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Affidamento in prova: il giudice deve indagare

Un uomo condannato per bancarotta fraudolenta chiede di accedere all’affidamento in prova proponendo un progetto lavorativo in un locale notturno da lui gestito tramite un’associazione. Il Tribunale di Sorveglianza rigetta la richiesta, ritenendo il piano vago e rischioso. La Corte di Cassazione annulla la decisione, stabilendo che il tribunale avrebbe dovuto usare i suoi poteri istruttori per indagare a fondo sulla natura dell’associazione e del rapporto di lavoro, prima di poter negare l’istanza di affidamento in prova.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: L’Importanza delle Indagini del Giudice sul Progetto Lavorativo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19745 del 2024, ha chiarito un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena: la richiesta di affidamento in prova non può essere respinta sulla base di una valutazione sommaria del progetto di reinserimento. Il giudice ha il dovere di approfondire la reale natura dell’attività lavorativa proposta dal condannato. Questo caso offre spunti cruciali sulla valutazione dei programmi di rieducazione e sui poteri istruttori del Tribunale di Sorveglianza.

I Fatti del Caso

Un uomo, condannato in via definitiva per il reato di bancarotta fraudolenta, presentava un’istanza al Tribunale di Sorveglianza per poter scontare la pena tramite l’affidamento in prova al servizio sociale. Il suo progetto di reinserimento si basava su un’attività lavorativa presso un locale notturno, gestito da un’associazione di cui egli stesso era presidente. Il condannato aveva prodotto un contratto di lavoro che lo inquadrava come “tuttofare”.

Il Tribunale di Sorveglianza rigettava la richiesta. La decisione si fondava sulla convinzione che il progetto fosse “fumoso” e non idoneo a garantire un percorso di reinserimento sociale. In particolare, i giudici ritenevano che l’attività di gestore di un locale, per una persona condannata per bancarotta fraudolenta, non offrisse sufficienti garanzie per prevenire il rischio di recidiva. Inoltre, il Tribunale definiva l’associazione come “non meglio precisata”, ritenendo il contratto di lavoro meramente strumentale alla richiesta.

L’Affidamento in Prova e il Ricorso in Cassazione

Il condannato, attraverso il suo difensore, proponeva ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. La difesa sosteneva che il Tribunale avesse errato nel considerare l’associazione “non precisata”, dato che il nome era stato chiaramente indicato negli atti. Sottolineava, inoltre, che non esiste alcuna norma di legge che vieti in assoluto lo svolgimento di un lavoro notturno durante l’affidamento in prova. L’argomento centrale del ricorso era che il Tribunale avesse rigettato l’istanza sulla base di supposizioni, senza svolgere un’adeguata attività istruttoria per verificare la reale natura dell’associazione e del rapporto di lavoro.

Le Motivazioni della Cassazione: Il Dovere di Indagine Approfondita

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza e rinviando il caso per un nuovo giudizio. La Suprema Corte ha riconosciuto la legittimità delle preoccupazioni del Tribunale riguardo alla compatibilità tra la gestione di un’attività economica e una condanna per bancarotta fraudolenta. Tuttavia, ha individuato il vizio decisivo nella mancata attività di approfondimento.

Il punto focale della sentenza è che il Tribunale, di fronte a un progetto che presentava delle criticità, non poteva limitarsi a una valutazione superficiale. Avrebbe dovuto esercitare i propri poteri istruttori, previsti dall’art. 47 dell’ordinamento penitenziario, per accertare la vera natura dell’associazione. Sarebbe stato necessario verificare lo statuto, l’identità dei soci e le modalità di controllo sul presidente, al fine di comprendere se l’ente fosse un mero “schermo” per consentire al condannato di proseguire un’attività imprenditoriale surrettizia, oppure un soggetto giuridico genuino all’interno del quale egli svolgeva una mera attività di servizio.

Senza questi accertamenti, la decisione del Tribunale si è basata su una motivazione illogica e incompleta, fondata su un’affermazione (“associazione non meglio precisata”) smentita dai fatti. La Corte ha quindi ribadito che il giudizio sull’idoneità del programma di affidamento in prova deve basarsi su elementi concreti e verificati.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione stabilisce un importante principio a tutela del diritto del condannato a un’effettiva valutazione del suo percorso di reinserimento. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Dovere di Istruttoria del Giudice: Il Tribunale di Sorveglianza non può rigettare una richiesta di misura alternativa basandosi su mere perplessità o sospetti. Ha l’obbligo di utilizzare i propri poteri di indagine per chiarire ogni aspetto dubbio del progetto presentato.
2. Lavoro Notturno e Affidamento: Viene confermato che non esiste un divieto assoluto di svolgere un lavoro notturno durante l’affidamento in prova. La compatibilità deve essere valutata caso per caso, in base alla natura del lavoro e agli obiettivi del programma rieducativo.
3. Valutazione Sostanziale: Il giudizio deve concentrarsi sulla sostanza del progetto, non sulla sua forma. Un contratto di lavoro, anche se apparentemente anomalo (come quello stipulato dal condannato con se stesso in qualità di presidente), non può essere scartato a priori senza averne compreso il contesto e la reale portata.

È possibile ottenere l’affidamento in prova svolgendo un lavoro notturno?
Sì, la legge non pone un divieto assoluto. La sentenza chiarisce che l’art. 47 dell’ordinamento penitenziario non prevede una preclusione di per sé allo svolgimento di un lavoro notturno durante l’affidamento in prova. La sua compatibilità va valutata nel merito del progetto rieducativo.

Perché il Tribunale di Sorveglianza aveva inizialmente respinto la richiesta?
Il Tribunale aveva respinto l’istanza perché riteneva il progetto lavorativo inadeguato e rischioso. Nello specifico, considerava l’attività di gestione di un locale notturno incompatibile con una condanna per bancarotta fraudolenta e definiva l’associazione presso cui si sarebbe svolto il lavoro come “non meglio precisata”, basando la sua decisione su un quadro istruttorio incompleto.

Qual è il principio chiave stabilito dalla Corte di Cassazione in questa sentenza?
Il principio chiave è che il Tribunale di Sorveglianza ha il dovere di esercitare i propri poteri istruttori per approfondire concretamente il progetto di reinserimento proposto dal condannato. Non può rigettare una richiesta di affidamento in prova basandosi su una valutazione sommaria o su semplici sospetti, ma deve acquisire tutti gli elementi necessari per un giudizio fondato e completo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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