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Affectio societatis: prova di partecipazione a clan

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale del riesame fosse gravemente carente, basandosi su una presunzione astratta e su indizi (dichiarazioni di collaboratori datate e messaggi) insufficienti a dimostrare la stabile partecipazione dell’indagato al sodalizio criminale e la sussistenza della necessaria affectio societatis.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affectio Societatis: la Cassazione chiarisce i requisiti per la partecipazione a un clan

L’accusa di partecipazione a un’associazione a delinquere, specialmente nel contesto del narcotraffico, richiede una prova rigorosa del vincolo che lega il singolo al gruppo. Non basta essere un semplice spacciatore per essere considerato un membro stabile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato l’importanza di dimostrare la cosiddetta affectio societatis, ovvero la volontà consapevole di far parte del sodalizio, annullando una misura cautelare basata su indizi ritenuti troppo deboli e datati.

I Fatti del Caso: L’accusa di partecipazione al sodalizio

Un individuo veniva accusato di far parte di un’associazione dedita al narcotraffico, operante in un territorio controllato da un’organizzazione più ampia. Secondo l’accusa, l’indagato era inserito in uno dei sottogruppi che gestivano lo spaccio. La misura della custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le indagini preliminari, veniva confermata anche dal Tribunale del Riesame.

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando che le prove a carico del suo assistito fossero insufficienti. In particolare, si contestava che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia fossero datate (risalenti a molti anni prima del periodo di contestazione) e che i pochi elementi più recenti, come alcuni messaggi, non fossero idonei a provare un inserimento stabile e consapevole nel gruppo criminale.

La Decisione della Cassazione: la prova dell’affectio societatis non può essere presunta

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza e rinviando il caso al Tribunale per un nuovo esame. La decisione si fonda su un punto cruciale: la motivazione del Tribunale era ‘gravemente carente’ perché basata su una presunzione astratta e non su elementi concreti.

L’Insufficienza delle Prove e la Critica alla Presunzione Territoriale

Il Tribunale aveva ritenuto che, dato il controllo capillare del territorio da parte dell’organizzazione criminale, qualsiasi attività di spaccio dovesse essere necessariamente ricondotta ad essa. La Cassazione ha bocciato questo ragionamento, definendolo una ‘presunzione astratta’. Non si può automaticamente concludere che chiunque spacci in una certa zona sia un membro del clan che la controlla. È necessario, invece, fornire elementi concreti che dimostrino lo ‘stabile inserimento’ della persona nell’associazione.

L’Analisi delle Dichiarazioni e dei Messaggi

La Corte ha poi esaminato gli indizi specifici. Le dichiarazioni dei collaboratori, pur descrivendo l’indagato come spacciatore, si riferivano a episodi avvenuti tra il 2010 e il 2014, mentre il reato associativo contestato partiva dal 2016. Erano quindi troppo datate per provare una partecipazione attuale.

L’unico elemento recente era costituito da alcuni messaggi del 2021, dai quali emergeva che l’indagato ‘lavorava per’ uno dei capi del sottogruppo. Anche questo, secondo i giudici, era insufficiente. Una semplice frase come ‘lavora con’ non basta a dimostrare il passaggio da un rapporto di fornitura-acquisto a un vincolo stabile, ovvero l’affectio societatis. Manca la prova che la volontà dei contraenti abbia superato la soglia del singolo affare per trasformarsi in un’adesione al programma criminoso del gruppo.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si concentrano sulla necessità di distinguere tra il singolo reato di spaccio e la partecipazione a un’associazione criminale. Per configurare quest’ultima, l’accusa deve provare un ‘quid pluris’: la consapevolezza e la volontà dell’individuo di contribuire stabilmente alla vita e agli scopi del sodalizio. Il rapporto tra fornitore e acquirente, anche se continuativo, non si trasforma automaticamente in un vincolo associativo. Occorrono prove che dimostrino l’adesione al programma criminoso, desumibili, ad esempio, dalle modalità di approvvigionamento, dal contenuto economico delle transazioni e dalla rilevanza oggettiva che il soggetto riveste per il gruppo. In questo caso, tali prove mancavano e la motivazione del provvedimento cautelare era basata su congetture e indizi non sufficientemente solidi.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto penale: le misure restrittive della libertà personale devono fondarsi su un quadro indiziario grave, preciso e concordante. Non sono ammesse presunzioni o generalizzazioni. Per provare la partecipazione a un’associazione criminale, è indispensabile dimostrare, con elementi concreti e attuali, l’esistenza di un vincolo stabile e consapevole, la cosiddetta affectio societatis. La semplice contiguità con ambienti criminali o la commissione di reati-fine non sono, di per sé, sufficienti a giustificare un’accusa così grave.

È sufficiente spacciare in un territorio controllato da un clan per essere considerati membri dell’associazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questa è una presunzione astratta. È necessario dimostrare con elementi concreti lo stabile inserimento della persona nel sodalizio, non potendo dedurlo automaticamente dal solo contesto territoriale.

Dichiarazioni di collaboratori di giustizia molto datate possono fondare una misura cautelare per un reato associativo attuale?
No, se non sono supportate da elementi attuali e concreti che dimostrino la continuità del vincolo. Nel caso di specie, le dichiarazioni risalivano a un periodo di gran lunga precedente a quello contestato e non erano sufficienti a provare una partecipazione attuale.

Cosa si intende per ‘affectio societatis’ e perché è fondamentale per l’accusa di associazione a delinquere?
L’affectio societatis è la volontà consapevole e costante di un soggetto di far parte di un’associazione criminale, condividendone scopi e metodi. È un elemento psicologico e fattuale indispensabile per distinguere la semplice commissione di reati (come lo spaccio) dalla partecipazione stabile a un gruppo organizzato. Senza la sua prova, non si può configurare il reato associativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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