Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36955 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36955 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/10/2024 del TRIBUNALE di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, con le quali si è chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, oltre a una somma in favore della cassa delle ammende.
RITENUTO IN FATTO
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Il Tribunale di Torino ha condannato COGNOME NOME alla pena di mesi 11 di reclusione, sostituita con quella del lavoro di pubblica utilità, per i reati di cui 516 (capo 1) e 452, in relazione all’art. 440 cod. pen. [capo 2) in Torino, il 26/05/2 per avere, nella qualità di titolare di un minimarket, posto in vendita salsiccia di contenente solfiti, additivo non ammesso ai sensi del d. m. 209/1996 e del Reg. (CE) 1333/2008, nella misura di 98 + 21 mg/Kg e per avere adulterato detti prodotti prim della loro distribuzione al consumo, rendendoli pericolosi per la salute pubblica.
2. La difesa ha proposto appello, formulando quattro doglianze.
Con la prima ha dedotto la nullità della sentenza impugnata per difetto contestazione quanto al capo 2), essendo intervenuta condanna per il delitto d adulterazione colposa di alimenti, con l’aggravante di cui all’art. 61, comma 1, n. 3, pen. (c.d. colpa cosciente), non contestata,,,t neppure oggetto, ove ammissibile, contestazione suppletiva nell’ambito di giudizio abbreviato non condizionato e, tuttav giudicata sussistente.
Con altra doglianza, la difesa ha ritenuto illogico e giuridicamente non corrett ragionamento svolto dal Tribunale quanto al reato sub 1) della rubrica, per avere Tribunale ritenuto che l’imputato, dapprima colposamente avesse adulterato o, comunque, consentito ai dipendenti di adulterare alimenti, così escludendo che la non genuinità rientrasse nella sua sfera psicologica, salvo poi ritenere che avesse espost alla vendita dette sostanze, così accettando, entro la propria sfera psicologica, il ri che non fossero genuine.
Con un terzo motivo, ha censurato il diniego di operatività della causa di non punibil di cui all’art. 131 bis, cod. pen., ritenendo sussistenti i relativi presupposti, alla luce de nuova formulazione della norma, tenuto conto della buona condotta susseguente al reato, lo stesso PM non avendo ritenuto di disporre misure cautelari reali sull’eserci commerciale, invocando subordinatamente la sola pena pecuniaria ovvero una detentiva che, cumulata con quella già irrogata per precedente condanna, consenta all’imputato di usufruire nuovamente del beneficio della sospensione condizionale.
La Corte d’appello di Torino, con ordinanza resa ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., rilevata la inappellabilità della sentenza ai sensi dell’art. 593, com cod. proc. pen., siccome di condanna alla pena sostitutiva del lavoro di pubblica utili ha riqualificato l’impugnazione in ricorso, avendo l’appellante dedotto anche la nul della sentenza, e disposto la trasmissione degli atti a questa Corte di legittimità.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ri
con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, oltre a una somma in favore della Cassa delle ammende.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
La condanna è intervenuta in ordine ai reati di cui alla rubrica, senza che si apprezz sia stata adeguatamente illustrata una modifica dell’imputazione che, peraltro, dev essersi anche tradotta in una lesione delle prerogative difensive, invero neppure allega dalla difesa. Sul punto, pare sufficiente un richiamo ai principi consolidati in materi ribadire che, intanto può evocarsi la violazione del principio di cui all’art 521, cod pen., in quanto si evidenzi la correlata compromissione di facoltà difensive. giurisprudenza ha / infatti, da tempo, chiarito che il principio di correlazion contestazione e sentenza è funzionale alla salvaguardia del diritto di difesa dell’imputa con la conseguenza che la sua violazione è ravvisabile quando il fatto ritenuto nel decisione si trovi, rispetto al fatto contestato, in rapporto di eterogeneità, ovvero q il capo d’imputazione non contenga l’indicazione degli elementi costitutivi del re ritenuto in sentenza, né consenta di ricavarli in via induttiva (Sez. 6, n. 1014 18/02/2015, COGNOME, Rv. 262802 – 01; Sez. 2, n. 21089 del 29/03/2023, COGNOME, Rv. 284713 – 02; Sez. 5 n. 7984 del 24/09/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254648 – 01). Tali principi sono stati, peraltro, ritenuti pienamente coerenti con quelli costituz racchiusi nella norma di cui al novellato art. 111 Costituzione, ma anche con l’art. 6 d Convenzione E.D.U., siccome interpretato, in base alla sua competenza esclusiva, dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a partire dalla nota pronuncia COGNOME c. Ita (Corte EDU 2 sez. 11 dicembre 2007); ma, anche successivamente, con la pronuncia del 22 febbraio 2018, COGNOME c. Italia (n.2), con la quale la Corte di Strasburgo ha escluso la violazione dell’art. 6 cit. nel caso in cui l’interessato abbia avuto una possib preparare adeguatamente la propria difesa e di discutere in contraddittorio sull’accus alla fine fòrmulata nei suoi confronti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nella specie, il Tribunale ha ritenuto integrate le condotte, siccome descritte nel c d’imputazione, ove si era originariamente contestata l’ipotesi di cui all’art. 440, cod. nella forma colposa, giusto il riferimento all’art. 452 stesso codice e il Tribunale no proceduto ad alcuna riqualificazione, avendo individuato una pena base pari al minimo della fattispecie contestata, senza operare alcun bilanciamento con le riconosciut attenuanti generiche.
3. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.
La difesa ha genericamente assunto, con argomenti neppur chiaramente esposti, l’esistenza di una contraddizione nel ragionamento esplicativo, invero non ravvisabile l’art. 516 cod. pen. punisce, infatti, la sola condotta di messa in vendita di ali adulterati (Sez. 3, n. 10237 del 15/02/2024, Fissore, Rv. 286037 – 01; Sez. 5, n. 13767
del 16/01/2024, COGNOME, Rv. 286434 – 01, in cui si è precisato che la fattispecie esame prescinde da ogni attività di adulterazione del prodotto e attiene alla sola fa successiva, di commercializzazione, in fattispecie di adulterazione di vino, in cui la C ha ritenuto esente da censure la sentenza di appello che aveva ritenuto responsabile l’imputato tanto della adulterazione del vino, quanto della messa in commercio dell bottiglie pronte per la messa in vendita; negli stessi termini, anche Sez. 3, n. 5906 del 15/10/2013, dep. 2014, Gorgoni, Rv. 258925 -1). Nella specie, l’imputato ha messo in vendita la merce, sapendo che la stessa era stata alterata con aggiunta di un additivo d lui stesso indicato agli organi accertatori, dalla cui etichetta era emersa la presenza sostanze nocive vietate, siccome accertato in giudizio anche attraverso apposito accertamento allegato alla comunicazione di notizia di reato.
4. Anche le due ultime censure sono manifestamente infondate.
Quanto al bisogno di pena, il Tribunale lo ha ricondotto al grado di pericolos dell’adulterazione accertata, in relazione al bene giuridico protetto, alla luce risultanze tecniche acquisite agli atti. Sul punto, pare sufficiente un richia consolidato orientamento in base al quale l’assenza dei presupposti per l’applicabili della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. deve motivarsi con riferimento alle concrete modalità di estrinsecazione del fatto, tali da generare pericolo significativo in termini di non esiguità (Sez. 4, n. 31843 del 17/5/2023, Na Rv. 285065 – 02), trattandosi di giudizio che richiede una valutazione complessiva e congiunta delle peculiarità della fattispecie concreta che tenga conto, ai sensi dell 133, comma 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno e del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/2/2016 Tushaj, Rv. 266590-01).
Infine, la pena individuata toglie ogni pregio all’ultima censura circa la manc concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, avendo la Corte ritenuto la non concedibilità dei doppi benefici posto che dal casellario era emersa un precedente condanna ad anni uno e mesi quattro di reclusione (vedi pag. 7 sentenza impugnata), ostativa al beneficio ai sensi dell’art. 164, comma 4, cod. pen.
All’inammissibilità segue, a norma dell’art. 616, cod. proc. pen., la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 30 settembre 2025.
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