Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34955 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34955 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/04/2025 del TRIB. LIBERTA’ di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria della difesa in data 22/09/2025 che ha contestato le conclusioni della Procura generale ed insistito nei motivi;
u dito il difensore AVV_NOTAIO che ha insistito per l’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Taranto, sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari reali, con ordinanza in data 31 maggio 2025, rigettava l’appello proposto nell’interesse di COGNOME NOME avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari dello stesso tribunale che aveva respinto la richiesta di revoca del sequestro preventivo di un cancello accedente una stradina comunale del comune di Marina di RAGIONE_SOCIALE, disposto nel procedimento per occupazione abusiva intentato nei confronti della stessa indagata.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore della
COGNOME, AVV_NOTAIO, deducendo, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. per avere il giudice dell’appello cautelare arbitrariamente immutato il fatto contestato alla ricorrente nell’incolpazione provvisoria posto che, nel provvedimento cautelare genetico, si contestava alla stessa di essere priva di autorizzazione doganale pur avendo ella agito in ottemperanza della delibera comunale n. 123/2024 del Comune RAGIONE_SOCIALE; il Tribunale del riesame, invece, aveva ribaltato la prospettazione accusatoria sostenendo una ricostruzione dei fatti differente da quella esposta dal Giudice per le indagini preliminari avendo ritenuto che la richiesta autorizzazione doganale non fosse prevista;
violazione ex art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. quanto alla errata interpretazione della delibera comunale concessoria che autorizzava l’occupazione della stradina da parte della RAGIONE_SOCIALE di cui è titolare l’indagata;
violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. quanto alla ritenuta sussistenza del dolo posto che la COGNOME aveva agito in buona fede comprovata dal contenuto della delibera autorizzativa;
violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. quanto alla ritenuta sussistenza del periculum in mora .
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso appare essere stato proposto per motivi infondati e deve, pertanto, essere respinto.
Ed invero, quanto al primo motivo, deve essere escluso che il Tribunale dell’appello cautelare reale abbia operato una illegittima mutazione dei fatti contestati posto che, il provvedimento impugnato, a pagina 1, esordisce con la descrizione della fattispecie di occupazione abusiva contestata all’imputata mediante la condotta di ostruzione della stradina comunale attuata con l’apposizione di un cancello in metallo che ne determinava l’annessione alla proprietà privata. E, su tale imputazione, il Tribunale ha ampiamente argomentato ritenendo che la concessione comunale non legittimasse la ricorrente a farne uso esclusivo per l’accesso al proprio lido balneare senza, pertanto, la ricorrenza del contestato vizio.
Il secondo motivo propone una lettura del provvedimento comunale di concessione della stradina comunale di accesso al mare che contrasta con norme di natura primaria; deve, infatti, essere ricordato come la disciplina delle concessioni comunali delle vie di accesso al mare deve essere coordinata con le
disposizioni di legge che costituiscono fonte sovraordinata, non potendo il provvedimento amministrativo dell’ente territoriale contrastare e derogare ad una norma di carattere generale contenuta nella legge nazionale.
Orbene, in materia di vie di accesso al mare, i principi di riferimento sono dettati dalle disposizioni dettate dalla legge finanziaria del 2006 (L. n. 296 del 2712-2006) nonché dalla Legge comunitaria del 2010 (L. n. 217 del 2011); la prima fonte stabilisce all’art. 1, comma 251, lett. e) un generale ‘ obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione ‘.
Con una disposizione di carattere generale, quindi, il legislatore nazionale ha dettato una prima regola di riferimento alla quale devono attenersi sia gli enti territoriali che i titolari di singole concessioni demaniali marittime stabilendo espressamente il diritto dei cittadini di libero accesso al mare che non può essere impedito dal rilascio di provvedimenti concessori che abbiano ad oggetto spazi demaniali marittimi ovvero vie di accesso al mare.
Detto principio generale di riferimento è stato ribadito dalla legge comunitaria del 2010 che, nel dettare le d isposizioni per l’adempimento d egli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee , ha stabilito come ogni previsione successiva vada assunta:’ fermo restando, in assoluto, il diritto libero e gratuito di accesso e di fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione… ‘; anche tale disposizione, pertanto, ha ribadito il generale principio del diritto di libero accesso al mare che ogni successiva disposizione normativa emanata anche in sede di decreto legislativo governativo deve rispettare.
Va poi precisato che alcuna modifica sostanziale al principio del diritto di libero accesso al mare appare essere stato disposto in forza dell’art. 1 della recente legge n. 166 del 2024 intitolato:’ Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalita’ turistico-ricreative e sportive-Procedura di infrazione n. 2020/4118 ‘, finalizzato a superare il conflitto tra la normativa nazionale e le disposizioni comunitarie in tema di concessioni demaniali marittime e che ha introdotto una proroga generalizzata al 31 dicembre 2027 per le concessioni ancora in vigore; detta normativa invero, oltre ad avere previsto la indicata proroga, ha dettato disposizioni in tema di procedure selettive per l’affidament o delle concessioni demaniali marittime aventi ad oggetto nuovi insediamenti ovvero le concessioni ancora a scadere senza, però, che alcuna disposizione abbia modificato i principi generali introdotti dalla Legge finanziaria del 2006 e dalla Legge comunitaria del 2010.
Il principio generale del libero accesso al mare trova conforto anche in varie applicazioni giurisprudenziali; le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione hanno affermato come dalla applicazione diretta degli artt. 2, 9 e 42 Cost. si ricava il principio della tutela della personalità umana e del suo corretto svolgimento, nell’ambito dello Stato sociale, anche in relazione al “paesaggio”, con specifico riferimento non solo ai beni costituenti, per classificazione legislativa-codicistica, il demanio e il patrimonio oggetto della “proprietà” dello Stato, ma anche riguardo a quei beni che, indipendentemente da una preventiva individuazione da parte del legislatore, per loro intrinseca natura o finalizzazione, risultino, sulla base di una compiuta interpretazione dell’intero sistema normativo, funzionali al perseguimento e al soddisfacimento degli interessi della collettività e che – per tale loro destinazione alla realizzazione dello Stato sociale – devono ritenersi “comuni”, prescindendo dal titolo di proprietà, risultando così recessivo l’aspetto demaniale a fronte di quello della funzionalità del bene rispetto ad interessi della collettività (Sez. U, n. 3665 del 14/02/2011, Rv. 615917 – 01).
3.1. Il principio del libero accesso alla battigia e la conseguente impossibilità anche per i concessionari di aree di installare ostacoli per l’uso della stessa è stato riaffermato anche dalla giurisprudenza amministrativa; in particolare due recenti pronunce (T.A.R. Campania sez. VII n. 1498 e n. 1499 del 30/07/2024) hanno ricordato come le Regioni, nel predisporre i piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo devono individuare un corretto equilibrio tra le aree concesse a soggetti privati e gli arenili liberamente fruibili; devono inoltre individuare le modalità e la collocazione dei varchi necessari al fine di consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione.
3.2. Nello stesso senso va richiamata l’ ordinanza n. 2543/2015 della sesta sezione del Consiglio di Stato, che, dirimendo la questione relativa all’accessibilità pubblica alla battigia e al mare, ha precisato che ‘il demanio marittimo è indirettamente inscindibilmente connesso con il carattere pubblico della sua fruizione collettiva, cui è naturalmente destinato, rispetto alla quale l’esclusività che nasce dalla concessione costituisce eccezione, precisando inoltre che di tale principio generale costituisco no applicazione tra l’altro l’art. 1, comma 251, della legge finanziaria citata, a norma del quale costituisce clausola necessaria del provvedimento concessorio l’obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione’.
L’applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame comporta affermare che il titolare di una concessione rilasciata dall’ente territoriale avente
ad oggetto l’utilizzo di una strada comunale che permette l’accesso al mare non può apporre sulla stessa alcuna limitazione strutturale che impedisca l’esercizio del diritto di libero accesso al mare garantito a tutti i cittadini dalle indicate disposizioni normative. E pertanto correttamente nel caso di specie veniva contestato il delitto di cui all’art. 633 cod. pen. di occupazione illegittima mediante l’apposizione del cancello che determinava una annessione di fatto della strada ad un uso esclusivamente privato.
4.1. La giurisprudenza della corte di legittimità ha già stabilito come sussista il delitto di cui all’art. 633 cod. pen nelle ipotesi di utilizzo dell’area pubblica oggetto di concessione con modalità difformi dal provvedimento amministrativo; si è in particolare affermato come commette il reato di invasione di terreno chi, sia pur autorizzato dall’ente pubblico, occupa uno spazio demaniale diverso e di maggiore estensione rispetto a quello per il quale è stata rilasciata la concessione (Sez. 2, n. 17892 del 15/04/2015, COGNOME, Rv. 263765 – 01).
4.2. Detta affermazione va ribadita anche nel caso in cui il titolare del provvedimento concessorio di una strada comunale o comunque pubblica impedisca il libero accesso al mare non potendo il provvedimento dell’ente territoriale derogare ai principi della normativa nazionale di riferimento disponendo un uso esclusivo e privato del bene pur dato in concessione; circostanza questa che peraltro il provvedimento impugnato esclude sulla base di una attenta e ragionata lettura della stessa concessione comunale.
Il terzo motivo deduce doglianze non consentite nei ricorsi per cassazione avverso provvedimenti cautelari reali; ed invero, va ricordato come il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli ” errores in iudicando ” o ” in procedendo “, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01).
Orbene, deve essere escluso che, nel caso in esame, il provvedimento impugnato manchi di motivazione in ordine al fumus del reato contestato posto che il Tribunale, con le ampie argomentazioni esposte alle pagine 5 e segg., ha ampiamente spiegato come il provvedimento concessorio non autorizzasse la società della ricorrente ad apporre cancelli di ingresso tali da trasformare la strada comunale di accesso al mare in stradina ad uso esclusivo e che, in relazione
all’elemento soggettivo (vedi p. 7, in particolare) proprio per la natura del provvedimento concessorio non possa ritenersi la buona fede dell’indagata.
A fronte di tali valutazioni fondate su argomenti precisamente esposti e basati su una lettura del provvedimento amministrativo e del comportamento della ricorrente le doglianze prospettano letture alternative non consentite nei ricorsi per sola violazione di legge.
Anche il quarto motivo non è fondato posto che, a pagina 8 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha ricollegato il sequestro alla sua essenziale funzione impeditiva trattandosi di condotta permanente e persistente con argomentazione priva di qualsiasi vizio in relazione alla natura del reato oggetto di provvisoria incolpazione ed alla condotta come puntualmente ricostruita.
Alla declaratoria di infondatezza consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 9 ottobre 2025
IL CONSIGLIERE AVV_NOTAIO NOME COGNOME
IL PRESIDENTE NOME COGNOME