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Acquisizione d’ufficio della querela: dovere del giudice

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di proscioglimento per reati di truffa, emessa per presunta assenza di querela. La Corte ha ribadito che il giudice ha il dovere di procedere all’acquisizione d’ufficio della querela qualora questa manchi dal fascicolo del dibattimento ma sia presente in quello del pubblico ministero, non potendo dichiarare l’improcedibilità senza aver prima esperito tutte le verifiche necessarie. Il caso sottolinea il ruolo attivo del giudice nel garantire la completezza degli atti processuali essenziali.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Acquisizione d’Ufficio della Querela: Dovere del Giudice, non Facoltà

Una recente sentenza della Corte di Cassazione riafferma un principio fondamentale della procedura penale: la verifica delle condizioni di procedibilità, come la presenza della querela, è un compito attivo del giudice. L’analisi del caso in esame, relativo a reati di truffa, offre lo spunto per chiarire quando e come il giudice debba intervenire per l’acquisizione d’ufficio della querela, un atto che non può essere lasciato alla mera iniziativa delle parti. La pronuncia sottolinea come un errore su questo punto possa portare all’annullamento di una sentenza di proscioglimento.

I Fatti del Processo

Il Tribunale di Benevento aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti di un imputato per diversi reati di truffa, motivando la decisione con un difetto di valida querela. Contro questa sentenza, il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che il giudice di primo grado avesse commesso un errore di valutazione. In particolare, il Pubblico Ministero evidenziava che alcune querele erano già state regolarmente acquisite al fascicolo del dibattimento, mentre altre, pur presenti nel fascicolo del PM, non erano state acquisite dal giudice, il quale avrebbe dovuto provvedere anche di propria iniziativa.

L’Impatto della Riforma sull’Appello del PM

La Corte ha preliminarmente affrontato una questione procedurale legata alla recente Legge n. 114/2024. Tale normativa ha modificato l’art. 593 del codice di procedura penale, eliminando la facoltà per il Pubblico Ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento per i reati a citazione diretta (come la truffa contestata). Essendo la sentenza stata emessa dopo l’entrata in vigore della riforma, l’unico strumento a disposizione del Procuratore era il ricorso per cassazione, che è stato infatti correttamente utilizzato.

Il Principio dell’Acquisizione d’Ufficio della Querela

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel principio dell’acquisizione d’ufficio della querela. Citando l’art. 431 del codice di procedura penale, la Corte ricorda che gli atti relativi alla procedibilità dell’azione penale devono essere raccolti nel fascicolo per il dibattimento. La giurisprudenza consolidata ha chiarito che la produzione di tali atti non è nella piena disponibilità delle parti.

Se la querela, pur ritualmente presentata, non viene inserita nel fascicolo, il giudice ha il dovere di disporne l’acquisizione, anche d’ufficio e in qualsiasi momento del processo. Una simile mancanza non può, quindi, condurre automaticamente a una declaratoria di improcedibilità. Il giudice deve, al contrario, compiere tutte le indagini necessarie per verificare l’effettiva esistenza e regolarità della querela e, in caso di esito positivo, ordinarne l’inserimento agli atti.

Le motivazioni della Corte

Sulla base di questi principi, la Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso del Pubblico Ministero. Il giudice di primo grado ha errato nel ritenere le querele assenti o invalide senza aver prima esercitato il proprio potere-dovere di verifica e acquisizione. Non è possibile, secondo la Corte, comprendere su quali basi il Tribunale abbia fondato la propria conclusione, dato che alcune querele erano state semplicemente interpretate in modo errato, mentre altre, pur esistenti, non sono mai state acquisite al fascicolo del dibattimento. L’impugnata sentenza è stata quindi annullata con rinvio, poiché basata su un presupposto errato e su un’omissione procedurale decisiva.

Le conclusioni

La sentenza rafforza il ruolo attivo e garantista del giudice nel processo penale. La declaratoria di improcedibilità per difetto di querela è una decisione di estrema importanza, che non può basarsi su una mera assenza formale di un documento dal fascicolo di causa. Il giudice è tenuto ad attivarsi per sanare eventuali lacune documentali relative alle condizioni di procedibilità. Questa pronuncia chiarisce che il proscioglimento per tale motivo è legittimo solo dopo che sia stata accertata, al di là di ogni dubbio e con un ruolo attivo del giudicante, l’effettiva inesistenza o invalidità dell’atto di querela. Il processo è stato quindi rinviato al Tribunale di Benevento per un nuovo giudizio che tenga conto di questi imprescindibili principi procedurali.

Può un giudice dichiarare l’improcedibilità per mancanza di querela se questa è presente nel fascicolo del pubblico ministero ma non in quello del dibattimento?
No. Secondo la sentenza, il giudice ha il dovere di disporre l’acquisizione d’ufficio della querela. La sua assenza materiale dal fascicolo del dibattimento non autorizza a dichiarare l’improcedibilità senza prima aver compiuto le necessarie verifiche per accertarne l’esistenza.

La produzione della querela in giudizio è un onere esclusivo delle parti?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che l’acquisizione degli atti relativi alla procedibilità dell’azione penale, come la querela, non è nella disponibilità delle parti ma costituisce un onere del giudice, che deve assicurare la completezza del fascicolo su questo punto cruciale.

Dopo la Legge 114/2024, il Pubblico Ministero può ancora appellare una sentenza di proscioglimento per reati a citazione diretta?
No. La sentenza spiega che la Legge 114/2024 ha eliminato la possibilità per il Pubblico Ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento per i reati a citazione diretta (art. 550 c.p.p.). L’unico rimedio a disposizione dell’accusa è il ricorso per cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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