Accordo sulla Pena: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Impugnazione
L’istituto dell’accordo sulla pena in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma quali sono le sue conseguenze sulla possibilità di ricorrere in Cassazione? Con l’ordinanza n. 2808/2024, la Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale: una volta raggiunto l’accordo, le porte del giudizio di legittimità si chiudono per quasi tutte le doglianze, salvo rarissime eccezioni. Analizziamo il caso per comprendere la portata di questa decisione.
I Fatti del Caso: La Condanna per Reati Fiscali
La vicenda processuale ha origine da una condanna per reati fiscali. Un imprenditore era stato ritenuto responsabile di plurime violazioni del D.Lgs. 74/2000, in particolare per l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti. Il Tribunale di primo grado aveva emesso una sentenza di condanna, successivamente appellata dall’imputato.
La Scelta dell’Accordo sulla Pena e la Rinuncia ai Motivi di Appello
Nel giudizio di secondo grado, dinanzi alla Corte di Appello di Milano, l’imputato ha scelto di definire la propria posizione attraverso un accordo sulla pena. Questa procedura ha comportato due passaggi cruciali:
1. Rinuncia ai motivi di appello: L’imputato ha rinunciato a contestare la sua responsabilità penale.
2. Accordo sulla sanzione: Le parti hanno concordato una rideterminazione della pena, fissata in due anni di reclusione.
La Corte di Appello, recependo l’accordo, ha riformato la sentenza di primo grado limitatamente al trattamento sanzionatorio, rendendo definitiva la statuizione sulla responsabilità.
Le Doglianze in Cassazione e l’Accordo sulla Pena
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione. La sua doglianza principale verteva sulla presunta violazione dell’art. 9 del D.Lgs. 74/2000, sostenendo di essere stato erroneamente condannato sia per l’emissione che per l’utilizzo delle medesime fatture false. In sostanza, pur avendo accettato la pena, tentava di rimettere in discussione un aspetto legato all’accertamento del fatto e alla qualificazione giuridica del reato.
Le Motivazioni della Corte: Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su argomentazioni nette e proceduralmente ineccepibili. Innanzitutto, i giudici hanno richiamato l’art. 599-bis del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che le doglianze relative ai motivi rinunciati sono inammissibili. Avendo l’imputato rinunciato a contestare la responsabilità per raggiungere un accordo sulla pena, gli era preclusa ogni successiva eccezione sull’accertamento della sua colpevolezza.
In secondo luogo, la Corte ha specificato che anche le censure relative alla determinazione della pena sono inammissibili, a meno che non si contesti l’illegalità della sanzione stessa. Un pena è “illegale” solo se non rientra nei limiti edittali previsti dalla legge per quel reato o se è di un tipo diverso da quello legalmente previsto. Qualsiasi altra critica sulla quantificazione della pena concordata non può essere sollevata in Cassazione.
Infine, la Suprema Corte ha rilevato una carenza fondamentale nel ricorso: la mancanza di un “interesse ad agire”. Il ricorrente, infatti, non aveva spiegato in che modo la sua doglianza, anche se fosse stata accolta, avrebbe potuto concretamente incidere sulla pena che lui stesso aveva concordato. L’accordo, per sua natura, cristallizza il trattamento sanzionatorio, rendendo irrilevanti questioni che non ne intacchino la legalità.
Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche dell’Accordo
L’ordinanza in esame offre un importante monito pratico: la scelta di un accordo sulla pena in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Comporta la rinuncia a contestare il merito della condanna e preclude quasi ogni possibilità di impugnazione successiva. Il ricorso in Cassazione rimane aperto solo per vizi macroscopici, come una pena palesemente illegale, ma non per rimettere in discussione la valutazione dei fatti o la congruità della sanzione pattuita. La conseguenza dell’inammissibilità è stata, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Dopo aver concluso un accordo sulla pena in appello, è possibile ricorrere in Cassazione per contestare la propria responsabilità?
No, l’ordinanza chiarisce che, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., la rinuncia ai motivi sulla responsabilità preclude ogni successiva eccezione sull’accertamento della colpevolezza.
È possibile impugnare la pena concordata se si ritiene che sia stata quantificata in modo errato?
No, non è possibile contestare la congruità della pena. L’impugnazione è ammessa solo se la pena è ‘illegale’, ovvero se esce dai limiti minimi e massimi previsti dalla legge per quel reato o se è di un genere diverso da quello prescritto.
Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Come stabilito dall’art. 616 c.p.p. e applicato in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, equitativamente fissata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2808 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2808 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MONGARDINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
ato avviso alle parti udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RG NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che con sentenza in data 18 aprile 2023 la Corte di appello di Milano, in riforma della sentenza in data 10 febbraio 2020 del GIP del Tribunale di Monza, ha rideterminato la pena nei confronti di NOME COGNOME in anni due di reclusione per plurime violazioni del d.lgs. n. 74 del 200
Rilevato che l’imputato ha lamentato la violazione dell’art. 9 d.lgs. n. 74 del 2000 perché er stato condannato sia per l’emissione che per l’utilizzazione delle fatture relative a operazion oggettivamente inesistenti,
Rilevato che l’imputato ha definito la sua posizione nel giudizio di appello con la rinuncia ai moti sulla responsabilità e con l’accordo sulla pena e che pertanto gli è pertanto preclusa ogni eccezione sull’accertamento della responsabilità penale,
Considerato che, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., sono inammissibili le doglianze relativ ai motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod proc. pan. e ai vizi attinenti alla determinazione della pena che non siano trasfusi nella illega della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella pre dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170-01),
Rilevato peraltro che il ricorrente non ha allegato un interesse ad agire e cioè non ha spiegato se e in che misura la doglianza allegata avrebbe inciso sulla pena concordata,
Ritenuto, pertanto, che il ricorso sia inammissibile e rilevato che alla declarator dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2023
GLYPH
Il Consigliere estensore
Il Presidente