Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19628 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19628 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI VENEZIA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
NOME COGNOME (CUI: 04AG7H6) nato il DATA_NASCITA
NOME COGNOME ( CUI:01YCCB8) nato il DATA_NASCITA
NOME COGNOME (CUI: CODICE_FISCALE nato il DATA_NASCITA
NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
NOME ( CUI: 06T2CH7) nato il DATA_NASCITA
NOME COGNOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/12/2023 del TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che conclude per l’annullamento con rinvio per tutti i ricorrenti.
E presente l’avvocato NOME COGNOME del foro di TREVISO in difesa di: COGNOME (CUI: CODICE_FISCALE) il difensore presente si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento e chiede inoltre l’inammissibilità del ricorso del PG.
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di TREVISO in difesa di:
NOME (CUI: CODICE_FISCALE)
NOME (CUI: 01FGBW)
Il difensore presente chiede l’accoglimento del ricorso e che venga rigettato il ricorso del PG.
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di VENEZIA in difesa di: COGNOME NOME ( CUI: 06T2CH7) il difensore presente si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento e si associa all’avvocato COGNOME NOME
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di VENEZIA in difesa di:
COGNOME NOME (CUI: 01IJG52)
NOME COGNOME (CUI: 04AG7H6)
NOME COGNOME ( CUI:01YCCB8)
NOME COGNOME (CUI: 00XT4MQ
Il difensore presente chiede l’accoglimento dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Venezia, in accoglimento del riesame proposto dalle difese di NOME, NOME, NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME e NOME, ha annullato l’ordinanza del GIP dello stesso Tribunale con cui era stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere per i delitti di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/9 oggetto di provvisoria imputazione, ordinando l’immediata liberazione dei menzionati indagati.
Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, deducendo (in sintesi, giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.) quanto segue.
Erroneità della dichiarazione di inutilizzabilità delle intercettazioni.
Deduce che le istanze difensive di accesso alle intercettazioni, diversamente da quanto affermato dal Tribunale, non sono state affatto tempestive, né puntuali, né precise, derivandone l’insussistenza della eccepita nullità/inutilizzabilità delle intercettazioni.
Quanto alle istanze depositate dalla difesa dei ricorrenti NOME, NOME, NOME ed NOME, osserva che le stesse sono state depositate solo il 30.11.2023, a fronte di una esecuzione della misura cautelare avvenuta il 16.11.2023 e di ricorsi per il ·riesame proposti il 24.11.2023; peraltro, tali richieste sono state presentate a ridosso del fine settimana che precedeva la data dell’udienza (fissata per martedì 5.12.2023). Le dette istanze neanche indicavano il numero del RIT (Registro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) delle singole conversazioni, né segnalavano l’urgenza che le connotava, non consentendo all’Ufficio di Procura di poterle evadere con la dovuta tempestività.
Quanto all’istanza depositata il 23.11.2023 dalla difesa dei ricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, il ricorrente osserva che la stessa è stata erroneamente rivolta all’Ufficio GIP e non a quello di Procura, unico competente ad emettere provvedimenti rivolti al RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE. La Procura, in tal caso, non aveva dato seguito all’istanza in quanto mai pervenuta all’Ufficio.
II) Travisamento della prova in riferimento alla mancata presa in considerazione dei riscontri effettuati con le riprese video, dalle quali appare evincibile la cessione di sostanze stupefacenti da parte dei suddetti indagati.
III) Vizio di motivazione, nella parte in cui si fa derivare la carenza della gravità indiziaria nei confronti di COGNOME NOME dall’inutilizzabilità d intercettazioni, nonostante la sussistenza di videoriprese pienamente utilizzabili.
IV) Vizio di motivazione, in riferimento all’annullamento della misura nei confronti di NOME COGNOME, per non avere il Tribunale operato una valutazione globale degli elementi processualmente emersi ma solo atomistica, illegittimamente negando la sussistenza della gravità indiziaria per il reato associativo oggetto di provvisoria contestazione, oltre che dei reati sub 4) e 31).
Il Procuratore ricorrente ha depositato memoria scritta con la quale insiste per l’annullamento del provvedimento impugnato.
Il difensore di COGNOME NOME e COGNOME NOME ha depositato memoria scritta con cui chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Anche la difesa di NOME ha depositato memoria con cui chiede la reiezione del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
È fondata e assorbente la doglianza con cui si denuncia la erroneità della dichiarazione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, in riferimento a posizione degli indagati NOME, NOME, NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME.
Sul tema, occorre prendere le mosse dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 20300 del 22/04/2010, la quale – sulla scorta di quanto era stato stabilito dalla sentenza n. 336/2008 della Corte costituzionale – ha statuito che la nullità per violazione del diritto di difesa derivante dal mancato accesso alle registrazioni delle conversazioni o comunicazioni intercettate – nullità che è stata dichiarata nel provvedimento impugnato – consegue solo al rifiuto o all’ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore, prima del loro deposito ai sensi del quarto comma dell’art. 268 cod. proc. pen., l’accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei cosiddetti brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell’adozione di un’ordinanza custodia cautelare. Tale situazione dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., in quant determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova, che non inficia l’attività di ricerca della stessa ed il risultato probatorio, in sé considerati.
Il principio è stato ribadito dalle successive sentenze della Suprema Corte, nel senso che la nullità di cui si discute discende – esclusivamente – dal rifiuto o indebito ritardo del pubblico ministero nel garantire l’accesso alle registrazioni; sono state anche ribadite le ricadute dell’omessa consegna al difensore delle registrazioni stesse nel giudizio di riesame, peraltro nell’ambito di un contemperamento del diritto riconosciuto al difensore con le cogenti scansioni temporali delle procedure de libertate. In tale ambito, è stato precisato che la richiesta di copia ed ascolto delle intercettazioni, proprio perché implicante un non marginale lasso temporale per l’adempimento delle necessarie operazioni tecniche, va presentata al più presto, tenendo conto dei brevi termini che contraddistinguono la procedura di riesame. La difesa dell’indagato, infatti, fin dal momento dell’esecuzione dell’ordinanza cautelare o, al più tardi, allorquando presenta l’istanza di riesame, ha già contezza del fatto che l’ordinanza impugnata si fonda – in tutto o in parte – su intercettazioni telefoniche ed è, pertanto, onera di attivarsi immediatamente al fine di ottenere l’accesso a tali fonti di prova, non occorrendo affatto attendere l’avviso di fissazione dell’udienza. Ne consegue che l’onere di chiedere l’ascolto e la copia delle intercettazioni sorge fin dal momento in cui interviene il deposito dell’istanza di riesame, dovendosi ritenere intempestiva la proposizione di tale richiesta in un momento successivo (principio affermato, sia pur implicitamente, da Sez. 5, n.44150 del 13/06/2018, M., Rv. 274119; Sez. 6, n. 32571 del 24/06/2010, Vinci, Rv. 248548). Del resto, la richiesta difensiva di copia su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, poste a fondamento dell’adozione di un’ordinanza di custodia cautelare, può essere presentata anche prima della proposizione della richiesta di riesame, essendo funzionale allo scopo di esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali (Sez. 1, n. 20547 del 17/01/2011, Cassano, Rv. 250223). Sul difensore, inoltre, incombe l’ulteriore onere di specificare l’urgenza della richiesta di ascolto e rilascio di copia, in quant finalizzata alla proposizione del riesame o alla formulazione dei motivi in udienza, proprio perché l’autorità procedente deve essere messa in condizione di calibrare le attività funzionali al rilascio di copia ed all’ascolto rispetto ai termini ri previsti per l’impugnazione cautelare (Sez.4, n.24866 del 28/05/2015, Palma, Rv. 263729). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sulla base di tali premesse, può affermarsi che, pur non essendo previsto un termine fisso, la difesa non può lamentare alcuna nullità conseguente al mancato ascolto o rilascio di copia delle intercettazioni lì dove non dimostri di essersi tempestivamente attivata per chiedere l’accesso a tali fonti di prova, proponendo la relativa istanza in concomitanza con l’istanza di riesame, o quantomeno subito dopo la presentazione della stessa, specificando che la richiesta è funzionale all’impugnazione cautelare. Tale principio si pone in
continuità con l’affermazione secondo cui costituisce causa di nullità dell’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale il rifiuto o l’ingiustificato ritardo d pubblico ministero nel consentire l’accesso alle registrazioni delle conversazioni telefoniche o di riprese audiovisive utilizzate ai fini della applicazione della misur medesima, sempre che il difensore dell’interessato dimostri di essersi attivato tempestivamente per la richiesta e l’esame del materiale, anche richiedendo, nel caso di oggettiva impossibilità di completare la propria attività, il rinv dell’udienza di riesame ai sensi dell’art. 309, comma 9-bis cod. proc. pen. (così, in motivazione, Sez. 6, n. 33968 del 13/07/2021, n.m.; v. anche Sez. 2, n. 54721 dell’1/12/2016, Lafleur, Rv. 268916).
