Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 46605 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 46605 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Cosenza il 20/03/1985
avverso la ordinanza del 11/06/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME inammissibile;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Catanzaro confermava, in sede di riesame, l’ordinanza emessa il 17 aprile 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, che aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 1).
Secondo la provvisoria imputazione, COGNOME avrebbe fatto parte di un sodalizio dedito al narcotraffico, posto sotto il controllo di NOME COGNOME: quest’ultimo presiedeva alla tenuta del sistema di gestione dei traffici concretamente affidata ai più quotati luogotenenti, attraverso un innesto “a grappolo” di gruppi e sottogruppi, capaci di tessere una ragnatela di controllo capillare e monopolistico delle piazze di spaccio e delle cessioni al minuto nel territorio cosentino.
Uno di questi luogotenenti, posti al vertice del sodalizio, era NOME COGNOME che aveva assunto la guida dell’omonimo gruppo, del quale avrebbe fatto parte il RAGIONE_SOCIALE etti.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 292 cod. proc. pen. e all’eccepita nullità dell’ordinanza genetica per omessa autonoma valutazione.
Contrariamente all’assunto del Tribunale (che ha ritenuto l’eccezione generica), il ricorrente aveva precisato nella memoria presentata in sede di riesame le ragioni che portavano a ritenere diverse le conclusioni assunte dal Giudice per le indagini preliminari per la gravità indiziaria e per le esigenze cautelari (ovvero la risalenza delle dichiarazioni dei collaboratori e l’assenza di contatti criminali tra il ricorrente ed altri soggetti).
Quanto all’esclusione del vizio, il Tribunale ha utilizzato argomentazioni in contrasto con la giurisprudenza di legittimità (ovvero che sia sufficiente la circostanza che il Giudice per le indagini preliminari non abbia accolto totalmente la richiesta cautelare).
Va evidenziato a riprova del vizio che per la gravità indiziaria la motivazione è pressoché inesistente, essendosi limitato il giudice al rinvio alle dichiarazioni dei collaboratori, e per le esigenze cautelari è graficamente mancante, avendo l’ordinanza genetica effettuato un’unica valutazione, priva di riferimenti alla posizione del ricorrente (e addirittura anche distoniche, posto che al ricorrente non sono attribuiti reati-fine).
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 273, 274, 275 cod. proc. pen. e 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Il Tribunale ha ritenuto il ruolo partecipativo del ricorrente sulla base delle sole generiche propalazioni di tre collaboratori (NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME), che in ogni caso non lo indicano quale componente del sodalizio’ COGNOME.
Le dichiarazioni sono anche inconferenti, in quanto tutte precedenti al periodo di contestazione della partecipazione del ricorrente (luglio 2016 con attualità), e anche quella più recente di NOME COGNOME del 2023 non offre elementi a sostegno. Quest’ultimo ha infatti indicato il ricorrente come uno spacciatore che lavorava (non indicando quando) per NOME COGNOME e “più di recente” per il gruppo di COGNOME (sconosciuto all’indagine) con NOME COGNOME e NOME COGNOME (soltanto il primo indagato nel presente procedimento). In ogni caso non lo colloca nel gruppo di COGNOME e le sue dichiarazioni non sono riscontrate.
Va poi segnalato che la difesa aveva rappresentato che vi erano altre dichiarazioni negli atti che venivano a smentire l’assunto accusatorio (COGNOME che nel 2020 sin era autoaccusato di far parte del gruppo Andreatta non ha indicato mai il ricorrente).
Quanto poi ai riscontri del narrato dei collaboratori, il Tribunale ha utilizzato degli sms per i quali manca il provvedimento autorizzativo di acquisizione del traffico telematico e dei c.d. dati esteriori o anche il provvedimento del P.M. d’urgenza a tal fine.
L’inutilizzabilità derivante da tale vizio è dirimente sul compendio probatorio, posto che le restanti risultanze non possono sostenere la gravità indiziaria.
In ogni caso, la difesa aveva anche eccepito che la captazione del giugno 2021 non provava il coinvolgimento del ricorrente: egli non poteva essere il NOME COGNOME in esse indicato perché in quel periodo era altrove per lavoro (cuoco a Lecce dal maggio 2021) e comunque a partire dal 2017 aveva sempre lavorato nel settore della ristorazione (in Germania fino al 2019), svolgendo anche corsi di altra formazione; mancava la dimostrazione di contatti (nonostante la ampia e lunga indagine) tra il ricorrente e il capo COGNOME o con la piazza di spaccio o di viaggi per rifornimenti di droga; NOME COGNOME altro dichiarante, partecipe al clan COGNOME, fino al 2020 non nomina il ricorrente nella fila del gruppo; il ricorrente è stato assolto nel 2011 da analoga imputazione.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle aggravanti di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. e all’art. 74, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990, e in relazione agli artt. 273, 274 e 275 cod. proc. pen.
