Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17493 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 715/2025 UP – 16/04/2025 R.G.N. 6812/2025
Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BENEVENTO nel procedimento a carico di:COGNOME nato a BENEVENTO il 23/07/1976 avverso la sentenza del 11/11/2024 del TRIBUNALE di BENEVENTO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso per non essere applicabile la disciplina introdotta dalla legge114/2024 alla sentenza in esame.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Benevento, con sentenza in data 11 novembre 2024, dichiarava non doversi procedere per difetto di valida querela nei confronti di NOMECOGNOME in ordine ai reati di truffa allo stesso ascritti ai capi nn. 1), 4), 7), 9), 11), 14), 15) e 16) tutti commessi tra il 2019 ed il 2020.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica di Benevento, deducendo, con unico motivo, violazione di legge e difetto di motivazione posto che le querele delle persone offese indicate ai capi nn. 7), 9) ed 11) erano state acquisite al fascicolo del dibattimento sicchŁ aveva errato il giudice nelle sue conclusioni.
Quanto poi alle querele delle persone offese indicate ai capi nn. 1), 4), 14), 15) e 16) le stesse risultavano presenti nel fascicolo del pubblico ministero ed aveva errato il tribunale nel non disporne l’acquisizione anche di ufficio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve innanzi tutto essere chiarito, anche per rispondere alle conclusioni del procuratore generale, che la sentenza emessa dal giudice monocratico di Benevento nel novembre del 2024
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE PENALE Depositata in Cancelleria oggi Numero di raccolta generale 17493/2025 Roma, lì, 08/05/2025
avendo ad oggetto reati a citazione diretta, come le truffe contestate, era unicamente ricorribile per cassazione e non appellabile.
Ed invero la Legge n. 114 del 9 agosto 2024, entrata in vigore il 25 agosto del 2024, ha previsto una modifica dell’articolo 593, comma 2, sostituendo il primo periodo e prevedendo espressamente che: «Il pubblico ministero non puo’ appellare contro le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all’articolo 550, commi 1 e 2». Ed essendo la pronuncia del giudice monocratico di Benevento stata emessa nel successivo mese di novembre del 2024, e quindi ben dopo l’entrata in vigore della riforma, al momento di proposizione dell’impugnazione il procuratore della Repubblica poteva avanzare solo ricorso per cassazione e non anche appello.
1.1 Va anche premesso che avendo la novella citata vietato l’appello del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento emesse dal giudice monocratico per tutti i reati a citazione diretta, ma nulla avendo previsto in tema di ricorso per cassazione, alcuna limitazione nella proposizione dei motivi di ricorso incontra l’impugnazione dello stesso organo della pubblica accusa. Pertanto, in sede di ricorso per cassazione avverso le sentenze di proscioglimento pronunciate per i reati di cui all’art. 550 commi 1 e 2 cod.proc.pen., il pubblico ministero potrà dedurre tutti i motivi di ricorso elencati nell’art. 606 cod.proc.pen., e cioŁ sia doglianze in tema di violazione di legge che difetto di motivazione, per contraddittorietà o manifesta illogicità della stessa, anche sotto il profilo del travisamento della prova decisiva.
2. Ciò posto il ricorso Ł fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Ed invero ha errato il giudice di primo grado nel ritenere o invalide, ovvero non presenti le querele proposte dalle persone offese indicate nei capi di imputazione nn. 1), 4), 7), 9), 11), 14), 15) e 16), posto che le stesse risultano o non esattamente interpretate, così come correttamente esposto dal ricorrente P.M. in relazione ad alcune di esse (quelle di cui ai capi 7, 9 e 11), ovvero mai acquisite al fascicolo del dibattimento, sicchŁ non si comprende sulla base di quale atto il giudice abbia tratto la sua conclusione.
2.1 Deve essere ricordato in primo luogo, che sotto il profilo normativo, ai sensi dell’art. 431 lett. a) cod.proc.pen.:’ Nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti: a) gli atti relativi alla procedibilità dell’azione penale e all’esercizio dell’azione civile’ e da ciò consegue che l’atto di querela deve legittimamente fare parte degli atti sottoposti all’esame del giudice che procede.
