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Affidamento in prova all’estero: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego di affidamento in prova all’estero per un cittadino straniero. La richiesta è stata rigettata non per la mancata ammissione dei reati, ma per una valutazione complessiva che ha escluso un’evoluzione positiva della personalità e un percorso di revisione critica del proprio passato criminale, ritenuti essenziali per la concessione della misura.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in prova all’estero: la Cassazione chiarisce i criteri di valutazione

La possibilità di scontare una pena nel proprio Paese di residenza è un principio cardine della cooperazione giudiziaria europea, ma non è un diritto automatico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito che la concessione dell’affidamento in prova all’estero dipende da una valutazione complessiva della personalità del condannato e del suo effettivo percorso di revisione critica, andando oltre la semplice assenza di precedenti recenti o una stabile condizione lavorativa.

Il caso: la richiesta di espiare la pena in Grecia

Un cittadino greco, condannato in Italia per reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e contrabbando risalenti a diversi anni prima, aveva richiesto di poter essere ammesso alla misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, chiedendo che l’esecuzione avvenisse in Grecia, suo paese di residenza. La richiesta si basava sulla normativa europea recepita in Italia che consente il trasferimento dell’esecuzione delle pene in un altro Stato membro dell’UE.

Il Tribunale di Sorveglianza di Ancona, tuttavia, aveva respinto la domanda. Secondo il Tribunale, il richiedente non aveva mostrato alcun segno di revisione critica del proprio passato criminale, non ammettendo i reati e dimostrando un sostanziale disinteresse verso i procedimenti penali italiani. Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione.

I motivi del ricorso: perché l’affidamento in prova all’estero è stato contestato

La difesa ha articolato il ricorso su due punti principali, criticando la decisione del Tribunale di Sorveglianza per erronea applicazione della legge e manifesta illogicità.

Errata valutazione della personalità

Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe travisato le conclusioni della relazione dei servizi sociali (UEPE), attribuendo un peso eccessivo alla mancata ammissione dei fatti. La difesa ha sostenuto che la scarsa conoscenza dell’evoluzione dei processi, dovuta alla sua condizione di straniero residente all’estero, non poteva essere interpretata come un disinteresse colpevole. Inoltre, il Tribunale non avrebbe adeguatamente considerato elementi positivi come l’assenza di ulteriori reati negli ultimi 17 anni e la sua stabile situazione familiare e lavorativa.

Illogicità della motivazione del Tribunale

La difesa ha definito illogica l’argomentazione secondo cui il fatto di continuare a svolgere la professione di autista di mezzi pesanti – la stessa che esercitava all’epoca dei reati – costituisse una sorta di “colpa”. Questo, secondo il ricorso, equivarrebbe a imporre una pena accessoria non prevista. Altrettanto illogico è stato ritenuto l’argomento per cui la richiesta stessa di scontare la pena in Grecia dimostrasse la volontà di sottrarsi alla giustizia italiana, contraddicendo lo scopo stesso della normativa sul riconoscimento reciproco delle sentenze.

La decisione della Corte di Cassazione sull’affidamento in prova all’estero

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Gli Ermellini hanno ritenuto che la valutazione del giudice di merito fosse corretta e basata su un’analisi completa e non su singoli elementi isolati.

Le motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha chiarito un principio fondamentale: la concessione di una misura alternativa come l’affidamento in prova non può basarsi solo su aspetti formali o su singoli dati positivi. È necessaria una valutazione globale della personalità del condannato. Nel caso di specie, il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente individuato una serie di “condizioni significative” che denotavano un mancato avvio di un percorso di revisione critica e una sottovalutazione delle condotte delinquenziali passate.

Citando un proprio precedente, la Corte ha ricordato che, sebbene la mancata ammissione degli addebiti non sia di per sé un ostacolo insormontabile, è indispensabile verificare che il condannato abbia accettato la sentenza e la sanzione e, soprattutto, che la sua personalità si sia evoluta positivamente in una prospettiva di reinserimento sociale. In questo caso, il quadro complessivo non permetteva di formulare un giudizio prognostico favorevole, rendendo legittimo il diniego della misura.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce che l’accesso a misure alternative, inclusa la possibilità di un affidamento in prova all’estero, non è un automatismo. La stabilità lavorativa e familiare e un lungo periodo senza commettere reati sono elementi importanti, ma non sufficienti. Il fattore decisivo rimane la valutazione complessiva del percorso interiore del condannato: senza una prova convincente di un cambiamento profondo e di una sincera revisione critica del proprio passato, i giudici possono legittimamente negare il beneficio, anche nel contesto della cooperazione giudiziaria europea.

È possibile ottenere l’affidamento in prova per scontare una pena nel proprio paese di residenza all’interno dell’UE?
Sì, la normativa di attuazione della Decisione quadro 2008/947/GAI (D.Lgs. 38/2016) lo consente. Tuttavia, la concessione della misura non è automatica ma è subordinata a una valutazione discrezionale del giudice sulla personalità del condannato e sulla sussistenza di un percorso di reinserimento sociale.

La mancata ammissione dei reati impedisce sempre la concessione dell’affidamento in prova?
No. La sentenza, richiamando un precedente orientamento, chiarisce che la mancata ammissione degli addebiti non è di per sé un ostacolo decisivo. Ciò che conta è che il condannato abbia accettato la sentenza e la sanzione e, soprattutto, che vi sia prova di un’evoluzione positiva della sua personalità nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale.

Quali elementi valuta il giudice per concedere l’affidamento in prova all’estero?
Il giudice compie una valutazione globale che va oltre singoli aspetti positivi. Analizza se il condannato ha intrapreso un percorso di revisione critica del proprio operato e se ha sottovalutato la gravità delle condotte passate. La decisione si fonda su una prognosi complessiva circa l’evoluzione della personalità del reo e le sue possibilità di un efficace reinserimento sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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