Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25963 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25963 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il 24/04/1950 avverso l’ordinanza del 08/01/2025 del Tribunale di Sorveglianza di Roma udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Roma, con ordinanza in data 8 gennaio 2025, ha ammesso NOME COGNOME al regime della detenzione domiciliare e rigettato l’istanza di applicazione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale per la pena residua di anni uno, mesi sette e giorni ventinove di reclusione.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione evidenziando che il Tribunale avrebbe erroneamente fondato la conclusione sulla sola condotta pregressa e su fatti comunque collegati e antecedenti a quelli oggetto della condanna in esecuzione.
In data 11 marzo 2025 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. In un unico motivo la difesa deduce la contraddittorietà o comunque la carenza della motivazione rilevando che la conclusione cui è pervenuto il Tribunale sarebbe errata in quanto.,X fondata esclusivamente sulla gravità del reato commesso e sulla condotta relativa a fatti comunque collegati e antecedenti a quelli oggetto della condanna in esecuzione.
La doglianza è infondata.
2.1. La misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale è la forma di esecuzione della pena esterna al carcere che l’ordinamento prevede per i condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, è possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura stessa.
Ai fini di tale giudizio il Tribunale di sorveglianza è tenuto a fare riferimento alle fonti di conoscenza che la dottrina e la giurisprudenza indicano nel reato commesso, che è comunque il punto di partenza della valutazione, nei precedenti penali, nelle pendenze processuali, nelle informazioni di polizia ma anche, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, elementi questi particolarmente significativi a livello prognostico in quanto in queste specifiche risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra (Sez. 1, n. 7873 del 18/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285855 01).
Sotto tale profilo, pertanto, se nel giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale devono essere valutati i procedimenti penali passati ed eventualmente pendenti a carico dell’interessato,deve,comunque,rilevarsi che non esiste una sorta di presunzione generale di inaffidabilità o di affidabilità di ciascuno al servizio sociale, ma, al contrario il giudice deve procedere di volta in volta a una valutazione concreta circa l’esistenza degli elementi positivi in base ai quali si possa ragionevolmente ritenere che l’affidamento si riveli proficuo.
Nella verifica, quindi, si deve tenere conto di tutti i fattori emersi quali i precedenti penali, le informazioni fornite dagli organi di polizia e dai servizi sociali, l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti del passato, l’adesione alle ragioni più profonde di valori socialmente condivisi,
l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante.
Il giudice della sorveglianza, infatti, pur non potendo prescindere, nella valutazione dei presupposti per la concessione di una misura alternativa, dalla tipologia e gravità dei reati commessi, deve ), avere ,soprattutto , riguardo al comportamento e alla situazione del soggetto successivi ai fatti per cui è stata inflitta la condanna in esecuzione, onde verificare concretamente se vi siano o meno i sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e le condizioni che rendono possibile il reinserimento sociale attraverso la misura alternativa richiesta in quanto l’analisi della condotta successivamente serbata dal condannato e dei suoi comportamenti attuali è essenziale per valutare l’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e l’assenza di pericolo di recidiva (sempre Sez. 1, n. 7873 del 18/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285855 01).
In una corretta prospettiva interpretativa, inoltre, si deve ricordare che la mancata ammissione da parte del condannato della propria colpevolezza non può indurre a una prognosi sfavorevole in ordine alla commissione di altri reati, sia perché nel processo penale l’imputato non ha obbligo di verità, sia perché l’assenza di confessione può essere dettata dai più svariati motivi senza che, solo per questo, essa sia sintomatica di mancato ravvedimento o di pericolosità sociale o dell’intenzione di persistere nel crimine (Sez. 1, n. 18388 del 20/02/2008, COGNOME, Rv. 240306 – 01).
Né, d’altro canto, è necessaria la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del passato e si sia, quindi ,del tutto ravveduto, non corrispondendo tale esigenza alla logica delle misure alternative, per la cui concessione il riferimento ai risultati raggiunti nel trattamento di rieducazione non postula che il processo rieducativo si sia già realizzató e che possa, quindi, formularsi un giudizio di non pericolosità, essendo sufficiente un giudizio prognostico sulla possibilità di far fronte alla residua pericolosità con gli strumenti propri dell’ordinamento penitenziario (Sez. 1, Sentenza n. 9591 del 29/11/2000, dep. 2001, COGNOME, Rv. 218235 – 01; Sez. 1, n. 3026 del 18/05/1995, COGNOME, Rv. 202131 – 01).
Come di recente evidenziato, si deve, in conclusione,ribadire che «ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quindi, dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza, non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato,
essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, eme che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato» (Sez. 1, n. 7873 d
18/12/2023, dep. 2024, COGNOME Rv. 285855 – 01; Sez. 1, n.773 del 3
dicembre 2013, COGNOME, Rv. 258402).
2.2. Nel caso di specie il Tribunale, seppure esprimendosi in termini sintetic ha dato conto di essersi conformato ai principi indicati.
La motivazione del provvedimento impugnato, infatti, che pure prende le mosse dalla gravità dei reati e dalla condotta pregressa, fa riferimento a u
seconda condanna e, soprattutto, valorizzando l’assenza di qualsivoglia attivit riparatoria in favore della persona offesa, evidenzia le ragioni sulle quali si f
il giudizio prognostico negativo con il quale il ricorrente, nulla indicando in ord al percorso di revisione critica che avrebbe dovuto comunque essere almeno
avviato, omette di confrontarsi.
3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso il 3 aprile 2025
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