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Accesso abusivo sistema informatico: Cassazione 22017/25

Un pubblico ufficiale viene condannato per accesso abusivo a sistema informatico per aver consultato, per ragioni personali, un procedimento. La Cassazione respinge il ricorso, affermando che il mutamento giurisprudenziale che ha portato alla condanna era prevedibile e non costituisce un’applicazione retroattiva di una norma più sfavorevole, in quanto l’evoluzione interpretativa era già in atto al momento del fatto.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Accesso Abusivo a Sistema Informatico: Quando il Mutamento di Giurisprudenza è Prevedibile?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22017 del 2025, affronta un tema cruciale in materia di accesso abusivo a sistema informatico: la prevedibilità di un’evoluzione giurisprudenziale sfavorevole all’imputato. Il caso riguarda un pubblico ufficiale che, pur disponendo delle credenziali di accesso, ha utilizzato il sistema informatico dell’ufficio per scopi personali. La difesa ha sostenuto l’illegittimità della condanna, basata su un’interpretazione della norma affermatasi solo dopo la commissione del fatto. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso, stabilendo un importante principio sulla prevedibilità della legge penale e delle sue interpretazioni.

I Fatti di Causa

Un agente di polizia giudiziaria in servizio presso una Procura della Repubblica veniva accusato del reato di cui all’art. 615-ter c.p. per essersi introdotto abusivamente nel sistema informatico al fine di monitorare un procedimento penale a carico di ignoti, ma che riguardava una dirigente del suo stesso ufficio. L’agente, pur essendo formalmente abilitato all’accesso per la gestione dei cosiddetti ‘seguiti’ delle denunce, aveva effettuato plurimi accessi nell’arco di pochi giorni per controllare l’evoluzione di un fascicolo per il quale non sussisteva alcuna reale esigenza di servizio. La sua condotta era motivata da rapporti di amicizia con il denunciante e di inimicizia con la dirigente coinvolta. Mentre il Tribunale di primo grado lo aveva assolto, la Corte d’Appello ne aveva invece affermato la responsabilità penale.

L’Evoluzione Giurisprudenziale sull’Accesso Abusivo

Il cuore della controversia legale risiede nell’evoluzione dell’interpretazione del reato di accesso abusivo a sistema informatico. Per anni, la giurisprudenza si è divisa su cosa rendesse ‘abusivo’ l’accesso di un soggetto formalmente autorizzato.

* La sentenza ‘Casani’ (Sezioni Unite, 2011, dep. 2012): In un primo momento, le Sezioni Unite avevano stabilito che l’accesso era illecito solo se l’agente violava le prescrizioni tecniche e organizzative impartite dal titolare del sistema. Gli scopi e le finalità personali dell’utente erano considerati irrilevanti.

* La sentenza ‘Savarese’ (Sezioni Unite, 2017): Successivamente, un nuovo intervento delle Sezioni Unite ha cambiato radicalmente la prospettiva. Con la sentenza ‘Savarese’, si è affermato che integra il reato anche la condotta di chi, pur abilitato, accede al sistema per ragioni ‘ontologicamente estranee’ a quelle per cui gli è stata attribuita la facoltà di accesso. In altre parole, la finalità dell’azione diventa un elemento decisivo per valutare l’abusività della condotta.

La difesa dell’imputato sosteneva che, poiché i fatti risalivano al 2016 (prima della sentenza ‘Savarese’), la condanna rappresentava un’applicazione retroattiva di un orientamento sfavorevole e imprevedibile.

La Decisione della Cassazione: Perché il mutamento era prevedibile?

La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, ritenendo il ricorso infondato. Secondo i giudici, il passaggio dalla giurisprudenza ‘Casani’ a quella ‘Savarese’ non è stato un overruling improvviso e imprevedibile, ma una prevedibile evoluzione interpretativa.

Le Motivazioni

La Corte ha evidenziato che già nel periodo intercorrente tra le due pronunce delle Sezioni Unite, si era registrato un acceso dibattito giurisprudenziale e numerose sentenze delle sezioni semplici avevano iniziato a dare rilievo alle finalità dell’accesso, specie per i pubblici ufficiali. Esisteva, quindi, un contrasto interpretativo che rendeva l’esito della sentenza ‘Savarese’ uno dei possibili e ragionevolmente prevedibili sviluppi. La stessa sentenza ‘Casani’ conteneva già in nuce il principio secondo cui compiere ‘operazioni di natura ontologicamente diversa’ da quelle consentite violava il titolo legittimante l’accesso.

Di conseguenza, l’imputato, al momento dei fatti, non poteva fare affidamento su una regola stabile e pacifica, ma si trovava in un contesto giuridico in cui la rilevanza penale della sua condotta era già oggetto di discussione. La Corte ha concluso che l’evoluzione giurisprudenziale era volta a completare e integrare un profilo specifico del reato, rendendo l’interpretazione ‘Savarese’ né implausibile né irragionevole al momento della commissione del fatto. L’accesso, avvenuto per finalità di ‘stretto monitoraggio’ personale e in assenza di una reale esigenza di servizio, era quindi da considerarsi abusivo.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’autorizzazione ad accedere a un sistema informatico non è una ‘patente’ illimitata. Per i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio, la facoltà di accesso è intrinsecamente legata alle finalità istituzionali. Qualsiasi utilizzo per scopi privati o estranei alle proprie funzioni integra il reato di accesso abusivo a sistema informatico. Inoltre, la Corte chiarisce che il principio di prevedibilità della legge penale non viene violato se un mutamento giurisprudenziale sfavorevole è il risultato di un’evoluzione graduale e già dibattuta, che un operatore del diritto (come un agente di polizia giudiziaria) dovrebbe essere in grado di cogliere. La decisione serve da monito per chiunque gestisca dati sensibili: il potere conferito dalle credenziali deve essere esercitato esclusivamente nell’ambito del perimetro funzionale assegnato.

Quando un accesso a un sistema informatico è considerato ‘abusivo’ anche se si possiedono le credenziali?
L’accesso è considerato abusivo quando viene effettuato per ragioni e finalità ‘ontologicamente estranee’ a quelle per cui è stata concessa l’autorizzazione, ovvero per scopi personali o comunque non attinenti alle mansioni di servizio.

Si può essere condannati in base a un’interpretazione della legge più severa che si è affermata dopo il fatto?
Sì, è possibile se tale cambiamento interpretativo era ragionevolmente prevedibile al momento della commissione del reato. Secondo la sentenza, un’evoluzione è prevedibile quando non costituisce un’inversione improvvisa di una regola stabile, ma risolve un contrasto giurisprudenziale già esistente.

Cosa distingue un’evoluzione giurisprudenziale prevedibile da un ‘overruling’ imprevedibile?
Un’evoluzione prevedibile, come nel caso di specie, rappresenta la specificazione e il chiarimento di un principio già in discussione, spesso per risolvere un contrasto tra diverse sentenze. Un ‘overruling’, invece, è un cambiamento netto e inaspettato di un principio di diritto consolidato e pacifico, sul quale i cittadini potevano legittimamente fare affidamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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