La rilevanza delle aggravanti contestate incide sulla scelta della misura in termini di proporzione e adeguatezza.
Entrambe le circostanze sono insussistenti.
Quanto all’aggravante dell’associazione armata, difetta la consapevolezza della disponibilità delle armi in capo al ricorrente e la stessa disponibilità di armi da parte del sodalizio.
Parimenti difetta il dolo specifico per l’aggravante mafiosa nella forma dell’agevolazione.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.
La motivazione utilizzata dai giudici della cautela mal si adatta al ricorrente che non ha commesso alcun reato fine e che è persona incensurata.
Il Tribunale non ha considerato, per il giudizio di resistenza di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., la datazione dei fatti ai fini dell’attualità del pericolo di recidiva e l’allontanamento del ricorrente dal contesto dei fatti (per tre anni ha lavorato in Germania e in seguito per 4 mesi l’anno poi nel Salento).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito illustrati.
2. Il primo motivo non può essere accolto.
Il Tribunale, in primo luogo, ha ritenuto generica l’eccezione sollevata dal ricorrente in ordine alla nullità della ordinanza genetica per assenza di autonoma valutazione, facendo applicazione del principio più volte affermato in sede di legittimità, secondo cui il ricorrente che denunci la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza ha l’onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018, dep.2019, Rv. 274760).
Rispetto a questa valutazione, il ricorrente sostiene che la prospettazione non era stata generica sol perché nella memoria aveva comunque contestato la gravità indiziaria e le esigenze cautelari.
Si tratta di argomento infondato in quanto il ricorrente confonde la genericità che può caratterizzare la richiesta di riesame (trattandosi di rimedio interamente devolutivo, cfr. Sez. 6, n. 56968 del 11/09/2017, Rv. 272202), con la specificità dell’eccezione di nullità, che non essendo assoluta deve necessariamente essere presentata ed illustrata davanti al Tribunale del riesame.
3. Fondato è invece il secondo motivo.
Il Tribunale ha dedicato gran parte della motivazione alla gravità indiziaria della associazione di cui al capo 1), delineando i tratti salienti di questa organizzazione facente capo a NOME COGNOME, costituiti dall’unicità di canali di rifornimento “ufficiali” (cioè autorizzati dal vertice) dello stupefacente e dal controllo di tutte le piazze di spaccio attraverso una capillare suddivisione territoriale delle zone tra i vari sottogruppi.
Secondo il Tribunale, questa struttura si caratterizzava da un lato per il divieto del “sotto banco” (ovvero dell’approvvigionamento da canali non autorizzati, con conseguenti rigorose punizioni nei confronti di chi contravveniva a tale regola) e dall’altro lato per la necessaria riconducibilità di ogni spacciatore che “lavorava” a Cosenza ad uno dei gruppi operanti sul territorio, se pur con fisiologica fluidità e variabilità dei gruppi per far fronte ad esigenze o occorrenze contingenti.
In questo contesto e dopo aver descritto il gruppo facente capo a NOME COGNOME (secondo l’ordinanza generica, formato dal ricorrente, da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME), il Tribunale ha esaminato le evidenze indiziarie sulle quali ha ritenuto di fondare la gravità indiziaria a carico del ricorrente, costituite dalle dichiarazioni dei collaboratori che lo avevano descritto come soggetto operante nel traffico di stupefacente nel territorio di Cosenza e da messaggi del giugno 2021 dai quali era emerso che il ricorrente lavorava nel gruppo Di Puppo.
Secondo il Tribunale, da questi atti sarebbe emerso il ruolo di partecipe del ricorrente, con consapevole adesione al sodalizio di COGNOME e riconducibile alla confederazione al cui vertice vi era il COGNOME: egli rifornisce di sostanza stupefacente per conto del sodalizio, con consapevole e volontaria adesione al “sistema”.
Ebbene, il ragionamento giustificativo seguito dal Tribunale appare gravemente carente.
In primo luogo, già questa Corte ha già avuto modo di rilevare come risulti del tutto congetturale nella ordinanza genetica la dimostrazione che qualunque episodio di spaccio che si verifichi nel territorio della provincia di Cosenza debba per forza di cose essere sempre riferito all’organizzazione criminale che controlla il mercato illecito degli stupefacenti, con l’ulteriore corollario che tutti coloro che risultino comunque coinvolti in una qualche attività di spaccio di sostanze stupefacenti in quell’ambito territoriale siano, solo per questa ragione, soggetti che necessariamente fanno parte dell’associazione (Sez. 6, n. 42295 del 02/10/2024).
