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Affectio societatis: quando non basta spacciare

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, sottolineando che un rapporto di spaccio, anche se continuativo, con un solo membro del gruppo non è sufficiente a provare la partecipazione consapevole al sodalizio. È necessario dimostrare l’affectio societatis, ovvero la volontà di contribuire al più ampio programma criminale dell’organizzazione.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affectio Societatis: La Sottile Linea tra Spaccio e Associazione a Delinquere

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 47575/2024) ha riacceso i riflettori su un principio cardine del diritto penale associativo: la necessità di provare l’affectio societatis. Questo concetto, che indica la consapevole volontà di far parte di un sodalizio criminale, non può essere desunto automaticamente dalla semplice attività di spaccio, anche se svolta per conto di un membro dell’organizzazione. La Suprema Corte ha annullato con rinvio un’ordinanza di custodia cautelare, stabilendo che un rapporto di lavoro bilaterale non è sufficiente a dimostrare l’inserimento organico in una struttura criminale più ampia.

I Fatti del Caso: Un Rapporto di Lavoro Circoscritto

Il caso riguardava un individuo indagato per partecipazione a un’associazione per delinquere dedita al narcotraffico, riconducibile a contesti di criminalità organizzata. Inizialmente destinatario di una misura di custodia cautelare in carcere (poi sostituita con gli arresti domiciliari), l’indagato aveva presentato ricorso al Tribunale del Riesame, che però aveva confermato il provvedimento.

Secondo l’accusa, l’indagato, per un periodo di circa tre mesi, aveva custodito e venduto al dettaglio sostanze stupefacenti per conto di una co-indagata, subentrata al marito, capo di un sottogruppo criminale, dopo l’arresto di quest’ultimo. Il rapporto tra i due era quasi esclusivo: la donna ‘dirottava’ i clienti verso l’indagato, informandolo del loro arrivo. I contatti con altri membri del sodalizio erano risultati sporadici e non decisivi.

La Decisione della Corte e il Ruolo dell’Affectio Societatis

La difesa ha impugnato l’ordinanza del Riesame davanti alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Il punto centrale del ricorso era la mancanza di prove sulla consapevolezza dell’indagato di agire come parte di un’organizzazione strutturata e non semplicemente in un rapporto sinallagmatico con la sua referente.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo la motivazione del Tribunale del Riesame ‘carente e lacunosa’. I giudici di legittimità hanno chiarito che, per configurare il reato associativo, non basta dimostrare l’accordo tra i sodali e l’esistenza di una struttura organizzativa. È indispensabile accertare anche l’affectio societatis: la coscienza e volontà di partecipare, insieme ad almeno altre due persone, a una ‘società criminosa’ con un programma duraturo.

Le Motivazioni: Oltre il Semplice Rapporto Bilaterale

Nel dettaglio, la Corte ha smontato gli elementi valorizzati dal Tribunale del Riesame. Il rapporto quasi esclusivo con la co-indagata, seppur stabile per tre mesi, rimane un ‘elemento insufficiente’ da cui desumere la volontà di far parte del gruppo. Anche gli altri indizi, come un contatto episodico con un altro sodale o l’interessamento per il recupero di un debito di droga, sono stati ritenuti di ‘valore probatorio neutro’. Essi, infatti, dimostrano al più un supporto ai singoli referenti, ma non necessariamente la volontà di contribuire al mantenimento e alla realizzazione del più vasto programma criminale dell’associazione.

La Corte ha inoltre evidenziato come la stessa referente avesse mostrato insoddisfazione per l’operato dell’indagato, definendolo ‘inaffidabile’ e manifestando l’intenzione di sostituirlo, cosa poi effettivamente avvenuta. Questo dettaglio, secondo i giudici, indebolisce ulteriormente l’idea di un inserimento organico e stabile nel gruppo.

Infine, la sentenza ha censurato anche la motivazione relativa al pericolo di recidiva. Le argomentazioni generiche sul fenomeno associativo non sono state ritenute sufficienti a superare gli elementi specifici forniti dalla difesa, come il tempo trascorso (i fatti risalivano al 2021), il ruolo marginale svolto e la totale rescissione dei legami con la co-indagata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: per una condanna per associazione a delinquere, l’accusa deve andare oltre la prova della singola condotta illecita. È necessario fornire indicatori fattuali concreti che dimostrino come l’azione del singolo si proietti oltre un rapporto bilaterale e si traduca in un contributo consapevole a un’entità criminale autonoma e strutturata. La distinzione tra essere un mero ‘pusher’ che lavora per qualcuno e essere un ‘associato’ a tutti gli effetti risiede proprio nella prova rigorosa dell’affectio societatis.

Un rapporto stabile di spaccio per conto di un’altra persona è sufficiente a provare la partecipazione a un’associazione per delinquere?
No. Secondo la sentenza, un rapporto sinallagmatico, anche se stabile, con un singolo membro di un’associazione non è di per sé un elemento sufficiente per desumere l’affectio societatis, ovvero la consapevolezza e volontà di far parte del sodalizio criminale.

Cos’è l’affectio societatis e perché è cruciale in questo tipo di reato?
L’affectio societatis è un termine giuridico che indica la coscienza e la volontà di un individuo di partecipare a un’associazione, contribuendo alla realizzazione del suo programma criminale. È un elemento psicologico essenziale del reato associativo, perché distingue la partecipazione organica al gruppo dalla mera complicità o dalla commissione di reati in favore di un singolo membro.

Perché la Corte ha annullato l’ordinanza anche in relazione al pericolo di recidiva?
La Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale fosse basata su argomentazioni generiche relative al fenomeno associativo, senza superare adeguatamente gli elementi specifici evidenziati dalla difesa, quali il notevole tempo trascorso dai fatti (luglio 2021), il ruolo marginale ricoperto dall’indagato e la comprovata rescissione di ogni legame con i co-indagati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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