Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22256 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22256 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 07/09/2023 del GIUD. SORVEGLIANZA di PADOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 7 settembre 2023 il Magistrato di sorveglianza di Padova ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME volta ad ottenere l’esecuzione all’estero della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 ord. pen. alla quale era stato ammesso con ordinan2:a del Tribunale di sorveglianza di Milano del 26 giugno 2023.
A fondamento del provvedimento è stata posta la motivazione per cui il detenuto, al momento della richiesta della misura alternativa, non aveva formulato istanza di esecuzione della stessa all’estero onde consentire l’attivazione dell’istruttoria finalizzata a verificarne l’effettiva praticabilità.
Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione AVV_NOTAIO COGNOME, per mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando un motivo con il quale ha eccepito violazione di legge con riferimento agli artt. 125 cod. proc. pen., 111 Cost., d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38 attuativo della Decisione quadro n. 2008/947/GAI del Consiglio Europeo.
Premesse considerazioni sulla proponibilità del ricorso per cassazione avverso il provvedimento avente ad oggetto le modifiche alle prescrizioni in materia di affidamento in prova, assunto nelle forme dell’art. 69, comma 7, ord. pen. a seguito di istanza ex art. 47, comma 8, ord. pen., il ricorrente ha lamentato la violazione del principio secondo cui l’esecuzione della misura può avvenire all’estero, sulla base della normativa asseritamente violata dal giudice di merito.
In particolare, ha evidenziato che la disciplina applicabile alla materia non esclude la possibilità di avanzare l’istanza di esecuzione all’estero della misura mentre la stessa è in corso di esecuzione in Italia.
Nel caso di specie, la motivazione del decreto impugnato si è basata esclusivamente sulla intempestività della richiesta, pur in assenza di qualsiasi disposizione che fissa preclusioni temporali alla stessa.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
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2. Come affermato dalla, qui condivisa, giurisprudenza di questa Corte «l’esecuzione dell’affidamento in prova al servizio sociale può aver luogo nello Stato dell’Unione europea ove il condannato sia residente (nella specie, Germania), qualora detto Stato abbia dato attuazione alla decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza, delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive, recepita in Italia con d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, in quanto l’affidamento è assimilabile ad una “sanzione sostitutiva” ai sensi dell’art. 2, lett. e), di tale decreto, quale sanzione che “impone obblighi ed impartisce prescrizioni”, compatibili con quelli elencati nel successivo art. 4 e che costituiscono il contenuto del trattamento alternativo al carcere» (Sez. 1, n. 16942 del 25/05/2020, COGNOME, Rv. 279144; conforme Sez. 1, n. 20977 del 15/06/2020, COGNOME, Rv. 279338).
Si tratta di orientamento che si pone in termini di piena coerenza rispetto a quanto già precedentemente affermato con il principio per cui «in tema di reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie relative all’esecuzione delle pene non restrittive della libertà personale, al sensi del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/947/GAI, la richiesta di esecuzione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale nello Stato estero di residenza dell’interessato non deve essere preceduta dalla preventiva manifestazione di tale volontà prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna. (In motivazione la Corte ha ritenuto l’assimilabilità della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale alla categoria della “sanzione sostitutiva” descritta dall’art. 2, lett. e) del citato d.lgs., rilevando, altresì, la compatibilità disciplina relativa agli obblighi e alle prescrizioni imposte, nonché ai relativ controlli, con la disciplina interna dell’affidamento in prova)» (Sez. 1, n. 15091 del 16/05/2018, dep. 2019, Leonardi, Rv. 275807).
Tale orientamento si fonda, in pratica, sulla ritenuta applicabilità all’affidamento in prova al servizio sociale, della disciplina di cui al d.lgs. 1 febbraio 2016, n. 38 con la quale è stata data attuazione alla decisione quadro n. 947 del 27 novembre 2008 relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive.
La disciplina di cui al predetto d.lgs. n. 38 del 2016 descrive la disciplina dell’esecuzione all’estero di decisioni penali aventi contenuto diverso dalla pena detentiva o dalla pena pecuniaria.
Come è stato, anche più di recente, condivisibilrnente, segnalato, l’affidamento in prova al servizio sociale è funzionale a perseguire l’obiettivo della rieducazione del condannato non già attraverso un forma di custodia, bensì «imponendo regole di condotta volte primariamente a realizzarne il diretto reinserimento sociale (dai rapporti con i servizi territoriali dell’Amministrazione della giustizia, all’attività lavorativa, alle attività di solidarietà e riparazion per tale via a neutralizzare i fattori di recidiva (in tale contesto si collocano prescrizioni inerenti la dimora e la libertà di movimento, il divieto d frequentazione di determinati soggetti o ambienti, il divieto di detenere armi), secondo uno schema aderente, e pressoché corrispondente, al modello esecutivo delineato dalla regolamentazione europea uniforme. L’affidamento in prova è dunque eseguibile, in linea di principio, nel territorio di altro Paese dell’Unione europea, non essendo più di ostacolo l’impossibilità di immediato esercizio di poteri autoritativi al di fuori del territorio nazionale, a ragione del trasferimen alle competenti Autorità dello Stato di esecuzione dell’attività di sorveglianza degli obblighi e delle prescrizioni impartite, salva la riassunzione della competenza in capo all’Autorità nazionale nei casi previsti dall’art. 8, comma 2, d. Igs. n. 38 del 2016, che includono la sottrazione del condannato all’esecuzione e, comunque, la valutazione della durata e del grado di osservanza delle prescrizioni e degli obblighi impartiti durante il periodo in cui la persona condannata è stata sorvegliata all’estero» (Sez. 1, n. 20771 del 04/03/2022, Ursilio, Rv. 283366, in motivazione).
Nel pervenire all’affermazione della possibilità di eseguire le misure alternative alla detenzione, analogamente a quanto avviene per le sanzioni sostitutive alla luce della menzionata normativa, questa Corte ha rilevato la non ostatività del ruolo dell’Ufficio esecuzione penale esterna il quale nella fase istruttoria deve poter compiere tutti gli accertamenti funzionali alla decisione del Tribunale di sorveglianza.
Nelle ricostruzioni operate nei precedenti citati non vengono poste preclusioni di sorta alla possibilità di formulare la richiesta mentre è in corso di esecuzione la misura alternativa in Italia.
Gli accertamenti funzionali a verificare l’ammissibilità dell’esecuzione della misura all’estero dovranno essere necessariamente condotti di concerto con le Autorità estere che hanno competenza nella materia di interesse e può affermarsi che la verifica, necessariamente, implica un’istruttoria articolata che vede il coinvolgimento di una pluralità di soggetti.
Il Procuratore generale sollecita la soluzione della questione di diritto circa la possibilità di qualificare l’esecuzione all’estero della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale come una modifica della misura in corso («modifica delle
prescrizioni», ex art. 47, comma 8, ord. pen. sulle quali è chiamato a provvedere il Magistrato di sorveglianza) ovvero, proprio alla luce della complessità del procedimento attivato, comporti l’attivazione dei poteri istruttori propri del Tribunale.
Invero l’art. 97, comma 7 regolamento di cui al d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 stabilisce, proprio con riguardo alla modifica del luogo in cui svolgere l’affidamento in prova al servizio sociale, che «se nel corso della prova viene richiesto che la stessa prosegua in luogo situato in altra giurisdizione, il magistrato di sorveglianza, su dettagliato parere del centro di servizio sociale che segue la prova, provvede di conseguenza, con corrispondente modifica delle prescrizioni. Il provvedimento è comunicato all’affidato e ai centri di servizio sociale interessati. La cancelleria dell’ufficio di sorveglianza trasmette il fascicol dell’affidamento in prova, all’ufficio di sorveglianza divenuto competente. Anche il centro di servizio sociale che seguiva la prova trasmette i propri atti a quello divenuto competente. Se il magistrato di sorveglianza non acc:oglie la domanda, ne fa dare comunicazione all’interessato dal centro di servizio sociale».
Non pare che tale disposizione sia applicabile al caso in cui il condannato richieda l’esecuzione dell’affidamento in prova al servizio sociale che non presuppone l’acquisizione del solo «dettagliato parere del centro di servizio sociale che segue la prova» ma comporta l’effettuazione di indagini più articolate ricadendo il luogo di esecuzione della misura alternativa in giurisdizione estera.
D’altronde la mancata previsione dell’esecuzione dell’affidamento in prova all’estero nella disciplina dell’ordinamento penitenziario e l’affermazione della sua possibilità esclusivamente sulla base dell’interpretazione del d.lgs. n. 38 del 2016 giustifica l’affermazione secondo cui lo stesso, per la specificità degli accertamenti richiesti, non è assimilabile alla sola modifica della misura già in corso di esecuzione nel territorio nazionale.
Ne consegue che deve essere affermato il principio di diritto per cui, in tema di misure alternative alla detenzione, la competenza a decidere sulla domanda di esecuzione all’estero dell’affidamento in prova al servizio sociale presentata mentre lo stesso è in corso di esecuzione nel territorio nazionale, non spetta al Magistrato di sorveglianza bensì, in ragione degli accertamenti e delle verifiche richieste, al Tribunale di sorveglianza.
Ciò trova giustificazione nell’affermazione della non assimilabilità della richiesta ad una semplice «modifica della prescrizioni» di cui all’art. 47, comma 8, ord. pen.
Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso il 17/04/2024