Adesione Astensione Udienza: Quando la Difesa non Può Fermare il Processo
L’esercizio del diritto di difesa è un pilastro del nostro ordinamento, ma incontra limiti precisi, specialmente nelle procedure semplificate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce quando l’adesione astensione udienza da parte di un avvocato non obbliga il giudice a rinviare il procedimento, offrendo spunti cruciali sulla differenza tra udienza pubblica e udienza camerale non partecipata. Questo principio è stato affermato in un caso riguardante la detenzione di sostanze stupefacenti, dove i motivi di ricorso si sono scontrati con le rigide regole procedurali e i limiti del giudizio di legittimità.
Il Caso: Droga, una Condanna e un Appello Contestato
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per la detenzione a fini di spaccio di 450 grammi di marijuana. La Corte di Appello di Catania confermava la sentenza, ritenendo l’imputato l’unico responsabile della sostanza stupefacente, occultata vicino a un muretto e accessibile tramite un oblò che lui stesso aveva aperto. Il coimputato, invece, veniva assolto.
Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Violazione del diritto di difesa: Il difensore aveva formalmente aderito all’astensione dalle udienze proclamata dalle Camere Penali, ma la Corte d’Appello aveva proceduto ugualmente a decidere il caso.
2. Erronea valutazione delle prove: Secondo il ricorrente, la Corte territoriale aveva sbagliato ad attribuirgli la detenzione della droga, specialmente alla luce dell’assoluzione del coimputato.
La Decisione della Cassazione sull’Adesione Astensione Udienza
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi. La decisione si fonda su una netta distinzione procedurale e ribadisce i confini del proprio potere di revisione. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro.
Le Motivazioni della Corte
L’ordinanza della Suprema Corte offre chiarimenti importanti su due aspetti fondamentali del processo penale: l’efficacia dello sciopero degli avvocati e i limiti del sindacato di legittimità.
L’Inefficacia dell’Adesione allo Sciopero in Udienza Camerale
Il primo motivo di ricorso è stato considerato infondato. La Corte ha spiegato che, nel caso specifico, il processo d’appello si svolgeva secondo le regole dell’udienza camerale non partecipata, una modalità introdotta dalla disciplina emergenziale pandemica. In questo tipo di udienza, la presenza delle parti non è richiesta, a meno che non venga presentata una specifica e tempestiva richiesta di discussione orale.
Poiché la difesa non aveva avanzato tale richiesta, l’imputato non aveva un diritto effettivo a partecipare all’udienza. Di conseguenza, l’adesione astensione udienza del suo avvocato è stata giudicata priva di effetti. Se non c’è un diritto a partecipare, l’adesione allo sciopero non può creare un obbligo per il giudice di rinviare il procedimento. Questo principio, già affermato in precedenti sentenze, sottolinea come le modalità di svolgimento del rito processuale incidano direttamente sull’esercizio dei diritti difensivi.
La Rivalutazione dei Fatti non è Compito della Cassazione
Il secondo motivo è stato qualificato come ‘rivalutativo’. Il ricorrente, infatti, non denunciava un vizio logico o una violazione di legge nella motivazione della sentenza d’appello, ma chiedeva alla Cassazione una nuova e più favorevole lettura delle prove. La Suprema Corte ha ricordato che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio nel merito, ma di giudice della legittimità. Non può, quindi, riesaminare i fatti e sostituire la propria valutazione a quella, del tutto congrua e logica, espressa dai giudici dei gradi precedenti.
