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Accesso al mare: cancello su strada pubblica è reato

La Corte di Cassazione ha confermato il sequestro di un cancello installato su una strada comunale. Anche in presenza di una concessione locale, l’atto di impedire il libero accesso al mare integra il reato di occupazione abusiva, poiché il diritto pubblico al transito verso la battigia è un principio inderogabile stabilito dalla legge nazionale.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Accesso al Mare: Concessione Comunale Non Giustifica la Chiusura di una Strada Pubblica

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale: il diritto dei cittadini al libero accesso al mare prevale sugli interessi privati, anche quando questi sono supportati da un’autorizzazione amministrativa locale. La decisione riguarda il caso della titolare di uno stabilimento balneare che aveva installato un cancello su una strada comunale, impedendo di fatto il pubblico transito verso la spiaggia. Vediamo nel dettaglio i fatti e le motivazioni della Corte.

I Fatti del Caso: Un Cancello sulla Strada per la Spiaggia

La vicenda ha origine dal sequestro preventivo di un cancello metallico. Il cancello era stato posizionato all’inizio di una stradina comunale che conduceva al litorale, di fatto annettendo la via pubblica alla proprietà privata dello stabilimento balneare e riservandone l’uso esclusivo ai propri clienti. La titolare della struttura si era opposta al provvedimento, sostenendo di agire in forza di una delibera comunale che la autorizzava a occupare la stradina. Secondo la sua difesa, l’atto del Comune legittimava il suo operato e, pertanto, non sussisteva alcun reato di occupazione abusiva.

Il Tribunale del Riesame, tuttavia, aveva confermato il sequestro, spingendo la difesa a ricorrere in Cassazione per violazione di legge.

La Decisione della Corte: il Principio Superiore del Libero Accesso al Mare

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la piena legittimità del sequestro. I giudici hanno chiarito che, sebbene la ricorrente avesse ottenuto una concessione dal Comune, tale provvedimento non poteva in alcun modo derogare alle leggi nazionali che tutelano il diritto di tutti i cittadini di accedere liberamente alla battigia.

L’installazione del cancello, trasformando una strada pubblica in un accesso privato, configurava pienamente il delitto di occupazione abusiva di suolo pubblico previsto dall’art. 633 del codice penale.

Le Motivazioni: Perché un’Autorizzazione Comunale non Basta?

La sentenza si fonda su una gerarchia delle fonti normative molto chiara. Le leggi nazionali, come la Legge Finanziaria del 2006 e la Legge Comunitaria del 2010, stabiliscono un principio generale e inderogabile: i titolari di concessioni demaniali hanno l’obbligo di consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante, anche per finalità di balneazione.

Questo principio, spiega la Corte, è espressione di tutele di rango costituzionale (artt. 2, 9 e 42 Cost.), che proteggono la personalità umana, il paesaggio e la funzione sociale della proprietà. Il mare e la spiaggia sono considerati beni ‘comuni’, la cui fruizione collettiva deve essere garantita.

Di conseguenza:
1. Un provvedimento locale non può violare una legge nazionale: La delibera comunale, pur esistente, non aveva la forza di legittimare un’azione (l’apposizione del cancello) che contrastava direttamente con un obbligo imposto da una legge dello Stato.
2. L’uso esclusivo è illegittimo: La concessione autorizzava l’uso della stradina, ma non la sua trasformazione in un’area ad uso esclusivo. L’occupazione è diventata abusiva nel momento in cui ha superato i limiti della concessione stessa, impedendo il pubblico passaggio.
3. Non sussiste la buona fede: La Corte ha escluso anche la buona fede della ricorrente. La natura stessa del bene (una strada di accesso al mare) e la chiarezza delle norme nazionali avrebbero dovuto rendere evidente che l’installazione di una barriera fisica permanente era un atto illegittimo.

Infine, il sequestro è stato ritenuto necessario per la sua funzione impeditiva, ovvero per interrompere una condotta illecita permanente e ripristinare immediatamente il diritto di libero transito per la collettività.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Titolari di Concessioni

Questa sentenza invia un messaggio inequivocabile ai titolari di concessioni demaniali e agli enti locali. Il diritto di accesso al mare è sacro e non può essere limitato da barriere fisiche o da provvedimenti amministrativi che creino usi esclusivi di vie pubbliche. Qualsiasi atto di concessione deve essere interpretato e applicato in conformità con il principio superiore del libero e gratuito accesso alla battigia. Chiunque ostacoli tale diritto, anche se in possesso di un’autorizzazione locale, rischia di incorrere nel reato di occupazione abusiva e di subire provvedimenti come il sequestro dei beni utilizzati per commettere l’illecito.

È possibile installare un cancello su una strada pubblica che porta al mare se si ha una concessione comunale?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che nessuna concessione comunale può derogare al principio nazionale del libero e gratuito accesso alla battigia e al mare. L’installazione di una barriera fisica che impedisce il pubblico transito costituisce reato.

Il reato di occupazione abusiva sussiste anche se si agisce sulla base di un’autorizzazione di un ente locale?
Sì. Se l’utilizzo del bene pubblico concesso è difforme da quanto previsto dalla legge nazionale, come nel caso di un uso esclusivo che impedisce il pubblico transito, si configura il reato. L’autorizzazione locale non può legittimare una violazione di norme di rango superiore.

Cosa significa il principio del ‘libero accesso al mare’?
Significa che tutti i cittadini hanno il diritto di raggiungere liberamente e gratuitamente la battigia (la riva), anche se per farlo devono attraversare aree date in concessione a privati. Questo diritto è tutelato da leggi nazionali e principi costituzionali per garantire la fruizione collettiva di un bene comune.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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