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Affectio societatis: la prova del vincolo associativo

La Corte di Cassazione ha confermato la custodia cautelare in carcere per un soggetto accusato di narcotraffico, stabilendo che un rapporto continuativo di fornitura di stupefacenti a un membro di un’associazione criminale è sufficiente a dimostrare l’affectio societatis, ovvero la volontà di far parte del sodalizio, integrando così il reato di partecipazione.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affectio Societatis: Fornitore Stabile di Droga è Partecipe dell’Associazione?

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sezione 6, n. 2723 del 2025, offre un importante chiarimento sulla configurabilità del reato di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La pronuncia si concentra sul concetto di affectio societatis, ovvero la volontà cosciente di far parte del sodalizio criminale. Secondo i giudici, un rapporto stabile e continuativo di fornitura di droga a uno dei membri dell’organizzazione è sufficiente a dimostrare tale vincolo soggettivo, anche in assenza di un coinvolgimento diretto in altre attività del gruppo.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che, in sede di riesame, confermava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di un individuo. L’accusa era quella di partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso (art. 74 d.P.R. 309/90 e 416-bis.1 c.p.), oltre a diversi reati fine di spaccio.

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. In particolare, si lamentava un difetto di motivazione riguardo alla sussunzione della condotta nel reato associativo, alla prova dell’affectio societatis, e alla valutazione delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia.

Le Argomentazioni della Difesa e la Prova dell’Affectio Societatis

La difesa sosteneva che mancassero elementi per dimostrare un vincolo associativo stabile e perdurante tra l’indagato e l’associazione. Si evidenziava come non fosse stato provato un contributo effettivo al raggiungimento degli scopi del gruppo e come, anzi, l’indagato fosse descritto in termini dispregiativi in alcune conversazioni intercettate. Inoltre, si contestava l’identificazione dell’indagato sulla base di soprannomi e iniziali (‘Fanta’, ‘F’, ‘G’) e si sottolineava il numero esiguo di episodi di cessione contestati.

La difesa ha anche messo in dubbio la coerenza della motivazione, citando le dichiarazioni di un’altra collaboratrice di giustizia secondo cui il traffico di droghe leggere era ‘libero’ e non soggetto alle rigide regole del gruppo per la cocaina, revocando in dubbio il coinvolgimento soggettivo del singolo negli scopi associativi.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettando tutte le doglianze difensive. I giudici di legittimità hanno ritenuto che il Tribunale del riesame avesse correttamente e logicamente motivato la propria decisione.

La Corte ha stabilito che dalle intercettazioni emergeva chiaramente il ruolo dell’indagato come fornitore stabile di hashish a uno dei sottocapi dell’organizzazione. Questa stabilità del rapporto di fornitura, secondo la Cassazione, è l’elemento chiave da cui discende l’affectio societatis. Agendo in quel modo, l’indagato non poteva non essere consapevole di contribuire attivamente alla realizzazione del programma criminoso del sodalizio.

Valutazione delle Prove e delle Esigenze Cautelari

La sentenza ha inoltre fornito precisazioni importanti sulla valutazione delle prove. Le conversazioni intercettate, avendo natura auto-accusatoria e avvenendo all’insaputa degli interlocutori, non necessitano di riscontri esterni per essere utilizzate come prova, fermo restando l’obbligo del giudice di valutarle logicamente. Il fatto che gli episodi contestati fossero solo quattro o cinque è stato ritenuto irrilevante di fronte alla prova di un’assiduità dei rapporti e di una stabile messa a disposizione del singolo alle esigenze dell’associazione.

Anche il motivo relativo alle esigenze cautelari è stato respinto. La Corte ha ritenuto adeguatamente motivata la misura della custodia in carcere, evidenziando la spiccata propensione al crimine dell’indagato, desunta dalla non occasionalità dei fatti, dai suoi numerosi precedenti penali e dalla sua comprovata dimestichezza con gli ambienti criminali.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul principio che la partecipazione a un’associazione criminale non richiede necessariamente un ruolo formale o il coinvolgimento in tutte le attività del gruppo. Ciò che conta è il contributo stabile e consapevole al perseguimento degli scopi illeciti. Nel caso di specie, la fornitura costante di sostanze stupefacenti a un esponente di spicco del gruppo è stata interpretata come un apporto materiale indispensabile per l’operatività dell’associazione nel settore del narcotraffico. Di conseguenza, la stabilità di tale rapporto è stata considerata prova sufficiente della volontà dell’indagato di far parte del sodalizio, integrando così l’elemento soggettivo dell’affectio societatis. I giudici hanno sottolineato che, una volta accertata la stabilità del contributo, la consapevolezza di agevolare il programma criminale ne discende logicamente.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un orientamento consolidato ma fondamentale: nel contesto dei reati associativi finalizzati al narcotraffico, la figura del fornitore stabile non è un mero soggetto esterno, ma un partecipe a tutti gli effetti. La continuità e l’affidabilità del rapporto di fornitura diventano la prova regina del vincolo associativo e della volontà di contribuire agli scopi illeciti del gruppo. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia conferma che l’analisi probatoria deve concentrarsi sulla natura e sulla stabilità dei rapporti tra i soggetti, più che sul numero di episodi specifici o sul coinvolgimento formale nelle dinamiche interne dell’organizzazione.

Avere un rapporto stabile di fornitura di droga con un membro di un’associazione criminale è sufficiente per essere considerati partecipi dell’associazione stessa?
Sì, secondo la sentenza, la stabilità del contributo in termini di fornitura di sostanze stupefacenti a un membro dell’organizzazione implica l’esistenza dell’affectio societatis, in quanto l’indagato non poteva non essere consapevole di contribuire al programma criminoso del sodalizio.

Le conversazioni intercettate in cui si parla di un reato necessitano sempre di ulteriori riscontri esterni per avere valore di prova?
No, la sentenza chiarisce che le conversazioni intercettate, essendo state effettuate all’insaputa dei soggetti e avendo un contenuto auto-accusatorio, non necessitano di riscontri esterni, salvo l’obbligo del giudice di valutarne il significato secondo criteri di logica.

Quando si può escludere la qualificazione di un fatto di spaccio come ‘lieve’ (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990)?
La qualificazione di fatto lieve può essere esclusa in presenza di consistenti quantitativi di droga movimentati (in questo caso, misurabili in chilogrammi) e tenendo conto del contesto criminale organizzato in cui le azioni sono state realizzate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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