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Acquirente stabile stupefacenti: quando è reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 39156/2024, ha rigettato il ricorso di un indagato accusato di essere un acquirente stabile di stupefacenti all’interno di un’associazione a delinquere. La Corte ha confermato che l’acquisto continuativo e ingente di sostanze, tale da superare il mero rapporto sinallagmatico, integra la partecipazione al sodalizio criminale. Inoltre, ha ribadito la piena utilizzabilità delle chat criptate acquisite tramite Ordine Europeo di Indagine, richiamando i principi stabiliti dalle Sezioni Unite.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Acquirente Stabile Stupefacenti: Quando l’Acquisto Diventa Partecipazione

La linea di demarcazione tra un semplice acquirente di droga e un membro effettivo di un’associazione a delinquere è spesso sottile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su questo punto, analizzando il ruolo dell’acquirente stabile di stupefacenti. La pronuncia si è soffermata anche su una questione procedurale di grande attualità: l’utilizzabilità delle chat criptate ottenute da autorità giudiziarie straniere. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere quando un rapporto di fornitura si trasforma in un vincolo associativo penalmente rilevante.

Il Caso: Da Cliente a Presunto Socio del Narcotraffico

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo sottoposto a misura cautelare della custodia in carcere con l’accusa di partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, di natura transnazionale. Secondo l’accusa, l’indagato non era un compratore occasionale, ma ricopriva il ruolo di acquirente stabile di stupefacenti, approvvigionandosi per un lungo periodo (da settembre 2020 a marzo 2021) di ingenti quantitativi di marijuana e hashish dal sodalizio criminale.

La difesa ha impugnato l’ordinanza del Tribunale del riesame, sollevando due questioni principali: l’inutilizzabilità delle prove raccolte tramite una piattaforma di comunicazione criptata e la mancanza di prove sufficienti per configurare una vera e propria partecipazione all’associazione, sostenendo che il rapporto si limitasse a una serie di compravendite con un unico fornitore.

Le Questioni Giuridiche: Chat Criptate e Confini del Reato Associativo

I motivi del ricorso si concentravano su due pilastri fondamentali, uno di natura procedurale e l’altro di merito.

L’Inutilizzabilità delle Chat Criptate

La difesa sosteneva che le conversazioni acquisite dalla piattaforma criptata fossero inutilizzabili. Tali dati erano stati ottenuti dall’autorità giudiziaria francese tramite un Ordine Europeo di Indagine (OEI), ma secondo il ricorrente, tale acquisizione violava le norme del codice di procedura penale italiano in materia di intercettazioni e il diritto al contraddittorio.

L’Insussistenza del Reato Associativo

Sul piano sostanziale, si argomentava che le prove dimostravano unicamente un rapporto di compravendita tra l’indagato e un singolo fornitore, senza che vi fosse prova della conoscenza degli altri membri o della struttura organizzativa del gruppo. Mancava, secondo la difesa, l’elemento soggettivo essenziale del reato associativo: l’affectio societatis, ovvero la volontà di far parte del sodalizio e di contribuire al raggiungimento dei suoi scopi.

L’Analisi della Cassazione sull’acquirente stabile di stupefacenti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato sotto ogni profilo e fornendo una motivazione dettagliata su entrambe le questioni sollevate.

Sull’Utilizzo delle Chat Criptate: Via Libera dalle Sezioni Unite

In primo luogo, la Corte ha risolto la questione procedurale richiamando due recenti e decisive pronunce delle Sezioni Unite (sentenze n. 23755/2024 e n. 23756/2024). Queste sentenze hanno stabilito che l’acquisizione dei risultati di intercettazioni disposte da un’autorità straniera è legittima e regolata dall’art. 270 cod. proc. pen. Tali prove sono pienamente utilizzabili, a meno che la parte interessata non dimostri una concreta violazione dei diritti fondamentali, onere che nel caso di specie non era stato assolto.

Sulla Partecipazione all’Associazione: Oltre il Singolo Acquisto

La Corte ha ribadito un principio consolidato: anche un acquirente stabile di stupefacenti può essere considerato partecipe di un’associazione criminale. Il punto cruciale non è il numero di contatti diretti, ma la natura del rapporto. Quando la relazione tra fornitore e acquirente si trasforma da una serie di singoli scambi a un vincolo stabile e continuativo, l’acquirente si integra nel programma criminale.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla valutazione complessiva degli elementi indiziari. Nel caso specifico, l’acquisto non era sporadico, ma continuativo e riguardava quantitativi enormi (decine di chilogrammi), destinati alla successiva rivendita. Questo, secondo i giudici, dimostra che la volontà dei contraenti aveva superato la soglia del semplice rapporto contrattuale. L’acquirente era diventato un anello fondamentale della catena distributiva, garantendo al sodalizio uno sbocco costante per le sue merci illecite. La sua condotta, per la regolarità, il volume economico delle transazioni e la durata nel tempo, dimostrava un’adesione al programma criminoso e un contributo concreto alla vita dell’associazione. Il fatto che il fornitore operasse in un contesto organizzato di importazione internazionale, come emergeva dalle conversazioni, rendeva l’acquirente consapevole di inserirsi in una struttura più ampia, anche senza conoscerne tutti i dettagli e i componenti.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza. Per distinguere un semplice cliente da un associato, non è decisivo il numero di persone con cui si hanno contatti, ma la qualità e la stabilità del rapporto. Un acquirente stabile di stupefacenti, che si assicura una fonte di approvvigionamento costante e affidabile per alimentare il proprio mercato, diventa a tutti gli effetti un partecipe dell’associazione, poiché il suo ruolo è funzionale alla sopravvivenza e al successo del sodalizio stesso. La pronuncia conferma inoltre la piena legittimità dell’uso processuale dei dati provenienti da piattaforme criptate acquisiti tramite cooperazione giudiziaria europea, uno strumento sempre più centrale nella lotta alla criminalità organizzata.

Quando un acquirente stabile di stupefacenti diventa partecipe di un’associazione a delinquere?
Secondo la Corte, ciò avviene quando il rapporto con il fornitore supera la soglia della singola compravendita e si trasforma in un vincolo stabile e continuativo. Elementi chiave sono la durata del rapporto, l’ingente quantità di sostanza acquistata, la regolarità degli approvvigionamenti e la consapevolezza di inserirsi in una struttura organizzata, elementi che dimostrano l’adesione al programma criminale del gruppo (affectio societatis).

Le chat di una piattaforma criptata, acquisite da un’autorità straniera, sono utilizzabili in un processo italiano?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando le Sezioni Unite, ha confermato che i risultati delle intercettazioni disposte all’estero e acquisite tramite Ordine Europeo di Indagine sono utilizzabili. L’inutilizzabilità può essere dichiarata solo se la difesa prova una specifica violazione dei diritti fondamentali, onere che in questo caso non è stato soddisfatto.

È sufficiente avere contatti con un solo membro dell’associazione per essere considerato partecipe?
Sì. Anche se i contatti diretti sono limitati a un solo soggetto (in questo caso, il fornitore principale), si può essere considerati partecipi se la natura del rapporto e le circostanze (come l’acquisto di enormi quantità di droga importata) dimostrano la consapevolezza di far parte di un sodalizio più ampio e di contribuire ai suoi fini illeciti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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