La Corte d’Appello aveva motivato in modo esauriente perché la droga fosse da attribuire esclusivamente al ricorrente, basandosi su elementi oggettivi come l’atto di aprire l’accesso al nascondiglio. Questa motivazione, essendo priva di palesi illogicità, non è censurabile in sede di legittimità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale per gli operatori del diritto: gli strumenti di difesa, come l’adesione a un’astensione, devono essere utilizzati in modo coerente con le regole procedurali del rito specifico. In un’udienza camerale non partecipata, l’unica via per garantire la discussione orale e, di conseguenza, dare efficacia a un’eventuale astensione, è la preventiva e formale richiesta di trattazione orale. In assenza di ciò, la difesa perde la possibilità di far valere il legittimo impedimento. Inoltre, la pronuncia conferma la consolidata linea della Cassazione nel respingere ricorsi che, mascherati da vizi di legittimità, mirano in realtà a ottenere una nuova valutazione del materiale probatorio, compito esclusivo dei giudici di merito.
Quando l’adesione del difensore a un’astensione dalle udienze è inefficace?
L’adesione è inefficace nel procedimento di appello che si svolge in udienza camerale non partecipata (come previsto dalla disciplina emergenziale pandemica) se la difesa non ha preventivamente richiesto la discussione orale. In assenza di tale richiesta, non sussiste un diritto a partecipare all’udienza, e quindi l’astensione non obbliga il giudice a rinviare.
Perché la Corte di Cassazione non ha riesaminato le prove nel merito?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove e i fatti per fornire una valutazione diversa. Poiché la motivazione della Corte d’Appello era congrua e non manifestamente illogica, la Cassazione l’ha ritenuta non censurabile.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo è condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è fissato equitativamente dal giudice in base ai motivi del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21045 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21045 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MODICA il 06/03/1998
avverso la sentenza del 10/07/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale Corte di appello di Catania ha confermato la condanna per il reato di cui all’art 73, comma d.P.R. 309/1990 in relazione alla detenzione a fini di cessione di grammi 450 di sostan stupefacente del tipo marijuana.
Il ricorrente deduce, con il primo motivo di ricorso, violazione del diritto di difesa dell’ posto che dal 10 al 12 luglio 2024 era stata indetta l’astensione dalle udienze e dall’unione d Camere Penali e il difensore aveva depositato dichiarazione di adesione all’astensione.
Con il secondo motivo di ricorso deduce erronea valutazione delle prove, avendo la Corte territoriale assolto correttamente il coimputato Figura NOMECOGNOME ma non il ricorrente, in o alla suddetta detenzione.
In relazione alla prima doglianza si osserva che correttamente il giudice a quo ha affermato che, in assenza di tempestive richieste di discussione orale, la dichiarazione di adesione all’astens collettiva proclamata dall’organismo di categoria è priva di effetti non avendo l’istante di partecipare all’udienza camerale. Al riguardo si richiama Sez. 4, n. 42081 del 28/09/2021 Rv. 282067, secondo cui, nel procedimento di appello, nel vigore della disciplina ennergenzial pandemica che prevede la trattazione in udienza camerale non partecipata, in mancanza di richiesta di discussione orale, l’adesione del difensore all’astensione dalle udienze proclam dai competenti organismi di categoria non implica l’obbligo per il giudicante di rinvi procedimento al fine di garantire il diritto di difesa.
La seconda doglianza è invece rivalutativa. Il ricorrente, riproponendo le medesime censure avanzate alla Corte territoriale, sostanzialmente in punto di fatto, tende ad ottenere in qu sede una diversa lettura delle stesse emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di meri sollecitandone una valutazione in fatto diversa e più favorevole, non consentita alla Cort legittimità. La doglianza, inoltre, trascura che la Corte di appello ha redatto una motiva del tutto congrua, fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente illogi avendo il giudice a quo ritenuto che la detenzione dello stupefacente occultato vicino ad un muretto fosse riferibile al solo ricorrente, che aveva aperto l’oblò che chiudeva l’accesso a vano, non essendo emersi invece elementi da cui desumere qualsiasi cointeressenza nella detenzione anche al Figura; come tale, quindi, non censurabile.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, pertanto, a norma dell’art. 616 cod. proc. p alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa ricorrente (Corte Cost. 7 -13 giugno 2000, n. 186) segue l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, di euro tremila;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, nella camera di consiglio del 14 marzo 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME