Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1769 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1769 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Corigliano-Rossano il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/06/2023 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME AVV_NOTAIO; Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso; letta la memoria di replica e conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Catanzaro ha respinto l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 2 maggio 2023 con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro aveva applicato al ricorrente la misura dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza con permanenza notturna
e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria tre volte a settimana, in relazione ai reati di cui all’articolo 73, comma d.P.R. 309 del 1990, contestati ai capi 13) e 14). Oggetto di contestazione sono l’acquisto di una partita di droga tipo cocaina, operazione consumata in epoca anteriore antecedente al 28 novembre 2020, e altra condotta di acquisto, accertata il 28 novembre 2020 in occasione dell’arresto di NOME COGNOME, incaricato della consegna della droga, costituita da una partita di cocaina del peso di 193 gr. Il ricorrente è stato individuato come mediatore delle operazioni di cessione in favore di NOME COGNOME e del padre di questi, NOME.
2.NOME COGNOME chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata con ricorsi proposti dai difensori, avvocato NOME COGNOME e avvocato NOME AVV_NOTAIO COGNOME, questi, nelle more, revocato.
Con i motivi, sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., ne limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, denuncia:
Ricorso avvocato COGNOME:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione, anche per omesso esame della memoria difensiva depositata all’udienza camerale del 22 giugno 2023, in relazione al contenuto delle conversazioni intercettate il 28 novembre progressivi numero 1468, 1469 ai fini della sussistenza e qualificazione del fatto di cui al capo 14) come delitto di cui agli artt. 56 cod. pen. e 73-bis.1. d.P.R. 309/1990. Sostiene che dalla complessiva e logica valutazione delle conversazioni intercettate emerge che i potenziali acquirenti dello stupefacente, NOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME, si erano accordati con NOME COGNOME per incontrarsi al fine di effettuare un acquisto di sostanza stupefacente di qualità superiore a quella già ricevuta il precedente 3 ottobre 2020, senza esprimere alcuna indicazione in ordine alla verifica e qualità del prezzo, circostanze, queste, che avrebbero determinato l’acquisto, previa verifica della qualità dell9 sostanza e solo in caso di esito positivo, che non si è verificato a causa dell’arresto di NOME COGNOME. L’ordinanza impugnata omette di rilevare questo dato – rilevante ai fini del perfezionamento dell’accordo tra le parti – che incide sulla configurabilità del reato;
2.2. violazione di legge per la mancata applicazione della fattispecie dell’acquisto per consumo di gruppo in relazione ai capi 13) e 14). La motivazione dell’ordinanza impugnata è contraddittoria perché, dapprima, il Tribunale ha ritenuto che la destinazione allo spaccio risiederebbe nel solo dato quantitativo e, nel prosieguo, ha richiamato le chiare ed inequivoche conversazioni dalle quali, tuttavia, non emerge alcun elemento che denota la finalità di spaccio laddove alcune delle conversazioni (del 27 novembre e 30 dicembre 2020) rimandano
proprio all’uso personale della cocaina da parte dei loquenti e del ricorrente, in particolare;
2.3. mancanza di prova in ordine alla destinazione a terzi della sostanza stupefacente, dato questo ricavato unicamente dal numero di dosi ricavabili dalla droga sequestrata al COGNOME, dalle modalità di confezionamento e dalle condizioni economiche dell’operazione, trascurando che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il mero superamento dei criteri tabellari non è idoneo a giustificare la cessione a terzi, che deve essere debitamente comprovata dall’Accusa;
2.4. violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari trascurando che le condotte sono riferibili al 28 novembre 2020, ossia tre anni antecedenti all’applicazione della misura, in mancanza del coinvolgimento gli COGNOME in una successiva attività di spaccio e dalla mancata valutazione della personalità del ricorrente
Ricorso avvocato COGNOME
2.5.nullità dell’ordinanza impugnata per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e cumulativi vizi di motivazione non essendo indicati elementi indiziari sufficienti della sussistenza dell’accordo e della destinazione alla cessione. Il Tribunale ha valorizzato il mero dato quantitativo che, in assenza di sequestri, non è idoneo a rendere configurabile il reato, tenuto conto, altresì, della carenza di ulteriori prove al riguardo;
2.6. nullità dell’ordinanza impugnata per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e cumulativi vizi di motivazione in relazione alla sussistenza di esigenze cautelari non essendo indicati elementi concreti e attuali dai quali inferire il pericolo di reiterazione.
Il ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 137 del 28 ottobre 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 18 dicembre 2020, la cui disciplina continua ad applicarsi per effetto della proroga da ultimo disposta dall’art. 17 del dl. 22 giugno 2023 n. 75.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile perché proposto per motivi generici e manifestamente infondati.
2.11 Tribunale del riesame ha ritenuto acquisiti gravi indizi di colpevolezza sul coinvolgimento del ricorrente, quale mediatore, nelle operazioni di acquisto di droga facenti capo a NOME COGNOME che, attraverso il padre NOME, era
collegato all’attività di spaccio di sostanze stupefacenti nel gruppo facente capo a NOME COGNOME e NOME COGNOME, individuati quali referenti della ndrina COGNOME–COGNOME, capace di intavolare trattative per l’importazione di importanti partite di cocaina dal Sudamerica e, come è capitato proprio nella vicenda in esame, dalla Germania.
Nell’ordinanza impugnata si dà atto che l’odierno ricorrente era sottoposto ad intercettazioni telefoniche sull’utenza a lui in uso con operazioni di intercettazione in corso dal mese di settembre 2020 quando veniva intercettato (il 23 e 24 settembre), subito dopo un incontro avuto con NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il Tribunale ha esaminato il contenuto delle conversazioni intercettate ed ha ritenuto accertata, attraverso il riferimento al debito per la precedente cessione, sia l’operazione di consegna al COGNOME risalente ai primi giorni del mese di ottobre che quella del 28 novembre 2020, non perfezionatasi a causa dell’arresto di NOME COGNOME, trovato in possesso di 193 grammi di cocaina.
Il Tribunale ha evidenziato il contenuto GLYPH criptico delle conversazioni intercettate – che denotano il comune riferimento a operazioni di cessione – e, in particolare, a carico del ricorrente, la conversazione del 23 ottobre 2020 (tra NOME COGNOME e NOME COGNOME) dalla quale emerge il ruolo dell’COGNOME e, soprattutto, la conversazione del 26 novembre 2020, intercorsa tra il ricorrente e NOME COGNOME, ritenuta particolarmente significativa perché rivela il malcontento del COGNOME rispetto al ritardo nella consegna, tenuto conto che aveva approntato la macchina organizzativa per le successive cessioni.
I tentativi del ricorrente di contattare NOME COGNOME nei giorni 26 e 27 novembre e le conversazioni, nel frattempo, intrattenute con NOME COGNOME; le rassicurazioni ricevute dal COGNOME sul suo arrivo imminente, immediatamente girate al COGNOME, sono state valorizzate nell’ordinanza impugnata (pag. 9 e ss.) per ricostruire l’operazione di consegna, fallita in conseguenza dell’arresto del COGNOME, e sono state esaminate ai fini della qualificazione del fatto di cui al capo 14) come reato di cessione, consumato per effetto dell’accordo, escludendo, in ragione del dato quantitativo, l’apodittica allegazione della destinazione della partita di droga all’uso di gruppo ovvero la qualificazione del fatto nella fattispecie tentata.
3.E’ di tutta evidenza che i motivi di ricorso non si confrontano con le argomentazioni del Tribunale che, sulla base di una puntuale disamina del contenuto delle conversazioni intercettate e della loro concatenazione ha ritenuto accertata sia l’identificazione del COGNOME, quale destinatario della consegna della partita di cocaina caduta in sequestro il 28 novembre 2020, in occasione dell’arresto di NOME COGNOME, sia, avuto riguardo al tenore del messaggio
indirizzato al ricorrente dal COGNOME sull’importo dovutogli a saldo della precedente consegna, l’ingerenza dell’indagato nelle operazioni di acquisto.
Correttamente il ricorrente è stato individuato come il mediatore delle operazioni sulla scorta dei contatti telefonici intrattenuti con NOME COGNOME e con NOME COGNOME, in relazione all’operazione di cui al capo 13), anche perché il ricorrente si era dimostrato attivo nel recuperare le somme per il pagamento delle spettanze del COGNOME (in tal senso, pag. 5, l’ordinanza impugnata ha valorizzato il contenuto della conversazione dell’8 ottobre 2020, nella quale rassicurava NOME COGNOME “di avere preso i limoni” e in relazione all’operazione di cui al capo 14), avuto riguardo alla sequenza e contenuto delle conversazioni intercettate, innanzi sintetizzati.
4.Le risultanze di prova sono state apprezzate, senza cadute logiche, dal Tribunale del riesame per escludere la sussunzione del fatto nell’ipotesi di consumo di gruppo poiché, pur essendo provato il consumo di droga da parte del COGNOME (che questi aveva contabilizzato con il padre nel corso della conversazione descritta a pag. 9 dell’ordinanza impugnata) e dello stesso ricorrente, la tipologia, quantità della droga e le modalità del fatto (cioè l’importazione dalla Germania) escludono che sia configurabile nei fatti la fattispecie riconducibile all’uso personale ovvero al cd. acquisto per uso di gruppo.
Il dato quantitativo è stato correttamente sottolineato dal Tribunale per ritenere comprovata la destinazione allo spaccio anche tenuto conto del descritto contesto criminale in cui le condotte si inseriscono, quali attività collaterali d RAGIONE_SOCIALE NOME, padre di NOMENOME che dirige le operazioni di questi e ne sollecita i contatti con il ricorrente.
L’acquisto comune, che implica la irrilevanza del fatto, presuppone, inoltre, la ricorrenza di condizioni, nel caso tutte e ciascuna, insussistenti quali la prova della parziale coincidenza soggettiva parziale tra acquirente e assuntore dello stupefacente; la certezza sin dall’origine dell’identità dei componenti il gruppo; la condivisa volontà di procurarsi la sostanza destinata al paritario consumo personale; l’intesa raggiunta in ordine al luogo e ai tempi del consumo; l’immediatezza degli effetti dell’acquisizione in capo agli interessati senza passaggi intermedi (Sez. 4, n. 6782 del 23/01/2014, COGNOME, Rv. 259285).
Infine, il contenuto delle conversazioni, la loro cadenza e il contenuto del messaggio inviato da NOME COGNOME sul cellulare dell’COGNOME denotano, a livello gravemente indiziario, che, in relazione al reato di cui al capo 14), non si era in presenza di una mera trattativa ma di un vero e proprio accordo seguito dalla consegna.
Tale aspetto è stato esaminato dal Tribunale (cfr. pag. 10 dell’ordinanza impugnata) che ha, pertanto, preso in considerazione la memoria difensiva, pur non richiamandola formalmente, nella quale l’odierno ricorrente aveva sollevato il tema della qualificazione giuridica del fatto proprio avuto riguardo alla formazione dell’accordo tra le parti: il motivo di ricorso sul punto è, pertanto, manifestamente infondato e le conversazioni allegate – a comprova della tesi difensiva – si rivelano irrilevanti poiché NOME COGNOME e NOME COGNOME, ignorando che il predetto era stato arrestato, si limitano a commentare il negativo comportamento del COGNOME, non comparso all’appuntamento e che neppure aveva avvertito del ritardo.
Ne consegue la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso sintetizzati ai punti 2.2, 2.3 e 2.5, nella parte in cui contestano la qualificazione giuridica del fatto.
5.Quanto alle esigenze cautelari, contestate con i motivi sub 2.4 e 2.6, il Tribunale ha evidenziato che il modus operandi e la spregiudicatezza dell’indagato conclamano il pericolo di reiterazione palesato dalle peculiari modalità organizzative del fatto che ne escludono la occasionalità e che rivelano i collegamenti dell’indagato con ambienti criminali dediti al traffico di stupefacenti.
Ciondimeno, valorizzata la incensuratezza dell’COGNOME, è stata ritenuta idonea a evitare il pericolo di reiterazione, impedendo ulteriori contatti con il circuito del traffico, in parte eseguiti all’estero, e con i referenti, a valle, dediti spaccio, l’applicazione cumulativa delle misure dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza con permanenza in casa in ora notturna e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria tre volte a settimana.
Le conclusioni del Tribunale sono ineccepibili e bilanciano, in sede di scelta della misura da applicare, la necessità di prevenzione del pericolo di reiterazione con gli elementi che la difesa ha allegato a sostegno della insussistenza delle esigenze quali la risalenza del fatto e il numero di operazioni nelle quali l’indagato è stato coinvolto.
Sono logiche le argomentazioni con le quali il Tribunale ha valorizzato la dedizione dell’indagato alla commissione di reati in materia di stupefacenti sottolineando la consistenza delle operazioni ma anche il ricorso a modalità particolari, quali quelle che hanno comportato il contatto con il COGNOME, operante all’estero.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. I ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. Considerato che non vi è ragione di
ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 21 dicembre 2023
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