Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30309 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30309 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
un COGNOME nato in Cina il 09/09/1984
avverso la sentenza del 26/09/2024 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
lette per l’imputato le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 26/09/2024, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza emessa in data 28/03/2023 dal Tribunale di Prato, confermata l’affermazione di responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 2 d.lgs 74/2000, rideterminava la pena inflitta all’imputato in mesi sei di reclusione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, articolando sei motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 190, 191, 194, 507 e 526 cod.proc.pen. e 111 Cos.,
Lamenta che il giudice di primo grado con provvedimento del 20.01.2023 aveva acquisito d’ufficio ex art. 507 cod.proc.pen. nuovi elementi probatori a mezzo di informazioni presso terzo (Agenzia delle Entrate), fuori dalla sede dibattimentale ed in violazione del principio del contraddittorio; tali elementi erano stati posti a fondamento della sentenza di condanna quali elementi decisivi per l’affermazione di responsabilità; siffatte prove erano inutilizzabili ed il vizio e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento; rimarca che l’art. 507 cod.proc.pen. non contempla l’assunzione di informazioni presso un soggetto terzo, ma solo la testimonianza assunta in contraddittorio tra le parti.
Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 603 e 586 cod.proc.pen. Lamenta che la Corte di appello con le ordinanze del 17.5.2024 e del 14.6.2024 aveva disposto d’ufficio la parziale rinnovazione istruttoria mediante acquisizione di documentazione ed assunzione di testimonianza, senza motivare in ordine all’assoluta necessità delle prove; le ordinanze erano, pertanto, nulle ed inutilizzabili le prove acquisite.
Con il terzo ed il quarto motivo deduce vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato contestato.
Lamenta che l’affermazione di responsabilità era stata basata sulle presunzioni tributarie, che costituivano meri indizi e non consentivano una condanna “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
Con il quinto ed il sesto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche e della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod.pen.
Lamenta che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto che la precedente pronuncia ex art. 131-bis cod.pen. fosse ostativa sia al riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche, quale precedente penale, che all’applicabilità dell’art. 131-bis cod.pen. perché connotante come abituale il comportamento dell’imputato; inoltre, erroneamente, era stato ritenuto non valutabile ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche l’avvenuto pagamento del debito tributario.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il tema riguarda la possibilità per l’imputato e per la sua difesa di conoscere il materiale probatorio (nella specie la documentazione acquisita dal Tribunale in base al disposto di cui all’art. 507 cod.proc.pen.) e potersi difendere rispetto al relativo contenuto.
In proposito è utile far cenno alla decisione delle Sezioni Unite (Sez. Un. COGNOME, Sent. n. 33748 del 12/07/2005 Rv. 231676) secondo la quale «Resta pur sempre ineludibile, tuttavia, che il documento venga legittimamente acquisito al fascicolo per il dibattimento nel contraddittorio fra le parti, derivandone ex adverso, in caso di privata conoscenza del giudice non mediata dalla partecipazione dialettica delle parti alla formazione della prova, l’inutilizzabilit probatoria dello stesso ai fini della deliberazione secondo il chiaro disposto dell’art. 526 comma 1 cod. proc. pen.».
Nella specie, come evincibile dal contenuto del relativo verbale, all’udienza del 7.3.2023, si dava atto del deposito della documentazione acquisita, alla presenza del difensore dell’imputato, che, quindi, veniva messo in condizione di esaminare la documentazione ed interloquire in merito.
Non vi è stata, pertanto, una violazione concreta del diritto – di rilevanza costituzionale (art.111 Cost) – al contraddittorio, essendo stata la documentazione acquisita dal Giudice di primo grado sottoposta a confronto con le parti processuali in seno al processo, con possibilità di interlocuzione e difesa.
Il motivo, peraltro, presenta anche un profilo di inammissibilità.
La doglianza è priva della necessaria specificità perché è formulata senza in alcun modo prospettare a questa Corte la possibile, ed in ipotesi, decisiva influenza degli elementi asseritamente inutilizzabili sulla complessiva motivazione posta a fondamento della affermazione di responsabilità.