Nel caso in esame, per quanto attiene alle istanze di accesso alle registrazioni presentate all’Ufficio della Procura della Repubblica, tramite PEC, dalla difesa di NOME, NOME, NOME ed NOME, risulta pacificamente che le stesse sono state depositate solo il 30.11.2023, a fronte di una esecuzione della misura cautelare avvenuta il 16.11.2023 e di ricorsi per il riesame proposti il 24.11.2023; si tratta, dunque, di istanze palesemente intempestive.
Con riferimento, invece, alle istanze presentata dalla difesa degli altri indagati interessati all’accesso alle registrazioni, risulta addirittura che la richiesta difens non è stata neanche presentata all’Ufficio competente, vale a dire la Procura della Repubblica, bensì inviata all’Ufficio GIP tramite sistema telematico. In altri termini, la relativa istanza non è mai pervenuta al pubblico ministero, per cui tale Ufficio non è stato mai messo in condizione di consentire al difensore di avere accesso alle registrazioni.
Ciò implica che non è possibile invocare, in una situazione del genere, la nullità del procedimento di acquisizione della prova (brogliacci di intercettazione) per la illegittima compressione del diritto di difesa, poiché detta nullità può conseguire soltanto, come già detto, al rifiuto o all’ingiustificato ritardo del pubblico ministe nel consentire al difensore l’accesso alle registrazioni; situazione che, evidentemente, richiede che l’istanza sia tempestivamente presentata allo stesso pubblico ministero e non ad altri organi giudiziari. Di qui il principio per cui, tema di riesame, la richiesta del difensore volta ad accedere, prima del loro deposito ai sensi del quarto comma dell’art. 268 cod. proc. pen., alle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei c.d. brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell’adozio un’ordinanza di custodia cautelare, deve essere presentata al pubblico ministero e non al giudice per le indagini preliminari che ha emesso il provvedimento cautelare (Sez. U, n. 20300 del 22/04/2010, Rv. 246906 – 01).
Nella sua memoria la difesa oppone, in estrema sintesi, che il portale telematico a ciò deputato aveva indirizzato automaticamente la relativa istanza all’Ufficio GIP e non al PM. Trattasi di problematica che non può essere esaminata compiutamente nella presente sede di legittimità ma che comunque appare inconsistente ai fini che qui rilevano. Invero, è in atti dimostrato che la relati istanza avrebbe dovuto/potuto essere indirizzata direttamente al PM anche in altro modo, come era stato fatto dalla difesa degli altri indagati, i quali, come già visto vi avevano provveduto, sia pure tardivamente, a mezzo EMAIL. Inoltre, resta il fatto che il PM non ha mai ricevuto la relativa istanza, per cui nessuna nullità può dirsi nel caso integrata, nel senso dianzi accennato, la stessa presupponendo un comportamento, per così dire, “colpevole” da parte dell’organo inquirente (rifiuto o ritardo ingiustificato nel consentire l’accesso alla difesa delle registrazioni).
Con riferimento al motivo proposto nei confronti di NOME COGNOME, per il quale non si pone alcun problema relativo alla nullità delle intercettazioni, si deve rilevare che la doglianza è inammissibile, in quanto sviluppa generiche censure di merito che non possono essere esaminate nella presente sede di legittimità.
Si deve qui ribadire che nel nostro sistema processuale la Suprema Corte non è chiamata ad interpretare a sua volta, sulla base delle critiche avanzate in ricorso, il significato delle prove o degli indizi processualmente emersi, al fine di stabilir quale sia la migliore e più affidabile ricostruzione dei fatti penalmente rilevanti ovvero al fine di valutare la persistente sussistenza di esigenze cautelari. Ciò porrebbe la Cassazione in una posizione equivalente a quella di un giudice di merito superiore o di terza istanza, estranea al ruolo che le è proprio, che è invece quello di una Corte di legittimità chiamata a valutare la correttezza giuridica e motivazionale dei provvedimenti oggetto di ricorso, secondo le direttive delineate dall’art. 606 cod. proc. pen.
Invero, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare o a negare, oltre alla gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, la configurabilità di concrete ed attuali esigenze cautelari, e d controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione di tali elementi rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Sotto questo profilo, l’ordinanza impugnata non presenta vizi logicogiuridici desumibili in sede di legittimità, avendo adeguatamente e specificamente rappresentato le ragioni di inconsistenza della gravità indiziaria a carico del
prevenuto, in relazione al reato associativo e a diversi episodi di cessione di sostanza stupefacente oggetto di provvisoria imputazione.
In estrema sintesi:
-quanto al capo 4), il Tribunale ha dato conto del fatto che la sola circostanza che è stata dimostrata è che il prevenuto si è incontrato, una sola volta, con il soggetto che in tesi accusatoria avrebbe effettuato il trasporto di stupefacente, in assenza di ulteriori elementi dai quali inferire che tale incontro sia avvenuto a scopo illecito.
-quanto al capo 31), il Tribunale ha ritenuto provate le cessioni di droga, sulla base delle conversazioni intercettate, solo nei casi in cui, nel corso di tali conversazioni, gli interlocutori hanno formulato chiari riferimenti all natura di quanto consegnato dall’indagato ai terzi.
quanto al capo 1), il Tribunale ha ritenuto che i due soli acquisiti di stupefacente del prevenuto dal coindagato COGNOME NOME e la cessione al dettaglio di parte di tale sostanza non siano sufficienti per affermare, sul piano della gravità indiziaria, la partecipazione del COGNOME al sodalizio, comprensivo di una serie numerosa di ulteriori soggetti con i quali l’indagato non risulta aver intrattenuto alcun tipo di rapporto.
Rispetto a tali considerazioni, certamente congrue e non manifestamente illogiche, la parte pubblica ricorrente pretende di ottenere in questa sede, sotto l’apparente schermo del vizio motivazionale, una “rilettura” della valenza indiziaria degli elementi processualmente emersi a carico del prevenuto, operazione notoriamente rimessa alla esclusiva competenza del giudice di merito.
Va aggiunto che, nonostante il Tribunale abbia anche motivatamente ritenuto l’insussistenza delle esigenze cautelari nei confronti dell’indagato, perché reputate non più attuali – essendo stata confermata la gravità indiziaria unicamente di due acquisti di sostanza stupefacente ad agosto ed ottobre 2021 e di alcune limitate cessioni al dettaglio tra giugno ed agosto dello stesso anno – il ricorrente non ha neanche prospettato ragioni a sostegno della persistente attualità e concretezza delle esigenze cautelari nei confronti del prevenuto.
Alle superiori considerazioni consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alla posizione degli indagati NOME , NOME, NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame di Venezia, nonché l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti di NOME COGNOME.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla posizione degli indagati NOME, NOME, NOME, NOME, NOME, COGNOME Az NOME e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Venezia. Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti di NOME COGNOME.
Così deciso il 9 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente