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Acquirente stabile stupefacenti: quando è partecipe?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro la scarcerazione di un individuo accusato di essere un acquirente stabile stupefacenti per un’associazione criminale. La Corte ha confermato la decisione del Tribunale del Riesame, secondo cui due acquisti di droga in cinque mesi non sono sufficienti a dimostrare una partecipazione stabile e consapevole al sodalizio, mancando la prova di un vincolo durevole che vada oltre il singolo rapporto commerciale e contribuisca a rafforzare l’organizzazione.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Acquirente stabile stupefacenti: quando si diventa partecipe dell’associazione?

La linea di demarcazione tra essere un semplice acquirente abituale di sostanze stupefacenti e diventare un vero e proprio partecipe di un’associazione criminale è spesso sottile e complessa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su questo punto, analizzando il caso di un presunto acquirente stabile stupefacenti. La pronuncia sottolinea che la ripetitività degli acquisti non è, da sola, sufficiente a configurare la partecipazione al sodalizio, essendo necessario un legame più profondo e funzionale agli scopi dell’organizzazione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari che disponeva la custodia cautelare in carcere per un individuo, accusato di far parte di un’associazione finalizzata al narcotraffico in qualità di acquirente stabile. L’imputato, secondo l’accusa, si riforniva regolarmente dal gruppo criminale.

Tuttavia, il Tribunale del Riesame, accogliendo l’istanza difensiva, annullava l’ordinanza e disponeva la scarcerazione dell’indagato. La motivazione del Tribunale era chiara: non sussistevano gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo. In particolare, due soli acquisti documentati (uno di 50 grammi e l’altro di 100 grammi) nell’arco di cinque mesi non erano stati ritenuti elementi sufficienti per dimostrare una partecipazione consapevole e stabile all’associazione, soprattutto considerando la vasta operatività del gruppo, capace di movimentare chilogrammi di droga a settimana.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e la questione dell’acquirente stabile stupefacenti

Contro la decisione del Riesame, il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso in Cassazione. Secondo l’accusa, il Tribunale aveva errato nella valutazione degli elementi, interpretando in modo illogico le conversazioni intercettate e sottovalutando la stabilità dei rapporti economici tra l’indagato e i vertici dell’associazione. Per il Pubblico Ministero, la condotta dell’indagato non era occasionale, ma funzionale all’attività del clan, contribuendo al suo buon esito e dimostrando così il suo ruolo di acquirente stabile stupefacenti e, di conseguenza, di partecipe.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile, confermando la decisione del Tribunale del Riesame. Il ragionamento della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del diritto processuale penale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in una nuova valutazione dei fatti. Il compito della Cassazione è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della decisione impugnata, non sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale del Riesame non fosse né manifestamente illogica né contraddittoria. Il Riesame aveva correttamente spiegato perché due acquisti, seppur da figure di vertice del clan, non integravano di per sé la prova di un inserimento stabile nel sodalizio. Per configurare la partecipazione ex art. 74 d.P.R. 309/1990, è necessario che il rapporto tra fornitore e acquirente superi la soglia del mero rapporto contrattuale e si trasformi in un’adesione al programma criminoso. Questo avviene quando l’acquirente, attraverso un approvvigionamento continuativo e rilevante, offre un contributo causale al rafforzamento e alla vita stessa dell’associazione. La relazione deve diventare un “vincolo stabile”, un “reciproco affidamento” che va oltre la singola operazione di compravendita.

Il Tribunale del Riesame aveva concluso, con un ragionamento logico, che la quantità non rilevante degli acquisti e la loro distanza temporale non dimostravano un’efficacia causale tale da sostenere gli scopi sociali del gruppo criminale. La Cassazione ha quindi stabilito che tale valutazione, essendo immune da vizi logici, non poteva essere censurata in sede di legittimità.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per essere considerati partecipi di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, non basta essere clienti abituali. È necessaria la prova di un “quid pluris”: un contributo consapevole, stabile e significativo alla vita e agli scopi del sodalizio. Il rapporto deve evolvere da una serie di transazioni commerciali a un legame durevole che dimostri l’adesione dell’acquirente al programma criminale dell’organizzazione. La semplice ripetizione degli acquisti, in assenza di altri elementi, non è sufficiente a superare questa soglia, come correttamente evidenziato prima dal Tribunale del Riesame e poi confermato dalla Corte di Cassazione.

Quando un acquirente di droga viene considerato partecipe di un’associazione a delinquere?
Un acquirente viene considerato partecipe quando il suo rapporto con l’associazione va oltre singole operazioni di acquisto e si trasforma in un vincolo stabile e durevole. Deve essere dimostrata la sua adesione al programma criminoso, desumibile da un approvvigionamento continuativo e da un contributo economicamente rilevante che rafforzi il sodalizio.

Due acquisti di droga in cinque mesi sono sufficienti per provare la partecipazione a un’associazione criminale?
Secondo la sentenza in esame, due acquisti di quantità non rilevante (50 e 100 grammi) nell’arco di cinque mesi non sono stati ritenuti sufficienti per dimostrare una partecipazione stabile. Il giudice ha valutato che tali episodi non avevano un’efficacia causale tale da contribuire significativamente al perseguimento degli scopi dell’associazione criminale.

Cosa può fare la Corte di Cassazione quando valuta una decisione del Tribunale del Riesame?
La Corte di Cassazione non riesamina i fatti del caso, ma si limita a un controllo di legittimità. Verifica se la motivazione della decisione del Tribunale del Riesame è corretta dal punto di vista giuridico e se è scevra da vizi logici manifesti o contraddittorietà. Non può sostituire la propria valutazione degli indizi a quella del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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