Questa Corte, con orientamento (Sez.2, n.7986 del 18/11/2016, dep.20/02/2017, Rv.269218; Sez.6,n.18764 del 05/02/2014, Rv.259452;Sez. 4, n. 18764 del 5.2.2014, Rv. 259452; Sez. 3, n. 3207 del 2.10.2014, dep. 2015, Rv. 262011) che il Collegio condivide e ribadisce, ha, infatti, osservato che, nei
casi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità o la nullità di prova dalla quale siano stati desunti elementi a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l’espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l’iden convincimento; gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha evidenziato in sentenza che la parziale rinnovazione istruttoria (acquisizione del verbale ispettivo del 27.02.2014 redatto da funzionari dell’Ufficio di Prato dell’Agenzia delle Entrate e l’escussione a chiarimenti del teste COGNOME) era stata disposta per l’incompletezza del materiale probatorio, aspetto, peraltro, anche oggetto di doglianza da parte del difensore dell’imputato.
In tal modo, risulta adeguatamente giustificato l’esercizio del potere di rinnovazione istruttoria di cui all’art. 603, comma 3, cod.proc.pen., risultando, anche, dalla complessiva motivazione della sentenza, che gli elementi istruttori acquisiti concernevano punti di decisiva rilevanza.
Va ricordato che secondo la condivisa affermazione di questa Corte, il giudice di appello che dispone la rinnovazione istruttoria, sia che proceda su sollecitazione di parte ex art. 603, comma 1, cod. proc. pen., sia che provveda d’ufficio ex art. 603, comma 3, cod. proc. pen., può motivare implicitamente, all’atto dell’adozione della relativa ordinanza, di natura istruttoria, in ordine alle ragioni che la rendono necessaria, sviluppando il processo argomentativo in sentenza, posto che ciò risulta coerente con la previsione dell’art. 586 cod. proc. pen., in forza del quale l’impugnazione avverso le ordinanze emesse nel corso del dibattimento può essere proposta solo con l’impugnazione della sentenza (Sez.3 n. 1455 del 10/11/2023, dep.12/01/2024, Rv.285736 – 01). Da tanto discende l’infondatezza delle doglianze proposte.
Il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono inammissibili.
Il ricorrente con i motivi in esame propone censure meramente contestative prive di specifico confronto con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata (confronto doveroso per l’ammissibilità dell’impugnazione, ex art. 581 cod.proc.pen., perché la sua funzione tipica è quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso, cfr Sez.6, n.20377 del 11/03/2009, Rv.243838; Sez.6, n.22445 del 08/05/2009, Rv.244181).
Il quinto ed il sesto motivo di ricorso sono inammissibili.
Manifestamente infondata è la censura relativa al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, il giudice nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti; è sufficiente che egli fac riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione, individuando, tra gli elementi di c all’art.133 cod.pen., quelli di rilevanza decisiva ai fini della connotazione negativa della personalità dell’imputato (Sez.3, n.28535 del 19/03/2014, Rv.259899; Sez.6, n.34364 del 16/06/2010, Rv.248244; sez. 2, 11 ottobre 2004, n. 2285, Rv. 230691).
Nella specie, la Corte territoriale, con motivazione congrua e logica, ha negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche a cagione dei precedenti penali.
Ha, quindi, ritenuto assolutamente prevalente il richiamo, sia pure implicito, alla personalità negativa dell’imputato, quale emergente dal certificato penale, per negare l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche (cfr in merito alla sufficienza dei precedenti penali dell’imputato quale elemento preponderante ostativo alla concessione delle circostanze attenuanti generiche, Sez.2, n.3896 del 20/01/2016, Rv.265826; Sez.1, n.12787 del 05/12/1995, Rv.203146).
La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è, pertanto, giustificata da motivazione congrua ed esente da manifesta illogicità, che è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419).
La censura relativa al diniego di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod.pen. è generica.
La Corte di appello ha evidenziato quali elementi ostativi al riconoscimento della speciale causa di non punibilità in questione, idacfp rilievo non solo all’abitualità del comportamento, ma anche all’entità delle fatture di cui all’imputazione ed all’intensità del dolo; le doglianze del ricorrente si appuntano solo sulla valutazione della condizione ostativa dell’abitualità del comportamento, senza alcun confronto critico anche con gli ulteriori elementi considerati dalla Corte di appello quali elementi ostativi all’applicabilità del disposto dell’art. 131-b cod.pen.
Trova, pertanto, applicazione il principio di diritto che secondo cui è inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso per cassazione che si limiti al critica di una sola delle diverse “rationes decidendi” poste a fondamento della decisione, ove queste siano autonome ed autosufficienti, come avvenuto nella specie (Sez. 3, n. 2754 del 06/12/2017 – dep. 23/01/2018, Bimonte, Rv. 272448).
5.Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
6. Essendo il ricorso inammissibile e, in base àl disposto dell’art. 616
proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata
dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
ammende.
Così deciso il 11/06/2025