Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18660 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18660 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME
nato a Roma il 13/12/1981
COGNOME
nato a Roma il 06/08/1988
COGNOME NOME
nato a Roma il 04/10/1977
COGNOME Stefano
nato a Villa Santo Stefano il 05/05/1971
COGNOME NOME
nato a Roma il 28/01/1997
COGNOME NOME
nato a Roma il 21/02/1991
avverso la sentenza del 02/12/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che la Corte di cassazione: a) dichiari inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME Stefano, NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME e condanni i ricorrenti alle spese; b) rigetti il ricorso di COGNOME NOME;
uditi l’A vv. NOME COGNOME per COGNOME e l’ Avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 2 dicembre 2024 la Corte di Appello di Roma, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento da parte della Sesta sezione di questa Corte, in parziale riforma della decisione del primo Giudice, accoglieva la richiesta formulata dalle parti ex art. 599bis cod. proc. pen. e rideterminava le pene inflitte, per quanto qui rileva, a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ritenuti colpevoli del reato previsto dall’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e tutti tranne COGNOME e COGNOME -di altri delitti, avvinti dal vincolo della continuazione, anche esterna.
Hanno proposto ricorso NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME a mezzo dei rispettivi difensori , chiedendo l’annullamento della suddetta sentenza.
I ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME lamentano il vizio della motivazione della sentenza là dove la Corte di appello ha escluso la sussistenza di una ipotesi fra quelle previste dall’art. 129 cod. proc. pen. senza esercitare un effettivo controllo e limitandosi a una enunciazione di formule di stile.
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME denuncia la erronea applicazione della legge penale nella parte in cui ha inflitto all’imputato, responsabile di avere promosso e diretto l’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, la pena di ventuno anni di reclusione, manifestamente illegale perché stabilita sulla base della cornice edittale prevista dall’art. 74, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, norma in relazione alla quale la difesa sollecita la Corte di cassazione a sollevare questione di costituzionalità nella parte in cui stabilisce l’entità della pena minima in venti anni di reclusione, anziché in quella di quindici anni di reclusione, in violazione degli articoli 3 e 27 della Costituzione.
La difesa ha poi depositato memoria di replica alla requisitoria scritta del Procuratore generale, ribadendo che la questione di costituzionalità proposta non è manifestamente infondata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Tutti i ricorsi sono inammissibili.
2. I ricorsi di COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME hanno obliterato la costante giurisprudenza di legittimità, secondo la quale il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599bis cod. proc. pen. è ammissibile solo quando deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta e al contenuto difforme della pronuncia del giudice ovvero -come statuito dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284481 -01) -alla omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza; ne consegue la inammissibilità della doglianza inerente alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 del codice di rito (cfr., Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170 -01; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME Rv. 276102 -01; Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274522 -01; Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, COGNOME, Rv. 272853 -01; Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969 -01).
I ricorsi, peraltro, sono inammissibili ancora più in radice perché la sentenza rescindente ha annullato quella della Corte di appello ‘limitatamente alla statuizione sulla recidiva e all’eventuale trattamento sanzionatorio’ per COGNOME e COGNOME (oltre che per COGNOME e altri imputati ) e ‘limitatamente all’aumento a titolo di continuazione’ per COGNOME, COGNOME e COGNOME (e altri), dichiarando inammissibili nel resto i ricorsi e ‘la irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione di responsabilità’.
In tema di responsabilità, dunque, si era formato il giudicato progressivo (sul quale cfr., ad es., Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, COGNOME, Rv. 216239 -01, in motivazione, nonché, più di recente, Sez. U, n. 3423 del 29/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280261 -03), cosicché la Corte di appello non aveva alcuna possibilità di esaminare nuovamente il tema della sussistenza dei reati e, conseguentemente, l’onere di motivare sul punto.
3. Anche il ricorso di COGNOME è inammissibile.
Alla luce del principio sopra ricordato in ordine ai limiti delle questioni deducibili con il ricorso avverso una sentenza emessa ex art. 599bis cod. proc. pen., vanno ritenuti inammissibili anche le censure relative all’applicazione o al diniego delle circostanze e ai vizi attinenti alla determinazione della pena che
non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (vds., ad es., Sez. 3, n. 19983 del 9/6/2020, COGNOME, Rv. 279504 -01 nonché Sez. 5, n. 7333 del 13/11/2018, dep. 2019, Alessandria, Rv. 275234).
La difesa ha sostenuto che la pena applicata a COGNOME sarebbe illegale all’esito dell’instaurando giudizio avanti la Corte costituzionale sull’ovvio presupposto che la pena inflitta all’imputato, concordata con il Procuratore generale, non può essere considerata allo stato illegale.
La questione di costituzionalità è stata proposta per la prima volta con il ricorso di cui qui si tratta, circostanza che -secondo la prevalente e più recente giurisprudenza di legittimità -non rende il ricorso inammissibile a condizione che sussista la rilevanza della questione, nel senso che dall’accoglimento di essa consegua un effetto favorevole per il ricorrente, in termini di annullamento, anche parziale, della sentenza (cfr., ad es., Sez. 6, n. 25005 del 07/05/2024, COGNOME, Rv. 286713 -01; Sez. 6, n. 37796 del 08/04/2020, COGNOME, Rv. 280961 – 01; Sez. 1, n. 45511 dell’11/11/2009, COGNOME, Rv. 245509 – 01; Sez. 1, n. 409 del 10/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 242456 – 01; Sez. 3, n. 35375 del 24/05/2007, COGNOME, Rv. 237401 – 01).
Secondo un altro e più risalente indirizzo, invece, sarebbe inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si prospetti esclusivamente, e per la prima volta, una questione di legittimità costituzionale, poiché detta questione ha carattere pregiudiziale e, in difetto di una valida impugnativa del capo e del punto della decisione regolati da quella norma, che già il giudice di merito abbia ritenuto pienamente conforme ai principi fondamentali dell’ordinamento statuale, il giudice di legittimità non può neppure considerarsi investito della questione (vds., ad es., Sez. 1, n. 45311 del 06/11/2008, COGNOME, Rv. 242338 -01; Sez. 1, n. 543 del 07/12/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 230809 -01; Sez. 1, n. 46334 del 04/11/2003, COGNOME, Rv. 226692 -01).
È poi pacifica l’ ammissibilità del ricorso per cassazione quando si deduca per la prima volta l’illegittimità costituzionale di una disposizione applicata ex officio dal giudice di appello ove di essa, in quanto non applicata in precedenza, non ci si potesse dolere con l’atto di appello (Sez. 3, n. 1666 del 22/09/2022, dep. 2023, Ben COGNOME, Rv. 284034 -01).
A prescindere dal ricordato contrasto giurisprudenziale, la particolarità del caso di specie sta nel fatto che si è in presenza di una pena concordata ex art. 599bis cod. proc. pen., peraltro senza neppure la prospettazione al Giudice di appello della questione di costituzionalità qui proposta.
Sulla base della pena edittale prevista dall’art. 74, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, le parti hanno concordato di escludere l’applicazione della recidiva e di ritenere le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, in riforma delle relative statuizioni del primo Giudice, con un accordo poi recepito dalla Corte di appello.
Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare la inammissibilità del ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (vds., ad es., Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, COGNOME, Rv. 273194 -01 nonché Sez. 4, n. 53565 del 27/09/2017, COGNOME, Rv. 271258 -01; con riferimento al precedente e analogo istituto del patteggiamento in appello cfr., fra le tante, Sez. 1, n. 43712 del 15/11/2007, COGNOME, Rv. 238687 -01).
Richiamando questo principio, una recente pronuncia di questa Sezione (Sez. 2, n. 50062 del 16/11/2023, COGNOME Rv. Rv. 285619 -01) ha dichiarato inammissibile il ricorso con il quale la difesa lamentava l ‘ inosservanza dell’art. 599-bis cod . proc. pen. nonché l ‘ assenza di motivazione in ordine alla mancata concessione dell’attenuante speciale di cui all ‘ art. 452decies cod. pen. e sulla relativa questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa nei motivi di appello: si è osservato, infatti, che «il ricorrente non può in questa sede riproporre un motivo di appello che -seppur involgente eccezione di costituzionalità -ha formato oggetto di espressa rinuncia , con ciò definitivamente abdicando al diritto di invocare un trattamento sanzionatorio più favorevole di quello oggetto di accordo», situazione assimilabile a quella in esame, nella quale la pena è stata concordata con l’accoglimento dei motivi di gravame relativi alla esclusione della recidiva e al giudizio di comparazione fra circostanze, avuto riguardo alla pena edittale oggi prevista dall’art. 74, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Anche da ultimo la Suprema Corte ha ribadito questo orientamento, condiviso dal Collegio (cfr., fra le pronunce non massimate, Sez. 2, n. 10879 del 25/02/2025, Assenza; Sez. 4, n. 10897 del 29/01/2025, COGNOME; Sez. 2, n. 16939 del 16/01/2025, Cosmai; Sez. 5, n. 12358 del 14/11/2024, dep. 2025, Vestita).
In particolare, in un caso di pena concordata in appello, nel quale era stata proposta una questione di costituzionalità dell’art. 74, comma 2, d.P.R. 9 ottobre
1990, n. 309, si è rilevato il «difetto di rilevanza nell’ambito di un processo definito con applicazione di una pena concordata tra le parti» (così Sez. 2, n. 44233 del 14/11/2024, COGNOME, non mass.).
Pertanto, la questione proposta in questa sede non può essere scrutinata sotto il profilo della non manifesta infondatezza, in difetto dell’altro presupposto costituito dalla rilevanza.
All’inammissibilità dell e impugnazioni proposte segue, ai sensi d ell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 06/05/2025.