Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34707 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34707 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a VERONA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/04/2024 del TRIB. LIBERIA di FIRENZE lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE confermava, con ordinanza del 23 aprile 2024, depositata il 3 maggio 2024, il provvedimento cautelare del G.i.p. fiorentino, che il 15 aprile 2024 aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME per il delitto di omicidio preterintenzionale.
In particolare, l’imputazione provvisoria contestava all’indagato – che si trovava, quale addetto allo smontaggio del palco, unitamente ad alcuni suoi colleghi dipendenti della ditta “RAGIONE_SOCIALE“, nei pressi di una scalinata ubicata nella corte interna del Mandela Forum di RAGIONE_SOCIALE, al cui interno stava per concludersi un evento musicale – di avere, durante un diverbio intercorso tra il suo datore di lavoro NOME COGNOME e lo spettatore NOME COGNOME, posto in essere atti diretti a commettere in danno di quest’ultimo il delitto di cui agli artt 582, 583 cod. pen., ponendosi alle sue spalle su di un gradino più alto rispetto a
quello occupato dal COGNOME ed aggredendolo, colpendolo con un pugno estremamente violento alla base del cranio, cagionandogli gravissime lesioni a seguito delle quali NOME cadeva dalle scale, il che ne procurava la morte.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME avverso l’ordinanza impugnata consta di un unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 354, commi 1 e 2, cod. proc. pen. nonché nullità ex art. 191, comma 1, cod. proc. pen.
Il motivo di ricorso si concentra esclusivamente sulle modalità di acquisizione di uno degli elementi a carico dell’indagato, vale a dire i filmati estrapolati dalle telecamere di videosorveglianza del Mandela Forum, reiterando le doglianza già proposta al Tribunale del riesame, a mezzo di una consulenza tecnica in ordine alla violazione delle pratiche proprie dell’acquisizione e del trattamento dei filmati, non essendo stati formati i verbali di acquisizione dei filmati, né tantomeno indicati i valori hash dei file acquisiti, a garanzia della autenticità e integrità degli stessi, oltre che risultando omesso ogni riferimento al sistema dal quale sono stati acquisiti i video – se ‘nvr’ o ‘dvr’- la marca e il modello del sistema di videosorveglianza, la verifica dell’orario presente ne dispositivo rispetto a quello ufficiale, l’identificazione di chi abbia provveduto all’operazione di estrazione e le specifiche adottate.
Sarebbe stata violata la normativa ex lege 18.3.2008 n. 48 in tema di prova scientifica, vale a dire gli artt. 354 e 254-bis cod. proc. pen.
A fronte di tali doglianze il Tribunale del riesame non avrebbe dato risposta adeguata, con conseguente inutilizzabilità ai sensi dell’art. 191, comma 1, cod. proc. pen., in quanto i profili tecnici non vengono valutati e la circostanza che il filmato sia privo di continuità viene superata con riferimento alla esistenza di cellule di attivazione che, nel caso in esame, data la presenza di plurimi soggetti, non avrebbe dovuto determinare alcuna soluzione di continuità nella registrazione.
Il ricorso è stato trattato, senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino ai 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, dl. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n.
199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO ha chiesto rigettarsi il ricorso, rappresentando come il solo dato indiziario tratto dai filmati non risulta decisivo a fronte di ulteriori element che attestano la gravità indiziaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato.
2. Va premesso come pacifico sia l’orientamento che, a partire da Sezioni Unite n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828, in tema di misure cautelari personali, a fronte di un ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame, in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ne definisce così l’ambito di delibazione. La Corte ha il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti, rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (nello stesso senso, Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, COGNOME, Rv. 237012; Sez. F., n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460; Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976).
Va anche evidenziato come questo Collegio aderisca all’orientamento autorevole di Sez. U, COGNOME: «Il quadro di gravità indiziaria ai fini cautelari, concetto differente da quello enunciato nell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., che allude alla c.d. prova logica o critica, ha, sotto il profilo gnoseologico, una propria autonomia, non rappresenta altro che l’insieme degli elementi conoscitivi, sia di natura rappresentativa che logica, la cui valenza è strumentale alla decisione de libertate, rimane delimitato dai confini di questa e non si proietta necessariamente nel diverso e futuro contesto dibattimentale relativo al definitivo giudizio di merito» (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, COGNOME, Rv. 234598).
