Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15090 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15090 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME, nato ad Avellino il DATA_NASCITA
NOME COGNOME, nato a Camposano il DATA_NASCITA
NOME NOME, nato in Svizzera il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/10/2023 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio per NOME COGNOME e NOME COGNOME, con riguardo, rispettivamente, all’adeguatezza della misura e alle esigenze cautelari e la inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME; sentiti i difensori dei ricorrenti, avvocato NOME COGNOME per NOME COGNOME e avvocato NOME COGNOME per i ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME, i
quali hanno insistito per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Napoli, con il provvedimento indicato in epigrafe, ha confermato l’ordinanza con la quale il giudice per le indadini preliminari del Tribunale di Noia aveva applicato a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere e a NOME COGNOME e NOME COGNOME, la misura degli arresti domiciliari per i reati di corruzione, concussione e altro, reati commessi in Camposano e Cicciano sino al marzo 2021.
2.Con i motivi di ricorso, sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. pro pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, i ricorren NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedono l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
In particolare:
2.1. NOME COGNOME, denuncia con un unico e composito motivo violazione di legge e vizio di motivazione anche per la mancata valutazione delle dichiarazioni, allegate in sede di udienza dallo stesso Pubblico Ministero, rese dalle architette NOME COGNOME e NOME COGNOME e alle dichiarazioni rese dall’architetto COGNOME, ritenuto longa manus del COGNOME stesso. Tali dichiarazioni consentono di escludere che sussistesse un particolare interesse del sindaco COGNOME alla formazione della commissione paesaggistica ai fini dell’approvazione del progetto di interesse del COGNOME sponsorizzato dall’NOME. La teste COGNOME, a smentita della ricostruzione accusatoria, ha riferito che COGNOME, disattendendo il suggerimento dell’COGNOME che premeva per la formazione del silenzio-assenso sul progetto, aveva disposto la trasmissione degli atti alla Soprintendenza per sollecitarne un parere vincolante, che fu negato. Il ricorrente COGNOME non è coinvolto in altre vicende ma unicamente in questa e le descritte risultanze documentali non sono state adeguatamente valorizzate conferendo così valore indiziante autosufficiente al contenuto delle conversazioni intercettate che sono smentite, dal dato testuale delle dichiarazioni delle testi escusse e dal complessivo esito della vicenda poiché l’iniziativa dell’ingegnere COGNOME sortì effetti contrari proposito dell’COGNOME.
2.2. NOME COGNOME denuncia:
2.2.1. nullità dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare genetica in relazione ai capi d) ed e) della rubrica per violazione dell’art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen.. E’ erronea la valutazione del Tribunale secondo cui l’eccezione difensiva – che indicava le pagine dell’ordinanza corrispondenti a quelle della richiesta – fosse “generica”, vieppiù nella parte in cui esamina la motivazione
dell’ordinanza cautelare con riferimento al reato di cui al capo c), che non aveva costituito oggetto di censura;
2.2.2. nullità dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare genetica in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari in quanto priva di autonome valutazioni del giudice e riproduttive delle argomentazioni contenute nella richiesta cautelare. Il ricorrente ha reiterato, con motivi nuovi, le censure già proposte;
2.3. NOME COGNOME denuncia:
2.3.1. violazione di legge processuale per il mancato riconoscimento della preclusione processuale in relazione ai reati di cui ai capi a), b) e c) in riferimento al principio di ne bis in idem cautelare e mancanza di motivazione. Sostiene il ricorrente che sussisteva preclusione all’esame della posizione cautelare in relazione ae, l’intervenuto annullamento del decreto di sequestro preventivo fondato sul medesimo materiale investigativo ( conversazioni intervenute fra le parti; sequestro di documentazione e dichiarazioni rese dal COGNOME, COGNOME e COGNOME);
2.3.2. violazione di legge, in relazione all’art. 292 cod. proc. pen., in relazione ai capi d) ed e) per mancata autonoma valutazione degli elementi indiziari da parte del giudice per le indagini preliminari. Il Tribunale ha ritenuto generica la deduzione difensiva che, invece, aveva puntualmente indicato come l’ordinanza cautelare costituisse la riproduzione della richiesta del Pubblico Ministero;
2.3.3. nullità dell’ordinanza per carenza di motivazione in punto di esigenze cautelari, mancanza di motivazione per travisamento delle deduzioni difensive e violazione dell’art. 292, comma 2 c-bis cod. proc. pen.. I più recenti episodi addebitati all’indagato, rispetto a quelli addirittura risalenti agli anni 2018., 201 e 2020, sono “coevi” alla esecuzione delle perquisizione dell’aprile 2021. Il Tribunale ha valorizzato il contratto intervenuto con il COGNOME nel settembre 2023 ma trascura la intervenuta revoca comprovata dalla produzione difensiva. Sono aspecifiche e astratte le considerazioni del Tribunale sulla previsione di “comunicazioni nefaste in vista di nuovi patti illeciti a mezzo chat e tramite validi collaboratori di studio”. Anche tale deduzione, come quelle che precedono, sono oggetto dei motivi nuovi
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME sono proposti per motivi generici e manifestamente infondati e vanno, pertanto dichiarati inammissibili, esito che, a meno che per l’adeguatezza della misura applicata, va dichiarato anche per il ricorso di NOME COGNOME.
2. Secondo l’ordinanza impugnata le vicende si inseriscono nell’ambito di una complessa attività di indagine che ha riguardato le condotte del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Camposano, architetto NOME COGNOME, negli anni 2020-2021 1in particolare reiterate condotte di mercimonio delle pubbliche funzioni poste in essere nell’esercizio dei suoi doveri di ufficio, avvalendosi della collaborazione del geometra NOME COGNOME, tese a favorire l’imprenditore nolano NOME COGNOME e le società da questi amministrate nella ideazione e realizzazione di progetti per la costruzione e ristrutturazione edilizia di struttur alberghiere e ricettive sul territorio. In particolare, nel corso di captazio telefoniche e ambientali, era emerso con chiarezza che nel periodo di monitoraggio, erano intervenuti evidenti accordi di natura economica tra il pubblico funzionario e l’imprenditore aspirante al rilascio di permessi e concessioni edilizie o, comunque, provvedimenti amministrativi favorevoli, finalizzati a favorire gli ambiziosi obiettivi di speculazione immobiliare della “RAGIONE_SOCIALE” nel Comune di Camposano. Le condotte emerse vedevano concentrarsi in capo alla persona di NOME COGNOME, nella doppia veste di pubblico funzionario e di tecnico di fiducia incaricato dall’imprenditore per curarne le pratiche di interesse, lo svolgimento di funzioni pubblicistiche e di quelle private che venivano, apparentemente, conferite al COGNOME e ad altri uomini di fiducia dell’COGNOME con incarichi meramente formali, soluzione, questa, confermata dal COGNOME e dal COGNOME nel corso dei loro interrogatori e avallata dalla documentazione rivenuta oltre che dal contenuto delle conversazioni intercettate.
3.11 ricorso di NOME COGNOME è proposto per motivi generici.
L’indagato, detenuto in regime di arresti domiciliari già sindaco del Comune ,í’ii – C=IrltA di Cicciano e dimessosi dalla carica che non propone motivi di impugnazione in merito alle esigenze cautelari, è coinvolto in un unico fatto, il reato di corruzione contestatogli al capo h) sulla base delle risultanze di intercettazioni (di cui è anche protagonista diretto) che sono state esaminate alle pagg. 21 e ss. dell’ordinanza impugnata e nella quale si rileva cle, effettivamente, l’interessamento del NOME, promosso dall’NOME, si è intrecciato con la nomina dei componenti della commissione paesaggistica e con le vicende descritte dalle testi NOME COGNOME e NOME COGNOME oltre che con l’iter seguito presso la Soprintendenza dalla pratica di interesse del 1lusco.
L’ordinanza impugnata illustra le conversazioni intrattenute dall’COGNOME, da un lato con il COGNOME, in merito all’approvazione del progetto di interesse registrando le insistenze dell’imprenditore per inserire quale progettista (e non solo collaudatore) NOME COGNOME; dall’altro le confidenze dell’COGNOME alla moglie, nello stesso senso; infine, i commenti dell’NOME, direttamente con COGNOME e,
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infine, la conversazione (pag. 24) di questi direttamente con il COGNOME ritenuta di “tenore inequivocabile” sull’interessamento del sindaco, in chiave corruttiva. Emerge, infatti, dalle conversazioni analizzate il patto collusivo laddove il sindaco conversa con COGNOME circa i compensi da corrispondere a COGNOME come in precedenza pattuiti con lui oltre a sollecitare all’imprenditore l’assunzione di tale NOME COGNOME esternandogli l’interesse ad ottenere sostengo elettorale per le prossime elezioni.
Le conversazioni intercettate registrano, altresì, il suggerimento dell’NOME a NOME per la nomina, quali componenti della commissione paesaggistica di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Come noto in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte di cassazione spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di meri abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Nel caso in esame, il ricorso omette il confronto con la motivazione del Tribunale e con le risultanze processuali esaminate valorizzando aspetti successivi della vicenda (il ruolo dell’COGNOME nelle decisioni assunte dalla commissione paesaggistica; le dichiarazioni rese dalle componenti, nominate su sollecitazione dell’NOME) che non possiedono, proprio perché riferibili all’intervento e alle decisioni di un soggetto diverso e successivi al patto corruttivo che sarebbe intervenuto a monte, valenza tale da inficiare il quadro indiziario, neppure in chiave di dubbio che, per essere rilevante, dovrebbe, perlomeno, essere tale da registrare, nelle iniziative della commissione e dell’COGNOME, un intervento diretto dell’indagato che questi neppure allega pur sostenendo che l’COGNOME veniva, genericamente, considerato una sua longa manus.
4.Anche il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile perché proposto per motivi generici e manifestamente infondati, nella parte in cui motivi evocano la violazione di norma processuali e, segnatamente, dell’art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen. per la mancata autonoma valutazione, da parte del giudice per le indagini preliminari, dei gravi indizi di colpevolezza. Non si sottraggono al rilievo di inammissibilità i motivi nuovi proposti dal ricorrente che risultano puramente reiterativi.
Il Tribunale del riesame ha disatteso l’eccezione difensiva illustrando specificamente gli elementi valorizzati nell’ordinanza impugnata soprattutto ai fini della qualificazione giuridica del fatto. Il motivo di ricorso è assertivo e non s confronta con le argomentazioni dell’ordinanza impugnata (pagg. 13 e 14), e, pur muovendo dall’analisi della motivazione dell’ordinanza cautelare con riguardo al capo c) – che non rii il ricorrente- estende ai restanti capi di imputazione l’analisi dell’iter motivazionale dell’ordinanza impugnata enucleando, rispetto alla condivisione da parte del giudice della ricostruzione dei fatti sviluppata dall’inquirente, le considerazioni analitiche, originali e personali, del giudice.
Il motivo di ricorso del COGNOME è connotato da un ulteriore motivo di genericità nella parte in cui il ricorrente non ha indicato aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario tali da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Sez. 1,n. 46447 del 16/10/2019, COGNOME, Rv. 277496).
4.1.11 motivo di ricorso che, in linea con le argomentazioni svolte sul punto dei gravi indizi, censura la mancanza di autonoma valutazione del giudice per le indagini preliminari sulla sussistenza delle esigenze cautelari si presta allo stesso esito non senza rilevare che, invece, l’ordinanza impugnata (pag. 26) aveva evidenziato il pericolo di reiterazione sottolineando – sulla scorta di puntuali riferimenti alle risultanze delle intercettazioni – che l’indagato si era posto disposizione dell’NOME nella sperimentazione di un sistema di corruttela seriale, offrendosene come prestanome e ritenendo irrilevante che i profitti auspicati non fossero stati conseguiti, per fattori esogeni (le indagini in corso).
