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Adeguatezza misura cautelare: la motivazione è d’obbligo

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia in carcere per il reato di ricettazione. Sebbene le prove del reato fossero state ritenute valide, la Corte ha rilevato una totale assenza di motivazione riguardo l’adeguatezza della misura cautelare applicata. La sentenza sottolinea che il giudice deve sempre spiegare perché ha scelto la misura più restrittiva, come la detenzione in carcere, e perché misure meno afflittive non sarebbero state sufficienti, riaffermando il principio di proporzionalità.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Adeguatezza Misura Cautelare: Perché la Scelta del Carcere Va Sempre Motivata

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 18272/2025, torna a ribadire un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico: la necessità di una motivazione specifica sull’adeguatezza della misura cautelare. Anche di fronte a gravi indizi di colpevolezza, il giudice non può applicare automaticamente la custodia in carcere, ma deve spiegare perché questa sia l’unica misura idonea a tutelare le esigenze cautelari. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo indagato per il reato di ricettazione di uno scooter. Secondo l’accusa, il veicolo rubato era stato utilizzato per compiere un altro grave reato. Sulla base degli elementi raccolti, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere.

L’indagato, tramite il suo difensore, aveva presentato un’istanza di riesame al Tribunale, sostenendo, tra le altre cose, di essere l’autore del furto e non della ricettazione (reato meno grave) e contestando la necessità di una misura così restrittiva. Il Tribunale aveva rigettato l’istanza, confermando la detenzione in prigione. Contro questa decisione, l’indagato ha proposto ricorso in Cassazione.

Il Principio di Adeguatezza della Misura Cautelare Secondo la Cassazione

Il ricorso si basava su due motivi principali, ma è il secondo ad essere stato accolto dalla Suprema Corte, determinando l’annullamento parziale del provvedimento. La difesa lamentava un ‘difetto radicale di motivazione’ in punto di adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere.

La Corte di Cassazione ha ritenuto questo motivo fondato, riscontrando un’assenza totale, persino ‘grafica’, di argomentazioni che giustificassero la scelta della misura più afflittiva. I giudici hanno ricordato che, sebbene non sia necessaria un’analitica dimostrazione dell’inidoneità di ogni altra misura, è comunque indispensabile che il giudice indichi gli elementi specifici (tratti dalla natura del reato, dalle modalità di commissione e dalla personalità dell’indagato) che lo portano a ritenere il carcere l’unica soluzione adeguata.

Le Motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha distinto nettamente i due profili del ricorso. Da un lato, ha ritenuto infondate le censure sulla gravità indiziaria. Il Tribunale del riesame aveva correttamente e logicamente analizzato gli elementi a disposizione, escludendo la tesi difensiva del furto e confermando l’ipotesi della ricettazione, così come la sussistenza delle esigenze cautelari legate al pericolo di reiterazione del reato.

Dall’altro lato, però, ha rilevato la grave lacuna motivazionale sulla scelta della misura. Il provvedimento impugnato si limitava a confermare la custodia in carcere senza spendere una sola parola sul perché misure meno invasive (come gli arresti domiciliari) fossero state ritenute inadeguate. Questo ‘silenzio’ costituisce una violazione di legge, in quanto non soddisfa neppure il ‘minimo standard motivazionale’ richiesto dalla giurisprudenza per comprimere un diritto fondamentale come la libertà personale.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, ma solo limitatamente al punto relativo all’adeguatezza della misura. Ha quindi rinviato il caso al Tribunale di Napoli, che dovrà procedere a un nuovo giudizio su questo specifico aspetto. Il Tribunale dovrà ora indicare, tenendo conto dei principi espressi dalla Cassazione, le ragioni concrete per cui ritiene applicabile una determinata misura cautelare, giustificando la scelta in relazione alle specifiche esigenze del caso. Questa sentenza rafforza la tutela della libertà personale, imponendo ai giudici un rigoroso obbligo di motivazione quando decidono di applicare la misura più severa prevista dal nostro ordinamento.

Per applicare la custodia in carcere è sufficiente la gravità del reato?
No. Secondo la Corte, la gravità del reato e le modalità di commissione sono elementi importanti per valutare le esigenze cautelari, ma non bastano da sole a giustificare la custodia in carcere. Il giudice deve fornire una motivazione specifica sull’adeguatezza di tale misura, spiegando perché opzioni meno restrittive non sarebbero sufficienti.

Cosa si intende per ‘difetto radicale di motivazione’ sull’adeguatezza della misura?
Significa che il provvedimento del giudice è completamente privo di qualsiasi argomentazione che spieghi la scelta della misura cautelare più grave. Nel caso di specie, la Corte ha parlato di ‘assenza (anche grafica) della motivazione’, indicando che non era stata spesa neanche una parola per giustificare perché il carcere fosse l’unica opzione praticabile.

Qual è la conseguenza dell’annullamento dell’ordinanza per difetto di motivazione sull’adeguatezza?
L’annullamento è parziale e con rinvio. Ciò significa che la valutazione sulla gravità indiziaria e sulle esigenze cautelari resta valida, ma il Tribunale deve riesaminare il solo punto dell’adeguatezza della misura. Dovrà quindi emettere una nuova decisione, correttamente motivata, che potrebbe confermare il carcere (spiegandone le ragioni) oppure sostituirlo con una misura meno afflittiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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