Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18181 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18181 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Napoli il 27/02/1989, avverso l’ordinanza in data 10/12/2024 del Tribunale di Catanzaro, Sezione per il riesame;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 10/12/2024, il Tribunale di Catanzaro, Sezione per il riesame, ha confermato l’ordinanza con la quale, il precedente 05/11/2024, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro aveva applicato, nei confronti di NOME COGNOME, la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (capo 1) e a plurimi delitti di illecita cessione di sostanze stupefacenti (capi 39, 41, 46, 47, 48, 49 e 50).
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, avv.to NOME COGNOME che ha articolato due motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., vizio di motivazione per manifesta illogicità in punto di ritenuta sussistenza di gravità indiziaria in ordine al più grave delitto associativo.
Sostiene in proposito che, nell’ordinanza impugnata, la partecipazione dell’indagato al sodalizio finalizzato al traffico di stupefacenti sarebbe stata illogicamente inferita da elementi – quali la pluralità dei delitti-fine commessi, i rapporto di collaborazione stabilmente intrattenuto con i fratelli NOME NOME e NOME NOME, oltre che con il conoscente NOME NOME e la corresponsione al coindagato NOME NOME di parte dei proventi dell’attività di spaccio ex se inidonei a dimostrare la sussistenza, in capo al predetto, della necessaria affectio societatis, risultando gli stessi indicativi, al più, della serialità dell’attivit vendita al dettaglio dello stupefacente, della compartecipazione ad essa di individui vicini all’agente e del coinvolgimento nei traffici di un ulteriore soggetto avente funzioni di cassiere.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., di vizio di motivazione per carenza e manifesta illogicità in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e di ritenuta inadeguatezza al loro contenimento di misure meno afflittive di quella carceraria.
Assume segnatamente che, nell’ordinanza del Tribunale del riesame, non risulterebbero esplicitate né le ragioni dell’affermata esistenza di un pericolo di condotte recidivanti caratterizzato, come necessario, da attualità e concretezza, né, tantomeno, il motivo della ritenuta indispensabilità, per il contenimento di tale esigenza preventiva, del presidio carcerario.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall’art. 5-duodecies del d.l. n. 162 del 2022, convertito, con modificazioni, nella legge n. 199 del 2022 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. n. 75 del 2023, convertito, con modificazioni, nella legge n. 112 del 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME è manifestamente infondato per le ragioni che di seguito si espongono.
2. Del tutto privo di pregio è, innanzitutto, il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione per manifesta illogicità in punto di ritenuta sussistenza della gravità indiziaria in ordine al delitto associativo, assumendo che, nell’ordinanza del tribunale distrettuale, la partecipazione del Marino al sodalizio operante nel settore del traffico degli stupefacenti sarebbe stata illogicamente inferita da elementi – quali la pluralità dei delitti-fine commessi, il rapporto di collaborazione stabilmente intrattenuto con i fratelli NOME e NOME Francesco, oltre che con il conoscente NOME NOME e la corresponsione al coindagato NOME NOME di parte del proventi dell’attività di spaccio inidonei, di per sé, a dimostrare la sussistenza, in capo al predetto, della necessaria affectio societatis, posto che gli stessi risulterebbero, al più, indicativi della serialità dell’attività di spaccio, della compartecipazione ad essa di individui vicini all’agente e del coinvolgimento nei traffici di un ulteriore soggetto avente funzioni di cassiere.
Rileva in proposito il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, l’impianto argomentativo a fondamento della ritenuta sussistenza di gravità indiziaria in ordine al più grave delitto associativo risulta tutt’altro ch illogico, essendosi desunto il consapevole inserimento dell’indagato nel sodalizio criminoso e, in particolare, l’affectio societatis del predetto, intesa come consapevolezza del vicendevole ausilio ricevuto dalla propria e dall’altrui attività e del contributo da esse fornito all’attuazione del programma criminoso, da una pluralità di elementi fattuali, quali il continuativo svolgimento dell’attività pusher, la stabile collaborazione con alcuni congiunti egualmente coinvolti nei traffici illeciti e la dazione a un coindagato di parte dei proventi dell’attività spaccio, la cui contestuale ricorrenza è stata logicamente interpretata come sintomatica di una cosciente partecipazione alle attività delittuose del gruppo.
Peraltro, non può non rilevarsi che costituisce principio di diritto consolidato quello secondo cui «In tema di misure caute/ari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito» (così, da ultimo, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01, nonché, in precedenza, Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, P.M. in
proc. COGNOME, Rv. 255460-01, Sez. 4, 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012-01 e Sez. U., n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828-01).
Palesemente infondato è anche il secondo motivo di ricorso, con cui ci si duole di vizio di motivazione per carenza e manifesta illogicità in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e di ritenuta inadeguatezza al loro contenimento di misure meno afflittive di quella carceraria, sostenendo che, nell’ordinanza impugnata, non sarebbero state esplicitate né le ragioni dell’affermata sussistenza di un pericolo di reiterazione caratterizzato, come necessario, da attualità e concretezza, né, tantomeno, il motivo della ritenuta indispensabilità, per il contenimento dell’indicata esigenza preventiva, del vincolo i ntra mura rio.
Ritiene in proposito il Collegio che neanche la doglianza dedotta con il motivo di ricorso de quo coglie nel segno.
E invero, il più grave delitto associativo, rispetto al quale – come detto – si sono ritenuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza, risulta assistito ex lege dalle presunzioni di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza al loro contenimento della sola misura carceraria.
A fronte di tali presunzioni, relative perché superabili in presenza di elementi concreti valevoli a smentirne il predicato, non risultano addotti dalla difesa dati fattuali, di una qualche consistenza, che consentano di ritenere effettivamente verificatosi tale superamento.
Per converso, contrariamente a quanto dedotto, nel provvedimento del Tribunale distrettuale risultano argomentati in maniera compiuta, oltre che congrua e lineare, tanto l’affermata attualità del pericolo di condotte recidivanti, essendosi evidenziato che l’attività di spaccio si era protratta, anche da parte dell’indagato, fino all’anno 2023, quanto la sostenuta inadeguatezza al soddisfacimento delle esigenze di prevenzione di presidi meno afflittivi di quello carcerario, essendosi posta in rilievo la valenza, all’evidenza, ostativa degli allarmanti precedenti penali da cui risulta gravato il predetto.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
1-ter,
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 23/04/2025