Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5233 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5233  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PRONESTI NOME nato a TROPEA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/07/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo, con cui il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato la sua istanza di affidamento in prova al servizio sociale e, con un unico, articolato motivo, denuncia che il giudice specializzato avrebbe negato l’accesso al beneficio dell’affidamento in prova sulla sola scorta della mera iscrizione nel registro degli indagati del condannato per la recente denuncia della quale non si conoscere l’esito e che, dunque, è pervenuto alla formulazione di un ingiustificato giudizio prognostico sfavorevole circa il pericolo di reiterazione di reati, non svolgendo una adeguata analisi di tutti gli elementi a disposizione, ivi compresa la favorevole relazione dell’Uepe;
premesso che è manifestamente infondato il motivo processuale che non si confronta con la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui «Nessuna norma fissa i termini perentori entro i quali deve essere notificato il provvedimento del Tribunale di sorveglianza, non potendo tale natura perentoria essere desunta dal disposto dell’art. 127, comma settimo, cod. proc. pen. che impone la comunicazione e notificazione alle parti “senza ritardo” dei procedimenti svoltisi in camera di consiglio, in quanto la genericità della previsione non la rende rapportabile al concetto di termini perentori» (Sez. 1, n. 32904 del 02/07/2014, COGNOME Bergolis, Rv. 261714) e considerato che – come indicato dallo stesso ricorrente – egli è venuto a formalmente conoscenza, sia pure solo in data 4 agosto 2023, dell’ordinanza de qua, il cui esito aveva comunque appreso a seguito delle interlocuzioni con il difensore (p. 3 del ricorso);
ribadito il principio affermato in sede di legittimità secondo cui la concessione delle misure alternative alla detenzione è rimessa alla valutazione discrezionale della magistratura di sorveglianza, che deve verificare, al di fuori di ogni automatismo, la meritevolezza del condannato in relazione al beneficio richiesto e l’idoneità di quest’ultimo a facilitarne il reinserimento sociale (d ultimo, Sez. 1, n. 8712 del 08/02/2012, Tanzi,, Rv. 252921-01;1;
ricordato che nel caso dell’affidamento in prova il giudic:e, basandosi sulle relazioni provenienti dagli organi deputati all’osservazione del condannato medesimo, ma senza essere vincolato ai giudizi ivi espressi, deve apprezzare le riferite informazioni sulla sua personalità e sul suo stile di vita, parametrandone la rilevanza ai fini della decisione alle istanze rieducative sottostanti la misura ai profili di pericolosità residua dell’interessato;
ritenuto che è nell’alveo di tali principi che si è mosso il Tribunale di sorveglianza che, difatti, ha espressamente preso in esame le risultanze del
trattamento, di segno opposto a quello sunteggiato nel ricorso (si evidenzia invero la recente denuncia del condannato, in pendenza del procedimento di sorveglianza, per i reati di rícettazione e possesso ingiustificato di chiavi e grimaldelli, essendo stato arrestato in flagranza mentre si trovava in un’autovettura carica di cavi di rame, un attrezzo taglia cavi ed un quadro di appartenenza dell’RAGIONE_SOCIALE e lo stadio meramente iniziale del processo di rivisitazione critica segnalato dall’Uepe come “sufficiente”), quindi – con motivazione esente da profili di illogicità – le ha ritenute di pregnanza tale da giustificare il diniego del provvedimento di ammissione alla misura astrattamente concedibile;
considerato che, in tale valutazione quel giudice non ha affatto ancorato il diniego alla mancata prova del ravvedimento, non avendo fatto coincidere con quest’ultimo l’indice di risocializzazione richiesto dall’art. 47 Ord. pen., né ha dato rilievo ostativo decisivo alla gravità dei fatti commessi; piuttosto, come è corretto, ha correlato anche a questi elementi l’evoluzione trattamentale del condannato e, senza trascurare alcuno degli aspetti rilevanti (segnatamente il parere favorevole dell’Uepe che, tuttavia, ha precisato essere all’oscuro della nuova denuncia del condannato), è giunto – con valutazione discrezionale finale, insindacabile in questa sede – a un giudizio prognostico sfavorevole, frutto di ponderato bilanciamento di tutti gli aspetti del caso;
ritenuto che si tratta di motivazione né illegittima, né mancante o contraddittoria, cui il ricorrente non contrappone alcun argomento capace realmente d’inficiarne la tenuta, sicché il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritual dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila; 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 novembre 2023