Accompagnamento coattivo per identificazione: quando è legittimo?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11284/2024, ha fornito un importante chiarimento sulla legittimità dell’accompagnamento coattivo per finalità di identificazione. La Suprema Corte ha stabilito che tale procedura non costituisce un atto arbitrario del pubblico ufficiale, rigettando così il ricorso di un cittadino e delineando i confini tra il giudizio di merito e quello di legittimità.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello di Genova. Il ricorrente contestava la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove operata dai giudici di secondo grado. Tra i motivi del ricorso, veniva sollevata la questione di una presunta causa di giustificazione, basata sull’aver reagito a un atto ritenuto arbitrario da parte di un pubblico ufficiale.
L’Analisi della Corte di Cassazione e l’accompagnamento coattivo
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni fondamentali, che meritano un’analisi approfondita.
I Limiti del Giudizio di Legittimità
In primo luogo, i giudici hanno ribadito un principio cardine del nostro ordinamento: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non riesaminare i fatti o rivalutare le prove. Nel caso di specie, le doglianze del ricorrente riguardavano proprio la ricostruzione fattuale e l’apprezzamento del materiale probatorio, attività di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Poiché la motivazione della Corte territoriale è stata ritenuta congrua, adeguata e priva di vizi logici, il ricorso su questo punto è stato respinto.
La Legittimità dell’Accompagnamento Coattivo
Il secondo punto, di cruciale importanza, riguarda la presunta arbitrarietà dell’atto del pubblico ufficiale. Il ricorrente invocava la causa di giustificazione prevista dall’art. 393-bis del codice penale, che scusa le reazioni violente contro un pubblico ufficiale a fronte di un atto arbitrario. La Corte ha ritenuto tale argomento manifestamente infondato. Ha chiarito che l’accompagnamento coattivo presso un ufficio di polizia, anche in assenza di un arresto, è pienamente legittimo se finalizzato all’identificazione della persona, come previsto dall’articolo 349, comma 4, del codice di procedura penale. Di conseguenza, non può essere considerato un atto arbitrario che giustifichi una reazione.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda su una netta distinzione di competenze giurisdizionali e su una chiara interpretazione della normativa procedurale. Le motivazioni dei giudici di merito sono state considerate esaurienti e logicamente coerenti, basate su massime di esperienza condivisibili. Sulla questione specifica dell’accompagnamento coattivo, la Corte ha specificato che questa azione rientra nei poteri del pubblico ufficiale per adempiere a un dovere d’ufficio, quello di identificare i soggetti. Pertanto, essendo un atto previsto e regolato dalla legge, non può essere qualificato come arbitrario.
Le Conclusioni
L’ordinanza ha conseguenze pratiche rilevanti. In primo luogo, ribadisce che un ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti. In secondo luogo, consolida il principio secondo cui l’accompagnamento coattivo per identificazione è uno strumento legittimo a disposizione delle forze dell’ordine. Chi reagisce a tale atto non potrà, di norma, invocare la scusante dell’atto arbitrario. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende.
Un cittadino può reagire a un accompagnamento coattivo se lo ritiene ingiusto?
No. Secondo questa ordinanza, l’accompagnamento coattivo finalizzato all’identificazione personale è un atto legittimo previsto dalla legge (art. 349, comma 4, c.p.p.) e non costituisce un atto arbitrario del pubblico ufficiale. Pertanto, una reazione non sarebbe giustificata ai sensi dell’art. 393-bis c.p.
Perché la Corte di Cassazione non ha riesaminato le prove del processo?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo ruolo non è quello di ricostruire i fatti o valutare nuovamente le prove, ma di assicurare la corretta applicazione della legge e controllare la logicità della motivazione delle sentenze dei giudici di grado inferiore. Tali valutazioni spettano esclusivamente al Tribunale e alla Corte d’Appello.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Come conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, stabilita dalla Corte, in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11284 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11284 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/02/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che le deduzioni sviluppate nel ricorso concernendo la ricostruzione e la va del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili de rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello di Genova, che ha fornito una e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri d espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza e converge quello del Tribunale;
ritenuto in merito alla questione della causa di giustificazione di cui all’art. 393 che oltre a non essere stata dedotta nei motivi di appello, appare manifestamente non costituendo atto arbitrario del pubblico ufficiale l’accompagnamento coattiv l’ufficio in mancanza dell’arresto, potendo essere giustificato anche solo per all’identificazione (ex art. 349, comma 4, cod. proc. pen.);
ritenuto che dall’inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle a che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pr e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
ere estensore
Così eciso il 16 febbraio 2024 il
Il Pre dente
NOME