LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Acquirente stabile stupefacenti: quando c’è associazione?

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza di custodia cautelare, stabilendo un principio fondamentale: essere un acquirente stabile di stupefacenti non è sufficiente a provare la partecipazione a un’associazione a delinquere. Per configurare tale reato, è necessario dimostrare un contributo consapevole e volontario agli scopi del gruppo criminale, che vada oltre il semplice rapporto commerciale tra fornitore e cliente. La Corte ha ritenuto che due episodi di acquisto, anche se significativi, non bastano a provare l’adesione al patto associativo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Acquirente Stabile di Stupefacenti: Quando si Diventa Partecipi dell’Associazione? La Cassazione Fa Chiarezza

La linea di confine tra essere un semplice acquirente di sostanze stupefacenti, seppur abituale, e diventare un vero e proprio partecipe di un’associazione criminale è spesso sottile e complessa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su questo punto, annullando un’ordinanza di custodia in carcere e specificando i requisiti necessari per provare l’intraneità di un acquirente stabile di stupefacenti in un sodalizio criminoso. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati.

I Fatti del Caso: Due Acquisti e l’Accusa di Partecipazione

Il caso riguardava un individuo accusato di far parte di un’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, gestita da un nucleo familiare. Il suo ruolo, secondo l’accusa, era quello di acquirente stabile di stupefacenti all’ingrosso. La misura cautelare della custodia in carcere si basava principalmente su due episodi di acquisto di cocaina, avvenuti in un arco temporale ristretto, per quantitativi di 100 e 250 grammi.

Il Tribunale del riesame aveva confermato la misura, ritenendo che la condotta dell’indagato fosse sintomatica di un’adesione al patto associativo. La difesa, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che due soli episodi di acquisto non fossero sufficienti a dimostrare un rapporto consolidato e continuativo, né la volontà di condividere e rafforzare gli interessi dell’associazione.

La Distinzione Cruciale: L’Acquirente Stabile di Stupefacenti e l’Associato

Il cuore della questione giuridica risiede nella differenza tra il reato di spaccio (art. 73 D.P.R. 309/90) e quello, ben più grave, di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di droga (art. 74 D.P.R. 309/90). Mentre il primo si configura anche con un singolo acquisto, il secondo richiede la prova di un inserimento stabile e organico nella struttura criminale.

La Corte di Cassazione ha ribadito che il rapporto tra fornitore e acquirente è “fisiologicamente” basato su un interesse economico contrapposto. Per superare questa contrapposizione e ritenere l’acquirente un partecipe, è necessario dimostrare che la sua volontà sia andata oltre il singolo affare, trasformandosi in un contributo stabile e consapevole alla vita e agli scopi dell’intera associazione. In altre parole, deve essere provata la cosiddetta affectio societatis, ovvero la coscienza di far parte del gruppo e di contribuire alla sua permanenza e operatività.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della difesa, ritenendo che la motivazione del Tribunale del riesame fosse carente e assertiva. I giudici hanno sottolineato che due episodi di acquisto, pur significativi, sono di per sé elementi “ambivalenti”. Essi possono indicare un’attività di spaccio autonoma da parte dell’acquirente, ma non dimostrano automaticamente la sua adesione al pactum sceleris del gruppo fornitore.

Secondo la Corte, per provare l’intraneità, sarebbero stati necessari elementi ulteriori, che nel caso di specie mancavano. Ad esempio:

* La frequentazione assidua con altri membri del sodalizio.
* L’assistenza logistica o operativa allo spaccio del gruppo.
* La partecipazione a incontri o riunioni dell’associazione.
* Qualsiasi altra condotta che potesse indicare in modo non equivoco la volontà di contribuire agli scopi criminali comuni.

In assenza di tali prove, il rapporto rimane confinato in uno schema concorsuale (fornitore-cliente) e non associativo. La Corte ha quindi annullato l’ordinanza, rinviando gli atti al Tribunale del riesame per una nuova valutazione che tenga conto di questi principi.

Le conclusioni: cosa cambia in pratica?

Questa sentenza rafforza una garanzia fondamentale nel diritto penale: la necessità di una prova rigorosa e non meramente presuntiva per affermare la responsabilità per un reato grave come la partecipazione ad un’associazione criminale. Stabilisce che non si può passare automaticamente dall’essere un acquirente stabile di stupefacenti all’essere un associato. I giudici di merito hanno l’onere di motivare con particolare accuratezza, indicando gli elementi fattuali specifici da cui si desume che il soggetto ha superato il suo interesse individuale per abbracciare la causa criminale del gruppo. Questa pronuncia rappresenta un importante riferimento per la difesa in casi analoghi, imponendo un vaglio probatorio più stringente e meno incline a interpretazioni estensive.

L’acquisto ripetuto di droga da un gruppo criminale rende automaticamente l’acquirente un membro dell’associazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, essere un acquirente stabile non è di per sé sufficiente per essere considerato partecipe dell’associazione (ex art. 74 d.P.R. 309/90). È necessario dimostrare che la volontà dell’acquirente abbia superato il semplice rapporto commerciale e si sia trasformata in un contributo consapevole e volontario alla vita e agli scopi del gruppo criminale.

Quali prove sono necessarie per dimostrare la partecipazione di un acquirente a un’associazione per delinquere?
La sola prova degli acquisti, anche se ingenti e ripetuti, è considerata ambivalente. La Corte richiede elementi ulteriori che dimostrino l’adesione al programma criminoso, come la frequentazione con altri membri, l’assistenza allo spaccio, la partecipazione a incontri del gruppo o altre condotte che indichino la volontà di contribuire attivamente agli scopi comuni, al di là del proprio interesse ad acquistare la sostanza.

Cosa succede se il giudice del riesame non motiva adeguatamente la differenza tra acquirente e partecipe?
Come avvenuto in questo caso, la Corte di Cassazione annulla l’ordinanza impugnata. Il procedimento viene rinviato per un nuovo giudizio al Tribunale del riesame, il quale dovrà effettuare una nuova valutazione basandosi sui principi di diritto stabiliti dalla Cassazione, motivando in modo specifico perché la condotta dell’indagato integri una vera partecipazione all’associazione criminale e non un semplice rapporto di fornitura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati