LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Accompagnamento coattivo: non è atto arbitrario

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, stabilendo che l’accompagnamento coattivo presso un ufficio di polizia per l’identificazione di un soggetto non costituisce un atto arbitrario. La decisione sottolinea che le valutazioni sui fatti e sulle prove sono di competenza esclusiva dei giudici di merito e che l’inammissibilità del ricorso comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Accompagnamento coattivo per identificazione: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11284/2024, ha fornito un importante chiarimento sulla legittimità dell’accompagnamento coattivo per finalità di identificazione. La Suprema Corte ha stabilito che tale procedura non costituisce un atto arbitrario del pubblico ufficiale, rigettando così il ricorso di un cittadino e delineando i confini tra il giudizio di merito e quello di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello di Genova. Il ricorrente contestava la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove operata dai giudici di secondo grado. Tra i motivi del ricorso, veniva sollevata la questione di una presunta causa di giustificazione, basata sull’aver reagito a un atto ritenuto arbitrario da parte di un pubblico ufficiale.

L’Analisi della Corte di Cassazione e l’accompagnamento coattivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni fondamentali, che meritano un’analisi approfondita.

I Limiti del Giudizio di Legittimità

In primo luogo, i giudici hanno ribadito un principio cardine del nostro ordinamento: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non riesaminare i fatti o rivalutare le prove. Nel caso di specie, le doglianze del ricorrente riguardavano proprio la ricostruzione fattuale e l’apprezzamento del materiale probatorio, attività di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Poiché la motivazione della Corte territoriale è stata ritenuta congrua, adeguata e priva di vizi logici, il ricorso su questo punto è stato respinto.

La Legittimità dell’Accompagnamento Coattivo

Il secondo punto, di cruciale importanza, riguarda la presunta arbitrarietà dell’atto del pubblico ufficiale. Il ricorrente invocava la causa di giustificazione prevista dall’art. 393-bis del codice penale, che scusa le reazioni violente contro un pubblico ufficiale a fronte di un atto arbitrario. La Corte ha ritenuto tale argomento manifestamente infondato. Ha chiarito che l’accompagnamento coattivo presso un ufficio di polizia, anche in assenza di un arresto, è pienamente legittimo se finalizzato all’identificazione della persona, come previsto dall’articolo 349, comma 4, del codice di procedura penale. Di conseguenza, non può essere considerato un atto arbitrario che giustifichi una reazione.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su una netta distinzione di competenze giurisdizionali e su una chiara interpretazione della normativa procedurale. Le motivazioni dei giudici di merito sono state considerate esaurienti e logicamente coerenti, basate su massime di esperienza condivisibili. Sulla questione specifica dell’accompagnamento coattivo, la Corte ha specificato che questa azione rientra nei poteri del pubblico ufficiale per adempiere a un dovere d’ufficio, quello di identificare i soggetti. Pertanto, essendo un atto previsto e regolato dalla legge, non può essere qualificato come arbitrario.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha conseguenze pratiche rilevanti. In primo luogo, ribadisce che un ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti. In secondo luogo, consolida il principio secondo cui l’accompagnamento coattivo per identificazione è uno strumento legittimo a disposizione delle forze dell’ordine. Chi reagisce a tale atto non potrà, di norma, invocare la scusante dell’atto arbitrario. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende.

Un cittadino può reagire a un accompagnamento coattivo se lo ritiene ingiusto?
No. Secondo questa ordinanza, l’accompagnamento coattivo finalizzato all’identificazione personale è un atto legittimo previsto dalla legge (art. 349, comma 4, c.p.p.) e non costituisce un atto arbitrario del pubblico ufficiale. Pertanto, una reazione non sarebbe giustificata ai sensi dell’art. 393-bis c.p.

Perché la Corte di Cassazione non ha riesaminato le prove del processo?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo ruolo non è quello di ricostruire i fatti o valutare nuovamente le prove, ma di assicurare la corretta applicazione della legge e controllare la logicità della motivazione delle sentenze dei giudici di grado inferiore. Tali valutazioni spettano esclusivamente al Tribunale e alla Corte d’Appello.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Come conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, stabilita dalla Corte, in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati