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Affectio societatis: quando l’acquirente è partecipe

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un individuo in custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La sentenza ribadisce che la costante disponibilità all’acquisto di sostanze, unita alla consapevolezza della stabilità del rapporto con il sodalizio, è sufficiente a dimostrare l’affectio societatis e, di conseguenza, la partecipazione all’associazione criminale, superando la mera qualifica di acquirente.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affectio societatis: la linea sottile tra acquirente e partecipe di un’associazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, sezione penale, offre un’importante chiave di lettura per distinguere la posizione di un semplice acquirente di sostanze stupefacenti da quella di un vero e proprio partecipe di un’associazione criminale. Il fulcro della decisione ruota attorno al concetto di affectio societatis, ovvero la volontà consapevole di far parte di un sodalizio illecito, contribuendo alla sua operatività. Questo principio è cruciale per determinare la gravità della condotta e l’applicazione di misure cautelari severe come la custodia in carcere.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, oltre a specifici episodi di acquisto e detenzione. La difesa sosteneva che il proprio assistito fosse un mero acquirente, estraneo alle dinamiche associative, e che la misura cautelare fosse sproporzionata, anche in considerazione del tempo trascorso dai fatti contestati. Il Tribunale del Riesame aveva confermato la misura, ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari.

La decisione della Corte e il ruolo dell’affectio societatis

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e volto a una rivalutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità. La decisione si fonda su un punto giuridico cruciale: la dimostrazione dell’affectio societatis. Secondo gli Ermellini, la costante disponibilità di un soggetto all’acquisto di sostanze da un determinato gruppo criminale, unita alla consapevolezza che la stabilità e la continuità di tale rapporto sono funzionali a garantire l’operatività stessa dell’associazione, integra la condotta di partecipazione. Non si tratta più di un semplice rapporto cliente-fornitore, ma di un inserimento stabile nella struttura, dove l’acquirente diventa un tassello fondamentale per la vita economica del sodalizio.

Le Motivazioni

La Corte ha specificato che il ricorso non era riuscito a scalfire la logicità della motivazione del Tribunale del Riesame. Quest’ultimo aveva correttamente valorizzato elementi che indicavano una relazione consolidata tra l’indagato e gli altri membri del gruppo, tale da rivelare la presenza della cosiddetta affectio societatis tra acquirente e fornitori. L’impugnazione, al contrario, si era limitata a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, senza evidenziare vizi di legittimità nel ragionamento dei giudici di merito.

Inoltre, la Corte ha respinto le censure relative alla mancanza di esigenze cautelari e alla sproporzionalità della misura. È stato ribadito che la presunzione di pericolosità legata al reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga (art. 74 D.P.R. 309/90) incide pesantemente sulla valutazione. La specifica capacità criminale del ricorrente nel settore del narcotraffico e la sua biografia criminale sono state ritenute elementi sufficienti a giustificare la massima misura cautelare, escludendo l’idoneità degli arresti domiciliari.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. La distinzione tra acquirente e partecipe non dipende solo dalla quantità di droga acquistata, ma dalla natura del rapporto con l’organizzazione. Un legame stabile, continuativo e consapevole, che garantisce all’associazione una fonte di reddito sicura, trasforma l’acquirente in un membro effettivo del sodalizio. La pronuncia sottolinea come, ai fini cautelari, la valutazione debba tenere conto non solo dei singoli episodi, ma della capacità criminale complessiva del soggetto e della sua integrazione nel contesto illecito, confermando la severità dell’ordinamento nel contrastare i reati associativi legati al narcotraffico.

Quando un acquirente abituale di stupefacenti può essere considerato partecipe di un’associazione a delinquere?
Secondo la sentenza, ciò avviene quando la sua costante disponibilità all’acquisto e la consapevolezza che la stabilità del rapporto garantisce l’operatività dell’associazione rivelano la presenza della cosiddetta affectio societatis, ossia l’intenzione di far parte del sodalizio criminale.

Il tempo trascorso dai fatti contestati è sufficiente a escludere le esigenze cautelari per reati associativi?
No. La Corte chiarisce che il decorso del tempo è un elemento da considerare, ma non esclude di per sé le esigenze cautelari, soprattutto in presenza della presunzione di pericolosità legata al delitto di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e di una specifica capacità criminale del soggetto.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato ritenuto generico e versato in fatto. Invece di contestare vizi di diritto, la difesa ha tentato di proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione, e non si è confrontata adeguatamente con le motivazioni del provvedimento impugnato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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