Pertanto, la delibazione attuale è funzionale alla verifica della tenuta logica del provvedimento cautelare di secondo grado, in relazione alla gravità indiziarla nei termini di qualificata probabilità di colpevolezza, nella prospettiva da ultimo
evidenziata, ovviamente suscettibile di evoluzioni ricostruttive in sede dibattimentale.
Va altresì premesso che alcuna censura viene mossa dal ricorrente in ordine alla qualificazione giuridica della condotta, con il che questo Collegio ritiene opportuno limitarsi a richiamare l’orientamento da ultimo delineato da Sez. 5, n. 23926 del 2024, ric. Sansone, n.m., per cui quanto all’elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale sia da prediligersi l’opzione per la quale il principio di colpevolezza è rispettato con il solo giudizio della prevedibilità in concreto da parte del soggetto agente dell’evento morte, ulteriore e più grave, come possibile epilogo della condotta in relazione alle specifiche circostanze della situazione concreta.
Venendo ai motivi di ricorso, il Tribunale del riesame enumera, quali elementi che integrano la gravità indiziaria, sia i filmati, sia anche, fra l’altro, contenuto delle conversazioni intercettate, in particolare fra COGNOME e COGNOME, nel corso della quale quest’ultimo faceva riferimento al colpo «una bomba da dietro» che sulle scale era stato inferto da NOME alla vittima, oltre che le stesse dichiarazioni del ricorrente, captate nella sala della Questura, confessorie di una «spinta» data sulle scale e, infine, il dialogo udito nell’immediatezza fra NOME e i suoi colleghi – udito da un agente di polizia giudiziaria intervenuto sul luogo del delitto – nel corso del quale l’indagato dichiarava a costoro di aver colpito sulle scale COGNOME, mimando il gesto con il braccio.
La circostanza del colpo inferto, per altro, veniva comunque, pur se solo parzialmente, confermata anche in sede di interrogatorio dallo stesso indagato, che limitava la propria azione, escludendo di aver determinato la caduta per le scale del COGNOME, addebitando la responsabilità della morte al collega COGNOME, che l’avrebbe colpito successivamente con un pugno.
Il Tribunale del riesame evidenzia come anche il concorso di COGNOME, eventualmente accertato, non determini l’esclusione della gravità indiziaria per NOME.
Ebbene, a fronte della pluralità di fonti integranti la gravità indiziaria, alle qual aggiungersi quelle documentali, quali i referti medici, deve richiamarsi il consolidato e autorevole principio per cui allorché il ricorso per cassazione lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. U, Sentenza n. 23868 del 23/04/2009,
Fruci, Rv. 243416 – 01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 20/02/2017, La Gumina, Rv. 269218 – 01; conf., N. 3207 del 2014 Rv. 262011 – 01, N. 18764 del 2014 Rv. 259452 – 01).
Nel caso in esame il ricorrente richiama l’erronea acquisizione dei filmati, con violazione dell’art. 191, comma 1, che in vero prevede la sanzione processuale propria delle prove, l’inutilizzabilità e non la nullità.
E però, lo stesso ricorrente non evidenzia quale sia l’incidenza della dedotta inutilizzabilità sul complessivo quadro indiziario, cosicché il motivo di ricorso risulta aspecifico, anche perchè è la stessa ordinanza impugnata che al fol. 6 rileva come sia certa l’identificazione del ricorrente, quale autore della condotta contestata, «al di là delle immagini riprese dalle telecamere È rappresentata dagli esiti delle attività di intercettazione telefonica e ambientale …».
Ad ogni buon conto, la doglianza ‘tecnica’ relativa alle modalità di acquisizione dei filmati – che evidentemente potrà essere oggetto di valutazione ulteriormente nel corso del procedimento, alla luce dei citati principi che delineano l’ambito della presente delibazione – non si confronta nella sostanza con un argomento che il Tribunale del riesame ha speso, quello relativo alla omessa indicazione, da parte del ricorrente, di quali parti dei video in atti non risulterebbero integri o non autentici (così ai foll. 4 e 5 dell’ordinanza).