5.11 ricorso di NOME COGNOME, come anticipato, è inammissibile a meno che per l’adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere.
5.1. E’ manifestamente infondato il primo motivo di ricorso non potendo ravvisarsi alcuna preclusione all’adozione della misura cautelare personale quale effetto dell’annullamento, disposto con ordinanza del 13 dicembre 2021 dal Tribunale del riesame, del decreto di sequestro preventivo della somma di euro 22.000,00. Si tratta, infatti, di giudizi che si fondano si presupposti giuridi (fumus/gravi indizi, e tutto diversi.
Né il motivo di ricorso estremamente sintetico e puramente evocativo della medesimezza del materiale consente di entrare nel merito delle valutazioni che il Tribunale ha compiuto per ritenere, viceversa, acquisiti i gravi indizi di colpevolezza del reato di corruzione (riconducibili alla vicenda NOME–COGNOME), in forza di elementi dichiarativi e risultanze delle intercettazioni diversi e ulterio
5.2. Anche il secondo motivo di ricorso è generico e manifestamente infondato.
Il Tribunale ha disatteso l’eccezione difensiva illustrando specificamente gli elementi a carico del ricorrente evidenziando che il giudice per le indagini preliminari aveva esaminato il tema della qualificazione giuridica del fatto escludendone la configurabilità come reato di corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 cod. pen.).
Il motivo di ricorso è assertivo e non si confronta con le argomentazioni dell’ordinanza impugnata, sviluppate alle pagg. 13 e 14.
Il ricorrente ha depositato motivi nuovi (in data 12 febbraio 2024) insistendo sul punto e richiamando le più recenti sentenze di questa Corte (ex multis sentenza n. 21925 del 2023) secondo le quali l’eccezione è fondata ove dal mero confronto letterale tra richiesta e ordinanza sia emerso contenuto identico e riproduzione testuale, evincibile dal mero confronto letterale tra la richiesta del Pubblico ministero e l’ordinanza essendosi il giudice limitato a riprodurre testualmente (finanche nella scelta dei lemmi introduttivi del discorso) l’esatto contenuto dell’istanza cautelare.
Si tratta, tuttavia, di una conclusione che risulta fondata sull’analisi testuale di un’ordinanza nella quale si dava atto, contrariamente al caso in esame, della carenza di una ragionata e consapevole rielaborazione di conclusioni condivise che, invece, l’ordinanza impugnata, secondo il giudizio di Tribunale ancorato alla individuazione di specifiche problematiche, anche in diritto, dei temi affrontati dal giudice per le indagini preliminari rispetto alla richiesta del Pubblico Ministero, consente di escludere in radice poiché, secondo tale ricostruzione, il giudice per le indagini preliminari non si è limitato alla mera riproduzione della richiesta ma ne ha fatto oggetto, su un punto di primario rilievo quale quello della qualificazione giuridica, di autonoma valutazione.
5.3. Come anticipato è fondato il terzo motivo di ricorso sulla conferma, quale unica misura adeguata a realizzare le finalità di prevenzione del pericolo di reiterazione di fatti analoghi, della custodia cautelare in carcere. Ne consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata, in punto di adeguatezza della misura, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen..
La motivazione dell’ordinanza impugnata (pag.27), dà atto di come NOME COGNOME, da un lato, abbia dismesso cariche pubblicistiche e, dall’altro come siano perduranti i rapporti con l’imprenditore COGNOME, dopo averne richiamato i legami (vischiosi) con membri degli apparati amministrativi, non ultimi i componenti della commissione paesaggistica istituita il 27 maggio 2021 presso il Comune di Camposano individuati in NOME COGNOME e NOME COGNOME, descritte come figure professionali legate all’COGNOME e i cui nominativi aveva egli stesso suggerito al sindaco NOME.
