez. 1, n. 26789 del 18/6/2009, COGNOME, Rv. 244735), assume rilevanza quale uno degli aspetti idonei a concorrere alla formazione del giudizio prognostico.
Rilevato che, nel caso in valutazione, il Tribunale di sorveglianza fa riferimento (v. p. seconda) non tanto all’assenza di attività lavorativa o di volontariato intesa quale elemento, da solo, ostativo all’ammissione al beneficio ma alla mancanza di elementi concreti, emersi dall’istruttoria svolta anche dall’UEPE, in base ai quali reputare seria e concreta la finalità di cui all’art. 47 Ord. pen. sotto il profilo d
positiva evoluzione della personalità, onde rendere possibile il reinserimento sociale del condannato.
Rilevato che la memoria si concentra soprattutto a dimostrare che il motivo principale non è aspecifico, ma le ragioni di inammissibilità rilevate nella presente sede si concentrano piuttosto che sulla genericità del ricorso segnalata dall’Ufficio spoglio, sulla devoluzione di argomenti in fatto, non consentiti nella presente sede e, comunque, manifestamente infondati (nel senso che l’indicazione dell’Ufficio addetto allo spoglio dei ricorsi costituisce espressione sintetica di un giudizio preliminare ed orientativo, non ultimativo e nemmeno vincolante per il collegio della sezione Settima, che resta investita della decisione con pieni poteri cognitivi, ben potendo confermare la valutazione iniziale d’inammissibilità per la medesima ragione segnalata dall’ufficio spoglio, oppure per cause diverse, e anche escludere la sussistenza di cause d’inammissibilità con restituzione degli atti alla sezione tabellarmente competente per i ricorsi non prima facie inammissibili (Sez. 7, ord. n. 28517 del 17/05/2016 non massimata; Sez. 6, n. 25679 del 9/1/2003, Stara, Rv. 225862; Sez. 1, n. 39140 del 08/10/2008, Pesce, Rv. 241149).
Considerato, infine, che, stante l’entità della pena in esecuzione, appare immune da censure la declaratoria di inammissibilità della richiesta di ammissione alla più rigorosa misura della detenzione domiciliare.
Ritenuto, che segue l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché (cfr. Corte Cost. n. 186 del 13 giugno 2000), valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo, considerato il motivo devoluto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 giugno 2025
Il Consigliere estensore
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Il Pre *dente