Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30645 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30645 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Lentini il 04/12/1962
avverso l’ordinanza del 09/04/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Catania ha rigettato l’opposizione, ex art. 678, comma 1 -ter , cod. proc. pen., avverso l’ordinanza del 15 gennaio 2025, con la quale il Magistrato di sorveglianza in sede ha rigettato la domanda, proposta da NOME COGNOME di affidamento in prova e ha concesso la detenzione domiciliare generica in relazione alla pena irrogata per il reato di cui all ‘ art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 dal Tribunale di Siracusa.
Ricorre il condannato, per il tramite della difesa, Avv. ANOME COGNOME affidando il ricorso ad un unico motivo con il quale si denuncia inosservanza, erronea applicazione dell’art. 47 Ord. pen., dell’art. 27 Cost. e vizio di motivazione rispetto al contenuto dell’opposizione .
La motivazione del provvedimento del Magistrato di sorveglianza fonda sulla gravità della condotta per la quale è in esecuzione la pena irrogata, sulla mancanza di attività lavorativa, sui precedenti penali anche per rapina ed armi, nonché sul contenuto non particolarmente significativo della relazione UEPE che rende conto soltanto della ammissione dell’addebito.
Si rileva va con l’opposizione che il reato contestato è stato riqualificato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
Si segnalava, inoltre, che i precedenti del condannato risalgono a più di vent’anni fa e che non sussistono carichi pendenti dopo il periodo in cui è stato commesso il fatto per il quale è stata irrogata la pena in esecuzione. Inoltre, la relazione delle Forze dell’ordine dopo l’avviso orale del settembre del 2021, segnalava l’estraneità del condannato a contesti criminali e si era specificato che detto avviso era stato emesso dopo un mese dalla commissione del reato per il quale il condannato ha riportato la pena in esecuzione, sulla base di quell ‘ unica contestazione.
Rispetto a tali deduzioni il Tribunale ha reso motivazione apparente, senza, peraltro, considerare che la relazione UEPE ha contenuto positivo quanto all ‘assenz a di pericolosità sociale.
La motivazione, quindi, per il ricorrente, viola l’indirizzo interpretativo di legittimità per il quale, in tema di affidamento in prova, ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto non possono assumere rilievo in senso negativo la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali, né può chiedersi la prova in positivo della totale revisione critica del proprio passato.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1.È noto che la concessione del beneficio dell’affidamento in prova al servizio sociale l’art. 47 Ord. pen., implica la sussistenza di presupposti, da accertare con modalità particolarmente incisive e rigorose, non previsti in
modo, del pari, categorico per la concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare, ritenuta, in sostanza, dal legislatore applicabile qualora non ricorrano le condizioni per far luogo all’affidamento in prova e concedibile sulla sola base dell’idoneità della misura ad evitare il pericolo della recidiva (cfr. tra le altre, Sez. 1, n. 45511 del 11/11/2009, COGNOME, Rv. 245510). La detenzione domiciliare, nelle varie ipotesi previste dall’ordinamento penitenziario, presuppone sempre una prognosi positiva e la meritevolezza del condannato, al pari di tutte le misure alternative, pur non esigendo, così come non la esige neppure la più vasta misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, la completa emenda, che costituisce, invece, la finalità della misura e del trattamento.
La detenzione domiciliare si distingue, però, dall’affidamento in prova per la maggiore affittività e la maggiore idoneità al controllo della pericolosità sociale residua del condannato, che normalmente persiste, poiché, in caso di già completa emenda, potrebbe accedere a superiori benefici (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv. 243745).
Nell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria anche la valutazione della condotta del condannato successiva al reato per il quale è stata irrogata la pena in esecuzione. Dunque, appare necessario procedere all’esame delle condotte attuali, oltre che esaminare, per una valutazione complessiva, i precedenti penali e i carichi pendenti, nonché la gravità del reato relativo alla pena da eseguire. Ciò, anche in assenza di completa revisione critica del proprio passato, essendo, al contrario, sufficiente l’avvio di tale processo critico (tra le altre, Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv.264602; Sez. 1, n. 44992 del 17/09/20118, S., Rv. 273985).
1.2. Tali essendo i principi da applicare nel caso in esame, si osserva che la motivazione, con ragionamento lineare e immune da vizi di ogni tipo, valorizza, ai fini del diniego della più ampia misura, la personalità del condannato, considerando esistente una residua pericolosità sociale e descrivendo COGNOME come soggetto che, in definitiva, vive dei proventi di attività illecita (visti i precedenti penali per rapina, estorsione, ricettazione e
furti, nonché quello di coltivazione di sessanta piantine di marijuana, fatto per il quale è stata irrogata la pena in esecuzione), vista anche l ‘ assenza di ogni attività lavorativa indicata.
Dunque, può ricavarsi dal provvedimento impugnato che il Tribunale ha svolto, sia pure sinteticamente e con ragionamento in parte implicito, l ‘applicazione del pri ncipio di gradualità. Invero, si fa riferimento alla condotta descritta come coltivazione, all’interno dell’abitazione di sessanta piante di marijuana , dalle quali era stato possibile accertare che si potevano trarre n. 678 dosi singole. Inoltre, vi è riferimento ai precedenti penali anche gravi (tra cui rapina, furti e violazione della legge in materia di armi) e alla mancanza di stabile attività lavorativa, onde ricavare un giudizio di adeguatezza, rispetto alla pericolosità residua, della più stringente misura alternativa concessa.
1.3. Del reato, va rilevato che il principio di gradualità del trattamento penitenziario è, ormai, consolidato in giurisprudenza. Si ritiene, infatti (tra le altre, Sez. 1, n. 27264 del 14/01/2015, COGNOME, Rv. 264037 – 01) che prima di ammettere il condannato a misure alternative alla detenzione, il Tribunale di sorveglianza, pure quando sono emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare l’attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre con la concessione delle stesse, specie se il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacità a delinquere o della contiguità con ambienti delinquenziali di elevato livello (conf. Sez. 1, n. 15064 del 6/03/20203, Chiara, Rv. 224009 che ha ritenuto che, ai fini dell’affidamento in prova al servizio sociale, i riferimenti alla gravità del reato commesso o ai precedenti penali e giudiziari del condannato o al comportamento da lui tenuto prima o dopo la custodia cautelare ben possono essere utilizzati come elementi che concorrono alla formazione del convincimento circa la praticabilità della misura alternativa). Ne consegue che il mantenimento di una condotta positiva, anche in ambiente libero, non è di per sé determinante, soprattutto ove la condanna in espiazione sia stata inflitta per reati di obiettiva gravità e sia inadeguato il periodo di carcerazione sofferto, ma deve essere valutato nell’ambito di un giudizio globale di tutti gli elementi emersi dalle indagini esperite e dalle informazioni assunte, che tenga anche conto della progressività e gradualità
dei risultati del trattamento e, conseguentemente, dell’eventuale previa esperienza di permessi-premio.
Sicché, conforme ai principi richiamati e immune da censure di ogni tipo deve essere considerata la motivazione offerta sul punto dal Tribunale di sorveglianza (cfr. p. 2).
2.Segue il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20 giugno 2025