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Affidamento in prova all’estero: la Cassazione

Un condannato in affidamento in prova ha richiesto di poter proseguire la misura in Romania per motivi di lavoro. La richiesta è stata inizialmente negata dal magistrato di sorveglianza e l’appello dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione ha annullato tali decisioni, stabilendo che i provvedimenti che incidono sulla libertà personale, come il diniego di un trasferimento, sono sempre ricorribili in Cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione. Nel merito, la Corte ha affermato il principio secondo cui l’affidamento in prova all’estero, in un altro paese dell’Unione Europea, è consentito in base al principio di mutua collaborazione e fiducia, e l’autorità italiana non può negarlo basandosi su una valutazione preventiva dell’efficacia dei controlli dello Stato estero.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in prova all’estero: la Cassazione apre alla mobilità europea

Con la sentenza n. 8411 del 2025, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande attualità e rilevanza pratica: la possibilità di eseguire un affidamento in prova all’estero, specificamente in un altro Stato membro dell’Unione Europea. La decisione non solo chiarisce importanti aspetti procedurali sull’impugnabilità dei provvedimenti del magistrato di sorveglianza, ma sancisce anche un principio fondamentale basato sulla fiducia e la cooperazione tra le autorità giudiziarie europee.

Il caso: la richiesta di scontare la pena in Romania

Un soggetto condannato, ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, presentava un’istanza al magistrato di sorveglianza per ottenere l’autorizzazione a proseguire l’esecuzione della misura in Romania, dove aveva trovato un’opportunità lavorativa. Il magistrato respingeva la richiesta, motivando il diniego con la presunta impossibilità per le autorità rumene di esercitare un controllo efficace, data la tipologia di lavoro del richiedente.

Contro questa decisione, il condannato proponeva reclamo al Tribunale di sorveglianza, che però lo dichiarava inammissibile, sostenendo che la legge non prevedesse questo specifico mezzo di impugnazione. La questione giungeva così all’esame della Corte di Cassazione.

La questione procedurale e il ricorso in Cassazione

La Corte si è innanzitutto concentrata sulla corretta via procedurale. Ha stabilito che, sebbene il “reclamo” non fosse lo strumento corretto, il provvedimento del magistrato di sorveglianza era comunque impugnabile. Perché? Perché la decisione di negare il trasferimento in un altro Stato incide direttamente sullo status libertatis del condannato, cioè sulla sua libertà personale.

La richiesta, infatti, non riguardava una modifica marginale delle prescrizioni, ma un cambiamento radicale delle condizioni di vita e di esecuzione della pena. In questi casi, interviene la garanzia prevista dall’articolo 111 della Costituzione, che ammette sempre il ricorso in Cassazione per violazione di legge contro i provvedimenti sulla libertà personale. Di conseguenza, il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto convertire il reclamo in ricorso per cassazione e non dichiararlo inammissibile.

Le motivazioni sull’affidamento in prova all’estero

Superato lo scoglio procedurale, la Corte di Cassazione ha esaminato il merito della questione, ritenendo fondato il ricorso. La Corte ha richiamato la normativa europea, recepita in Italia con il D.Lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, che consente espressamente l’esecuzione di misure alternative come l’affidamento in prova in uno Stato membro dell’UE diverso da quello di condanna.

Il punto centrale della motivazione risiede nel principio di reciproca fiducia e collaborazione tra gli Stati membri. Secondo la Cassazione, il magistrato italiano non può negare il trasferimento basandosi su una valutazione preventiva e negativa sull’efficacia dei controlli che verrebbero svolti dall’autorità dello Stato estero (in questo caso, la Romania). Il controllo sull’osservanza delle prescrizioni è di competenza esclusiva dello Stato di esecuzione. Presumere a priori la sua inadeguatezza mina le fondamenta della cooperazione giudiziaria europea.

Le conclusioni: il primato della cooperazione UE

La sentenza rappresenta un’importante affermazione del diritto alla mobilità dei condannati all’interno dell’Unione Europea, bilanciando le esigenze di controllo con i percorsi di reinserimento sociale e lavorativo. La Corte ha annullato sia l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza sia il decreto del magistrato, rinviando il caso a quest’ultimo per una nuova valutazione. Il magistrato dovrà ora riesaminare la richiesta senza poter opporre un giudizio preventivo sull’operato delle autorità rumene, ma valutando se la modifica sia compatibile con la finalità della misura alternativa, secondo i principi della normativa europea.

È possibile scontare una pena di affidamento in prova in un altro Stato dell’Unione Europea?
Sì, la sentenza conferma che, in applicazione del D.Lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, è consentita l’ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale la cui esecuzione si svolga in uno Stato membro dell’UE dove il condannato ha residenza legale e abituale.

Un giudice italiano può negare il trasferimento basandosi su un dubbio preventivo sull’efficacia dei controlli dello Stato estero?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il controllo sull’osservanza della misura spetta allo Stato di esecuzione. L’autorità italiana non può sostituirsi in via preventiva, poiché ciò violerebbe il principio di reciproca fiducia e collaborazione che regola i rapporti tra gli Stati membri dell’Unione Europea.

Un provvedimento del magistrato di sorveglianza che nega una modifica sostanziale dell’affidamento in prova è impugnabile?
Sì. Anche se non esiste una norma specifica che preveda un appello, la Corte ha chiarito che un provvedimento che incide in modo significativo sullo status libertatis (la libertà personale) del condannato è sempre ricorribile in Cassazione per violazione di legge, in base alla garanzia costituzionale dell’art. 111, comma 7, della Costituzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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