Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22254 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22254 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 12/12/2023 dal Tribunale di sorveglianza di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 12 dicembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Milano, pronunciandosi nei confronti di NOME COGNOME, rigettava l’istanza di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale presentata dal condannato ai sensi del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, con c:ui è stata ratificata in Italia la Decisione quadro 2008/947/GAI del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in funzione della concessione delle misure alternative alla detenzione e delle sanziOni sostitutive.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, proponeva ricorso per cessazione, articolando tre, correlate, censure difensive.
Con tali doglianze, di cui si impone una trattazione congiunta, si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame non dava esaustivo conto delle ragioni che non consentivano di ritenere la documentazione allegata all’istanza presentata al Tribunale di sorveglianza di Milano idonea a consentire la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale richiesta da COGNOME, ai sensi del d.lgs. n. 38 del 2016.
Da tale, incongrua, valutazione della documentazione allegata all’istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata da COGNOME era derivata l’erroneità del giudizio formulato dal Tribunale di sorveglianza di Milano sull’insussistenza del presupposti del beneficio penitenziario richiesto da COGNOME, ai sensi del d.lgs. n. 38 del 2016, che erano stati esaminati in termini svincolati dalle emergenze processuali, trascurando il processo rieducativo intrapreso positivamente dal ricorrente e la possibilità di usufruire legittimamente della misura alternativa alla detenzione in Spagna, riconosciuta dalla Decisione quadro 2008/947/GAI del 27 novembre 2008.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
Osserva il Collegio che il respingimento dell’istanza di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale presentata da NOME COGNOME
veniva giustificato dal Tribunale di sorveglianza di Milano sulla base di un giudizio prognostico adeguato sull’insussistenza dei presupposti della misura alternativa richiesta, rispetto ai quali si impone una valutazione congiunta delle doglianze prospettate nell’interesse del ricorrente, che muovono da un unico profilo censorio, rappresentato dall’incongrua valutazione della documentazione allegata all’istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata da NOME COGNOME, che aveva determinato l’erroneità del giudizio posto a fondamento del censurato respingimento.
Secondo la difesa del ricorrente, il d.lgs. n. 38 del 2016, con cui è stata ratificata in Italia la decisione quadro 2008/947/GAI del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in funzione della concessione delle misure alternative alla detenzione e delle sanzioni sostitutive, consentiva di scontare il beneficio penitenziario in un Paese straniero.
Tale possibilità, invero, è incontroversa, discendendo dalla previsione dell’art. 1 d.lgs. n. 38 del 2016, sulla cui portata applicativa si è già espressa questa Corte, affermando il seguente principio di diritto: «L’esecuzione dell’affidamento in prova al servizio sociale può aver luogo nello Stato dell’Unione europea ove il condannato sia residente (nella specie, Germania), qualora detto Stato abbia dato attuazione alla decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza, delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive, recepita in Italia con d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, in quant l’affidamento è assimilabile ad una “sanzione sostitutiva” ai sensi dell’art. 2, lett. e), di tale decreto, quale sanzione che “impone obblighi ed impartisce prescrizioni”, compatibili con quelli elencati nel successivo art. 4 e che costituiscono il contenuto del trattamento alternativo al carcere» (Sez. 1, n. 16942 del 25/05/2020, COGNOME, Rv. 279144 – 01).
Tuttavia, una tale possibilità, pur incontroversa, non esime il condannato dal fornire adeguata prova che, usufruendo del beneficio penitenziario in uno Stato straniero, dia comunque corso a un percorso di rieducazione, indispensabile per favorire il suo reinserimento sociale, che possa essere sottoposto a un costante monitoraggio; dimostrazione che, a sua volta, presuppone l’adeguatezza della documentazione prodotta a sostegno della misura alternativa alla detenzione di cui si invoca la concessione ai sensi del d.lgs. n. 38 del 2016.
Tale dimostrazione, nel caso di specie, non veniva fornita dal ricorrente, che produceva una documentazione in lingua spagnola, priva di traduzione e oggettivamente inadeguata a consentire il vaglio preliminare sul processo
trattamentale avviato dal condannato, non essendo chiaro quali fossero le prospettive sociali e lavorative poste a fondamento della richiesta presentata da COGNOME.
Né il ricorrente poteva esimersi dal fornire adeguata dimostrazione delle prospettive sociali e lavorative poste a fondamento della sua richiesta, essendo indispensabile assumere un comportamento collaborativo ai fini dell’ottenimento di una misura alternativa alla detenzione ai sensi ai sensi del d.lgs. n. 38 del 2016. Tale atteggiamento diligente del condannato, come affermato da questa Corte, si deve tradurre «in un onere informativo caratterizzato da particolare diligenza, che però rimane estraneo all’ambito dell’individuazione delle condizioni, in sede di esecuzione, dei controlli e delle relative competenze » (Sez. 1, n. 14799 del 18/03/2022, COGNOME, non mass.).
3. In questa cornice, il Tribunale di sorveglianza di Milano valutava correttamente gli elementi informativi di cui disponeva, fondando il giudizio prognostico negativo sul comportamento di NOME COGNOME,. tenuto conto dell’inidoneità della documentazione prodotta, nel rispetto della giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui, ai fini della valutazione del percorso rieducativo intrapreso dal condannato, propedeutico alla concessione di un beneficio penitenziario, è imprescindibile «la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche Da presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602 01).
Né potrebbe essere diversamente, atteso che costituisce espressione di un orientamento ermeneutico parimenti consolidato – rispetto al quale non esplica un’incidenza diretta il recepimento nel nostro ordinamento dei principi della decisione quadro 2008/947/GAI del 27 novembre 2008 – il principio secondo cui, per valutare il comportamento di un soggetto che intende beneficiare di una misura alternativa alla detenzione, non si può prescindere dal vaglio dei comportamenti, antecedenti e successivi, prodromici alla concessione del beneficio penitenziario, in funzione della valutazione prognostica del processo trattamentale intrapreso dal condannato. Tale vaglio deve essere effettuato tenendo conto del processo di revisione critica dell’istante, che è indispensabile per la formulazione di un giudizio sul suo reinserimento sociale, su cui, nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza di Milano si esprimeva in termini negativi, nel rispetto della giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Sez. 1, n. 10586 d
08/02/2019, COGNOME, Rv. 274993 – 01; Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, COGNOME, Rv. 257001 – 01).
Non può, in ogni caso, non rilevarsi che il respingimento dell’istanza proposta da NOME COGNOME opera esclusivamente allo sl:ato degli atti, non precludendo al condannato di tradurre la documentazione originariamente prodotta e di integrarla in modo da consentire al Tribunale di sorveglianza di Milano un’adeguata valutazione delle prospettive sociali e lavorative poste a fondamento della richiesta presentata.
Nel processo di sorveglianza, infatti, il principio del ne bis in idem mira a evitare la proposizione di domande non sorrette da elementi di novità, che consentono di ritenere superato l’effetto preclusivo formatosi su un precedente provvedimento e devono essere valutali rebus sic stantibus. Una tale preclusione, dunque, non opera in senso assoluto e inderogabile – coprendo ogni questione processuale dedotta e deducibile, al contrario di quanto si verifica per il processo di cognizione – ma comporta esclusivamente una valutazione allo stato degli atti (tra le altre, Sez. 1, n. 19642 del 12/01/2017, Pullara, Rv 270446 – 01; Sez. 1, n. 19358 del 05/10/2017, COGNOME, Rv. 269841 – 01).
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente il rigetto del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 aprile 2024.