Il Tribunale, pur dando atto della cessazione degli incarichi pubblicistici dell’NOME ha ritenuto che tale cessazione non elida in alcun modo la pericolosità dell’indagato: l’attualità e la gravità del pericolo discendono, infatti, dalla capacit che l’NOME ha dimostrato in maniera prepotente di poter operare proprio grazie la rete di connivenze e di omertà instaurate e grazie a scambi di favori di cui e sono emblematiche la vicenda relativa al capo h). Se è vero che i fatti si fermano al 2021 e che l’NOME non svolge attualmente incarichi pubblicistici è anche vero che continua a svolgere attività professionale sempre per società riconducibili a COGNOME e vanta una rete di conoscenze in quell’ambito territoriale facili da allertare all’occorrenza. Malgrado le perquisizioni e i sequestri subiti l’indagato ha continuato a delinquere mostrando così la mancanza totale di resipiscenza e consapevolezza e dimostrando spregiudicatezza. , pertanto, concluso che unica misura adeguata scongiurare il rischio di reiterazione è quella in atto poiché gli arresti domiciliari, da eseguirsi nel contesto territoriale, non appaiono idonei ad impedire che l’indagato riprenda le comunicazioni nefaste con esponenti della pubblica amministrazione e imprenditori concordando ulteriori fatti illeciti.
Ritiene la Corte che le argomentazioni svolte dal Tribunale non si confrontano con il principio di adeguatezza e proporzionalità della misura che, al fine di evitare l’imposizione di restrizioni della libertà dell’indagato più ampie rispetto a quell funzionali a prevenire la reiterazione di delitti della stessa specie, implica l’apprezzamento del “tipo” di recidiva che si intende contrastare, ovvero della gravità dei reati che si ritiene probabile possano essere nuovamente commessi, con una valutazione necessariamente ancorata al momento di applicazione della misura poiché le esigenze cautelari devono essere concrete e attuali.
Il Tribunale non ha esaminato comparativamente l’adeguatezza della misura applicata rispetto a misure meno afflittive e ha valorizzato aspetti (la reiterazione delle condotte illecite e il negativo giudizio sulla personalità), nei quali il giudi di adeguatezza e proporzionalità è stato sovrapposto a quello, generico, di pericolosità sociale e, pertanto, del tutto ragionevolmente, ritenuto rilevante ai fini della sussistenza delle esigenze cautelari ma non altrettanto ragionevolmente messo in comparazione con le concrete esigenze cautelar’ da prevenire attraverso la misura.
Apoditticamente, inoltre, il Tribunale ha ritenuto irrilevante la cessazione dei rapporti tra l’indagato e il COGNOME oltre alla dismissione di cariche pubblicistiche e trascurando, altresì, che, per commettere ulteriori reati dello stesso genere, il ricorrente dovrebbe necessariamente avvalersi di altri soggetti, ancora in servizio nei settori di interesse, collaborazione genericamente postulata con riferimento alle modalità di commissione dei fatti che, tuttavia, erano fondate sull’inserimento
fattivo del ricorrente nella pubblica amministrazione, depotenziate dalla perdita delle funzioni pubblicistiche.
Viceversa, la dismissione degli incarichi e dei rapporti con l’imprenditore, anche tenuto conto del decorso del tempo tra i reati commessi, l’applicazione della misura e la sua permanenza impone di verificare, in termini di attualità, l’adeguatezza della misura.
6.Alla inammissibilità dei ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si reputa equo determinare come in dispositivo.
La cancelleria è incaricata degli adempimenti di cui all’art. 94, comma iter, disp. att. cod. proc. pen. in relazione alla posizione di NOME COGNOME.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente all’adeguatezza della custodia in carcere, e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di COGNOME. Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME e di COGNOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa dele ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 6 marzo 2024