Sul punto il motivo di riesame risultava generico e tale genericità si ripropone anche in questa Sede, in quanto l’astratta non corrispondenza ai protocolli acquisitivi – che per quel che si leggerà non è causa di inutilizzabilità – non si comprende quale effetto abbia prodotto in concreto quanto alla affidabilità della prova tecnica consistente nei filmati.
Inoltre, il ricorrente allega solo la consulenza depositata in sede di riesame, non anche l’annotazione della polizia giudiziaria – richiamata dal Tribunale del riesame – relativa alla estrazione dei filmati, cosicchè questa Corte è comunque impossibilitata a verificare la specificità delle doglianze, fermi i già descritti limi delle stesse: infatti, in tema di giudizio di legittimità, il potere della Corte cassazione di controllo degli atti per la verifica della fondatezza dei motivi inerenti ad asseriti “errores in procedendo” non esonera il ricorrente dalla specifica indicazione, secondo quanto previsto dall’art. 187, comma 2, cod. proc. pen., degli elementi dai quali dedurre le caratteristiche dell’atto, anche quando venga allegato un vizio che si risolve nell’inutilizzabilità dell’atto stesso (Sez. 6, n. 36612 de 19/11/2020, Gresta, Rv. 280121 – 01, nel caso in il ricorrente, pur avendo dedotto l’inutilizzabilità dei verbali delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia inviat giudice per le indagini preliminari con “omissis”, non aveva fornito alcun elemento dal quale desumere la trasmissione parziale di tali atti).
La stessa consulenza di parte lamenta in concreto solo l’interruzione dei filmati, ma sul punto il Tribunale del riesame richiama l’annotazione della polizia giudiziaria, che dava atto che la registrazione fosse attivata da una cellula, quindi in sé il sistema di videosorveglianza non era predisposto per essere continuativo.
Quanto all’orario, anche oggetto di doglianza, il Tribunale dava atto della coincidenza di quello del sistema di registrazione con quello effettivo, e anche sul punto il ricorrente non si confronta con l’ordinanza impugnata.
Per altro, la dedotta violazione degli artt. 354, commi 1 e 2, e 254-bis cod. proc. pen., come formulata dal ricorrente, riguarda in ordine alla prima norma, comma 2, i dati, le informazioni e i programmi informatici o i sistemi informatici o telematici, rispetto ai quali «gli ufficiali della polizia giudiziaria adottano, altresì misure tecniche o impartiscono le prescrizioni necessarie ad assicurarne la conservazione e ad impedirne l’alterazione e l’accesso e provvedono, ove possibile, alla loro immediata duplicazione su adeguati supporti, mediante una procedura che assicuri la conformità della copia all’originale e la sua immodificabilità. Se del caso, sequestrano il corpo del reato e le cose a questo pertinenti».
Si tratta, dunque, di misure tese a preservare la genuinità della prova, ma va richiamato il principio per cui la sola estrazione di dati archiviati in un supporto informatico non costituisce accertamento tecnico irripetibile anche dopo l’entrata in vigore della legge 18 marzo 2008, n. 48, che ha introdotto unicamente l’obbligo per la polizia giudiziaria di rispettare determinati protocolli di comportamento, senza prevedere alcuna sanzione processuale in caso di mancata loro adozione, potendone derivare, invece, eventualmente, effetti sull’attendibilità della prova rappresentata dall’accertamento eseguito (Sez. 5, n. 11905 del 16/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266477 – 01: la Corte decideva in ordine alla estrazione di dati da un floppy disk e in motivazione ha precisato che è fatta salva la necessità di verificare in concreto la sussistenza di eventuali alterazioni dei dati originali e la corrispondenza ad essi di quelli estratti; conf. n. 29061 del 2015 rv. 264572 – 01; nello stesso senso, da ultimo Sez. 1, n. 38909 del 10/06/2021, NOME, Rv. 282072 – 01).
Inoltre, del tutto fuori contesto è il richiamo all’art. 254-bis cod. proc. pen. che regola il «equestro di dati informatici presso fornitori di servizi informatici, telematici e di telecomunicazioni», risultando evidente che nel caso in esame non si verta della acquisizione presso un erogatore di servizio informatico.
Pertanto neanche fondante sono le doglianze relative alla violazione di legge delle evocate norme processuali, oltre a essere aspecifico il ricorso per le ragioni indicate.
5. Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso, con condanna alle spese processuali del ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. peri.
Così deciso in data 11/07/2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente