Acquisto di Cose di Sospetta Provenienza: La Cassazione e i Doveri del Compratore
L’acquisto di cose di sospetta provenienza è un reato che mira a colpire quelle condotte che, pur non integrando la ricettazione, alimentano il mercato dei beni di origine illecita. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione, la n. 44865/2024, offre importanti chiarimenti sui doveri di diligenza che incombono su chi acquista beni, specialmente se opera in settori professionali come quello dei ‘Compro Oro’.
Il Caso: Un “Compro Oro” e un Acquisto Sospetto
Il caso esaminato riguarda il titolare di un’attività ‘Compro Oro’, condannato in sede di merito per il reato di cui all’art. 712 del codice penale. L’imputato aveva acquistato un ingente quantitativo di oro da un soggetto, senza porsi domande sulla sua provenienza. La transazione, inoltre, presentava delle anomalie: il pagamento era stato suddiviso in due ‘tranche’, a distanza di un giorno, e l’acquisto non era stato regolarmente registrato.
Contro la sentenza di condanna, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, contestando la valutazione delle prove, in particolare la credibilità di un testimone, e la logicità della motivazione che aveva portato alla sua dichiarazione di responsabilità.
La Decisione della Corte sull’acquisto di cose di sospetta provenienza
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale del processo penale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non di sostituire la propria valutazione delle prove a quella del giudice di merito.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza fosse esente da vizi logici e giuridici, spiegando in modo chiaro le ragioni del convincimento dei giudici.
Le Motivazioni
La decisione della Corte si fonda su argomentazioni precise e rigorose. Vediamo nel dettaglio i punti chiave.
Gli Indizi di Colpevolezza
Il giudice di merito aveva correttamente individuato una serie di elementi che, nel loro complesso, giustificavano la condanna per acquisto di cose di sospetta provenienza. Questi elementi erano:
1. L’enorme quantitativo di merce: L’acquisto di una quantità così grande di oro avrebbe dovuto, di per sé, far sorgere dei dubbi nell’acquirente professionale.
2. Il pagamento dilazionato: Il fatto che il pagamento fosse avvenuto in due momenti diversi avrebbe dato all’imputato il tempo materiale per effettuare delle verifiche sulla provenienza dei preziosi.
3. La testimonianza: Le dichiarazioni del testimone chiave sono state ritenute pienamente attendibili, anche a fronte di piccole imprecisioni, considerate dalla Corte come un segno di sincerità, dato il tempo trascorso (circa 4 anni) tra i fatti e la deposizione.
4. La mancata registrazione: L’omessa annotazione dell’acquisto nei registri obbligatori è stata interpretata come un comportamento sintomatico, volto a nascondere un’operazione di cui l’imputato stesso sospettava l’illiceità.
La Mancata Applicazione di Attenuanti e della “Tenuità del Fatto”
Il ricorso contestava anche il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e l’inapplicabilità dell’art. 131-bis c.p. (non punibilità per particolare tenuità del fatto). Anche su questo punto, la Cassazione ha ritenuto la decisione del giudice di merito ben motivata. Il diniego si basava su due fattori: l’elevato valore dei preziosi acquistati e l’assenza di elementi positivi e apprezzabili a favore dell’imputato.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un messaggio chiaro per tutti gli operatori commerciali, in particolare per coloro che trattano beni usati di valore. L’obbligo di diligenza nell’accertare la provenienza della merce non è una mera formalità. Ignorare segnali di allarme evidenti, come la quantità sproporzionata dei beni o l’assenza di documentazione, e omettere le registrazioni obbligatorie, può integrare il reato di acquisto di cose di sospetta provenienza. La sentenza sottolinea che la professionalità dell’acquirente impone un grado di attenzione superiore, la cui violazione non può trovare scusanti in sede giudiziaria.
Quando un acquisto può essere considerato di sospetta provenienza secondo la Cassazione?
Secondo la Corte, un acquisto è di sospetta provenienza quando, per le sue circostanze (come l’enorme quantità di merce) e la mancanza di documentazione, un acquirente ragionevole, specialmente se professionale, dovrebbe dubitare della sua origine lecita. La mancata registrazione dell’operazione è un forte indizio del sospetto.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove, come la testimonianza di una persona?
No, il provvedimento chiarisce che la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o le prove. Il suo compito è verificare che il giudice precedente abbia applicato correttamente la legge e che la sua motivazione sia logica e non contraddittoria, non può fare una nuova valutazione delle testimonianze.
Perché sono state negate le attenuanti generiche e la non punibilità per tenuità del fatto?
La Corte ha confermato la decisione di negare le attenuanti e la non punibilità perché il valore della merce acquistata era molto elevato (‘cospicuo’) e non erano emersi elementi positivi a favore dell’imputato che potessero giustificare una riduzione di pena o l’esclusione della punibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44865 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44865 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAN FERDINANDO DI PUGLIA il 07/10/1961
avverso la sentenza del 17/06/2022 del TRIBUNALE di FOGGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOMECOGNOME
Ritenuto che l’unico, articolato motivo di ricorso, con il quale si contesta la corrette della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all 712 cod. pen., non è consentito dalla legge, perché sollecita una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di appello, i nella pienezza della giurisdizione di merito, con motivazione esente da vizi logici e giuridici esplicitato le ragioni del suo convincimento, premettendo la piena attendibilità della teste COGNOME (la cui narrazione è stata sottoposta ad attento scrutinio), ritenendo che: a) l’imputato, se interrogarsi sulla provenienza dell’enorme quantitativo di merce vendutogli dalla COGNOME l’aveva acquistata; b) essendo la dazione del denaro avvenuta in due tranches a distanza di un giorno, l’imputato avrebbe potuto verificare la provenienza dell’oro; c) le marginali imprecisi nella dichiarazione della teste appaiono manifestazione di sincerità del racconto, in quant quest’ultima si era recata presso il RAGIONE_SOCIALE dell’imputato circa 4 anni prima della sua deposizione; d) la mancanza della registrazione dell’acquisto appare sintomatica del sospetto da parte dell’imputato della provenienza illecita della merce;
che le doglianze dirette a contestare il diniego delle circostanze attenuanti generiche nonché la mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., non sono parimenti consentite e risultano comunque manifestamente infondate in presenza di una congrua motivazione che mette correttamente in luce il valore cospicui dei preziosi e l’assenza di elementi positivament apprezzabili (peraltro, non indicati neppure dal ricorrente);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 29 ottobre 2024
Il Co sigliere estensore
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Il Pre dente