Si tratta infatti di un ragionamento che assume la valenza di una presunzione astratta in assenza di elementi concreti che consentano di ricollegare il ricorrente all’associazione di cui al capo 1) e, quindi, per dare conto del suo stabile inserimento nell’associazione.
Se quindi esaminiamo la posizione del ricorrente al netto di questa argomentazione, va rilevato che, come aveva segnalato il ricorrente nella memoria presentata al Tribunale del riesame, le dichiarazioni dei collaboratori risultavano nella maggior parte datate e riferirsi a periodi di gran lunga precedenti a quello della contestazione (l’associazione risulterebbe operante a far data dal 15 luglio
2016): così quelle di NOME COGNOME fanno riferimento ad episodi del 2010 e del 2014; quelle di NOME COGNOME descrivono fatti del 2011 o comunque non datati temporalmente; così quelle di NOME COGNOME descrivono un assetto sulla distribuzione della droga risalente al 2013.
In ogni caso, le dichiarazioni dei collaboratori – e anche le più attuali (quelle di NOME COGNOME del 2023) – delineano rapporti del ricorrente con molteplici soggetti, non consentendo neppure di ricostruire e collocare la sua attività nel campo del narcotraffico nel contesto associativo del gruppo COGNOME (COGNOME aveva affermato: “riconosco NOME COGNOME uno spacciatore di lungo corso che inizialmente lavorava peri! gruppo di NOME COGNOME, dal quale, in passato, è stato anche picchiato per l’acquisto di una partita di droga sottobanco, e più di recente in affari con NOME COGNOME, NOME COGNOME, detto boccolotto, ed il c. d. gruppo di Andreotta”).
In definitiva, l’unico riferimento attuale al gruppo COGNOME è costituito dai messaggi del giugno 2021.
Al riguardo va respinta l’eccezione difensiva sulla utilizzabilità di questi messaggi, in quanto risulta dalla richiesta cautelare (pag. 340) che l’utenza mobile da cui sono stati estratti era sopposta ad intercettazione (come d’altronde dimostra la memoria difensiva depositata in sede di riesame, nella quale sono riportati i RIT e le utenze interessate ai messaggi in esame).
Peraltro, da questi messaggi era solo emerso che il ricorrente (“NOME COGNOME“) lavorava per “COGNOME” (inteso come NOME COGNOME) e da tempo riforniva NOME COGNOME.
In definitiva, il quadro indiziario utilizzato dal Tribunale presenta notevoli carenze rispetto alle conclusioni che sono state tratte, in ordine sia alla collocazione del ricorrente nel gruppo COGNOME per lo smercio dello stupefacente (anche alla luce delle distoniche dichiarazioni del Barone sugli affari realizzati dal ricorrente con altri soggetti e altri gruppi) sia alla dimostrazione del vincolo stabile – riconducibile all'”affectio societatis” – tra il ricorrente e il suddetto grupp (affidata alla sola laconica frase di NOME COGNOME “lavora con mik”).
Al riguardo, va rammentato in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti che il mutamento del rapporto tra fornitore ed acquirente, da relazione di mero reciproco affidamento a vincolo stabile, può ritenersi avvenuto solo qualora risulti che la volontà dei contraenti abbia superato la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale, trasformandosi nell’adesione dell’acquirente al programma criminoso, desumibile dalle modalità dall’approvvigionamento continuativo della sostanza dal gruppo, dal contenuto economico delle transazioni, dalla rilevanza obiettiva che l’acquirente riveste per il sodalizio criminale (Sez. 6, n. 51500 del 11/10/2018, Rv. 275719).
Pertanto, si impone l’annullamento della ordinanza impugnata per un nuovo esame della richiesta di riesame sul punto della gravità indiziaria.
Quanto alle aggravanti, il ricorrente non illustra l’interesse alla censura (Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, Rv. 275028), non incidendo le stesse né sull’an né sul quomodo della misura.
Contrariamente a quanto dedotto, il Tribunale non ha infatti utilizzato le aggravanti per inasprire la valutazione cautelare.
Sono assorbite dall’accoglimento del secondo motivo le censure versate nell’ultimo motivo relativo alle esigenze cautelari, essendo pregiudiziale una rivalutazione del quadro indiziario con riferimento alla ravvisata partecipazione del ricorrente al reato associativo.
Conclusivamente sulla base dei rilievi che precedono, la ordinanza impugnata deve essere annullata per un nuovo esame, che si conformi ai principi di diritto sopra indicati e alle lacune motivazionali segnalate.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.