Chiamata ad interpretare detta norma, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la produzione dell’atto di querela non rientra nella disponibilità delle parti, sicchØ in mancanza di iniziative delle stesse Ł onere del giudice che procede disporne l’acquisizione; si Ł in particolare affermato come in materia di atti relativi alla procedibilità, nella ipotesi in cui nel fascicolo del dibattimento non sia stata inserita la querela e/o l’attestazione prevista dall’art. 337, comma quarto, cod. proc. pen., a suo tempo redatte, queste potranno essere prodotte o acquisite d’ufficio durante il giudizio anche nel corso dell’istruttoria dibattimentale (Sez. 5, n. 31220 del 29/05/2013, P.m. in proc. Fragale e altro, Rv. 256088 – 01); in motivazione la suddetta pronuncia chiarisce che: la norma racchiusa nell’art. 431, lett. a), che annovera gli atti relativi alla procedibilità dell’azione penale tra quelli che devono comporre il fascicolo per il dibattimento, Ł disposizione di carattere funzionale ed ordinatorio, volta ad assicurare il regolare ed ordinato svolgimento del processo. ¨ significativo, in proposito, che lo stesso art. 491, comma 2, ultima parte, stabilisce che la preclusione sancita dal comma 1 si applica anche alle questioni concernenti il contenuto del fascicolo per il dibattimento, salvo, però, che la possibilità di proporle sorga soltanto nel corso del dibattimento, con ciò dettando una significativa deroga al rigore della stessa preclusione. Pertanto, nell’ipotesi in cui, nel fascicolo del dibattimento, manchi il documento che contenga la manifestazione di volontà della persona offesa di ottenere la punizione del responsabile, ovvero le prescritte formalità di cui all’art. 337,
comma 4, una siffatta mancanza non autorizza il giudice a procedere senz’altro alle consequenziali determinazioni in ordine alla procedibilità dell’azione penale, non potendo esimersi dal compiere le indagini necessarie alla verifica dell’effettiva e rituale proposizione della querela, la cui documentazione, in ipotesi affermativa, va poi riversata nel fascicolo per il dibattimento”.
Il principio, risulta ribadito e chiarito anche da quella successiva pronuncia a mente della quale spetta al giudice, nel caso in cui, nel fascicolo del dibattimento, sia presente la querela ma non la documentazione attestante la data della sua presentazione, disporne, anche d’ufficio ed in qualsiasi momento, l’acquisizione, in quanto, per la sua funzione tipica di impulso processuale, l’esistenza ed effettiva presentazione della querela non sono profili che possono essere rimessi alla disponibilità delle parti (Sez. 5, n. 14242 del 23/03/2015, Subashi, Rv. 264081 – 01; ed anche piø recentemente Sez. 5, n. 38354 del 11/07/2023 Ud. (dep. 19/09/2023 ) Rv. 285770 – 02).
2.2 L’onere di acquisizione di ufficio dell’atto integrante la condizione di procedibilità risulta affermato anche in relazione al giudizio di appello, per il quale si Ł stabilito come in tema di condizioni di procedibilità, non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 491 comma secondo cod. proc. pen.; ne consegue che il giudice d’appello ha l’obbligo di disporre, anche d’ufficio, l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento dell’atto di querela, nel caso in cui sorgano questioni sull’accertamento della sua proposizione e non risultino dagli atti elementi decisivi tali da farla ritenere omessa (Sez. 2, n. 3187 del 28/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258534 – 01; nello stesso senso Sez. 3, n. 26162 del 09/03/2011, Rv. 250957 – 01).
Ne deriva affermarsi che, venuto meno il giudizio di appello su impugnazione del P.M. nei casi di proscioglimento in primo grado per i reati a citazione diretta, legittimamente il pubblico ministero in sede di ricorso per cassazione può, e deve, allegare all’impugnazione gli atti aventi ad oggetto la procedibilità oggetto di contestazione, che il giudice di legittimità ha l’onere di valutare ai fini di sindacare la dedotta violazione di legge.
E poichØ nel caso in esame il pubblico ministero impugnante ha puntualmente indicato le querele erroneamente interpretate, ovvero mai acquisite, pur essendo presenti al suo fascicolo, l’impugnata sentenza deve essere annullata con rinvio al giudice di primo grado, trattandosi di impugnazione diretta in cassazione quale unico rimedio previsto avverso le sentenze di proscioglimento emesse dal tribunale per i reati a citazione diretta.
Alla luce delle predette considerazioni l’impugnata sentenza deve essere annullata in relazione ai reati di cui ai capi nn. 1), 4), 7), 9), 11), 14), 15) e 16) e gli atti trasmessi al Tribunale di Benevento, in diversa persona fisica, per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente ai capi 1), 4), 7), 9), 11), 14), 15), e 16) con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Benevento, in diversa persona fisica.
Così deciso il 16/04/2025.
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME