Affidamento in Prova: Non Basta Essere “Buoni”, Serve Dimostrarlo
L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una delle più importanti misure alternative alla detenzione, un ponte verso il reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, il suo ottenimento non è automatico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci ricorda quali sono i rigorosi criteri che i giudici devono seguire, sottolineando che una condotta passivamente “buona” non è sufficiente. È necessario dimostrare attivamente un cambiamento.
I Fatti del Caso
Il caso nasce dal ricorso di un condannato contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza, che gli aveva negato la concessione dell’affidamento in prova. Tra i motivi del ricorso, il richiedente lamentava una presunta disparità di trattamento rispetto ad altri detenuti, sostenendo che la sua situazione non era stata valutata equamente.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. La motivazione relativa alla disparità di trattamento è stata liquidata come generica e non pertinente, poiché la valutazione per l’affidamento in prova è strettamente individuale e basata sulle specifiche caratteristiche del singolo caso.
Le Motivazioni della Sentenza: Oltre la Semplice Assenza di Note Negative
Il cuore della decisione risiede nel principio giuridico richiamato dalla Corte. I giudici hanno chiarito che, ai fini della concessione dell’affidamento in prova, non ci si può limitare a constatare l’assenza di indicazioni negative sulla condotta del condannato. La valutazione deve essere molto più approfondita.
Il punto di partenza è certamente la natura e la gravità dei reati per cui è stata inflitta la pena. Questo dato, però, è solo l’inizio dell’analisi della personalità del soggetto. È indispensabile, infatti, esaminare la condotta tenuta successivamente alla condanna e i comportamenti attuali del richiedente.
La Corte ha specificato che l’obiettivo del giudice è formulare un “giudizio prognostico” positivo. Ciò significa che devono emergere elementi concreti e positivi che facciano presagire un buon esito del percorso di prova e, soprattutto, che allontanino il pericolo di recidiva. Una semplice assenza di infrazioni disciplinari o di note di demerito non è, di per sé, prova di un avvenuto cambiamento interiore e di una sincera volontà di reinserimento.
Conclusioni: Cosa Significa Questa Sentenza per l’Affidamento in Prova?
Questa sentenza rafforza un orientamento consolidato: l’affidamento in prova non è un diritto automatico, ma una possibilità che va meritata attraverso un percorso di revisione critica e di cambiamento dimostrabile. Le implicazioni pratiche sono chiare:
1. Ruolo Attivo del Condannato: Chi aspira a questa misura deve assumere un ruolo attivo nel proprio percorso di rieducazione, partecipando a programmi trattamentali, mostrando consapevolezza del disvalore dei reati commessi e costruendo un progetto di vita alternativo alla criminalità.
2. Valutazione Complessiva: I Tribunali di Sorveglianza sono chiamati a una valutazione completa e non superficiale, che vada oltre i semplici dati formali. Devono cercare prove concrete di un cambiamento positivo.
3. Irrilevanza dei Paragoni: Lamentare una disparità di trattamento è una strategia difensiva debole, poiché ogni valutazione è un unicum, cucita sulla storia, la personalità e il percorso del singolo individuo.
È sufficiente non avere comportamenti negativi per ottenere l’affidamento in prova?
No, secondo la Corte di Cassazione non è sufficiente. Oltre all’assenza di indicazioni negative, è indispensabile la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico favorevole sull’esito della prova e sulla prevenzione del pericolo di recidiva.
Come deve essere condotta la valutazione per la concessione della misura?
La valutazione deve partire dalla natura e gravità dei reati commessi, ma deve necessariamente estendersi alla condotta successiva del condannato e ai suoi comportamenti attuali, al fine di accertare un effettivo percorso di cambiamento.
È valido lamentare una disparità di trattamento rispetto ad altri detenuti a cui è stata concessa la misura?
No, la Corte ha ritenuto tale motivo inammissibile in quanto generico. La valutazione per l’affidamento in prova è strettamente individuale e basata sulle specifiche circostanze e sulla personalità del singolo richiedente, rendendo irrilevanti i paragoni con altre situazioni.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27618 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27618 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2352/2025
CC – 08/07/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 17/04/2025 del Tribunale di sorveglianza di L’aquila
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il quarto motivo di ricorso Ł inammissibile poichØ prospettato in termini assolutamente generici con riguardo a una presunta disparità di trattamento con altri detenuti che, ferma la genericità della deduzione, non rileva neppure in questa sede, in considerazione delle valutazioni specificamente formulate dal Tribunale di sorveglianza nel provvedimento impugnato.
4.1. La giurisprudenza di legittimità Ł orientata ad affermare che «ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui Ł stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, Ł tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602).
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 08/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME