Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3206 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3206 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, nonché le conclusioni del difensore del ricorrente, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 10 gennaio 2023, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione di primo grado, che aveva ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 615 ter, aggravato ai sensi dei commi secondo, n. 1, e terzo, cod. pen., per essersi abusivamente introdotto nella banca dati del programma gestionale I.c.i., per visionare 105 posizioni e ordinare quindi un’operazione di stampa e di annullamento di almeno 87 avvisi di accertamento.
Nell’interesse degli imputati è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. at cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge in relazione alla contestata condotta di accesso abusivo al sistema informatico, rilevando che non sono emersi elementi probatori idonei ad individuare con certezza il soggetto agente né il personal computer attraverso il quale era stato operato l’accesso. D’altra parte, l’imputato, considerata la pregressa attività lavorativa presso l’ufficio Tributi, era consapevole del fatto – confermato dai testi COGNOME ed COGNOME – che non sarebbe conseguito alcun effetto concreto all’annullamento degli avvisi contenuti nella banca dati, poiché i file cancellati erano dei meri riepiloghi degli avvisi cartacei già emessi e notificati ai destinatari.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 615 ter, terzo comma, cod. pen., contestando, alla luce delle conclusioni di Sez. 5, n. 24576 del 16/03/2021, COGNOME, Rv. 281320 – 0, che la banca data dei ruoli relativi all’I.c.i. e alla RAGIONE_SOCIALE possa essere considerata di pubblico interesse, dal momento che essa non è destinata al servizio di una collettività indifferenziata o indeterminata di soggetti e comunque si concreta in meri report di atti notificati.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge, in relazione alla ritenuta attribuzione all’imputato della qualifica di incaricato di pubblico servizio di cui all’art. 615-ter, secondo comma, n. 1, cod. pen., tenuto conto che, all’epoca dei fatti, l’imputato era addetto all’U.T.C., quale mero collaboratore del responsabile dell’ufficio. In ogni caso, nella sentenza non sarebbe dato cogliere alcuna motivazione in ordine alla violazione di doveri inerenti alla funzione svolta o alle modalità attraverso le quali l’imputato avrebbe abusato dei propri poteri.
3. Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, nonché le conclusioni del difensore del ricorrente, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il primo motivo di ricorso è inammissibile, per assenza di specificità, dal momento che non è dato cogliere alcuna illogicità nell’accertamento dei giudici di merito, fondato sul fatto che l’accesso al sistema informatico era stato realizzato utilizzando le credenziali dell’imputato. Rispetto a tali indicazioni, il ricorso obietta, in primo luogo, che non sarebbe stato identificato il p.c. dal quale l’accesso sarebbe avvenuto, prospettando un dato assolutamente irrilevante, rispetto all’univocità delle conclusioni che, in difetto di elementi di segno contrario, si traggono dall’utilizzo delle credenziali dell’imputato, quale che sia stato l’elaboratore in concreto utilizzato.
Va aggiunto che il dubbio ragionevole di cui all’art. 530, comma 1, cod. proc. pen. deve identificarsi in una ricostruzione della vicenda non solo astrattamente ipotizzabile in rerum natura, ma la cui plausibilità nella fattispecie concreta risulti ancorata alle risultanze processuali, assunte nella loro oggettiva consistenza. È dunque necessario che il dubbio ragionevole risponda non solo a criteri dotati di intrinseca razionalità, ma sia suscettibile di essere argomentato con ragioni verificabili alla stregua del materiale probatorio acquisito al processo (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017 – dep. 03/04/2018, Troise, Rv. 272430), non potendo il dubbio fondarsi su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile (Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, P. Rv. 281647 – 04).
Non essendo emersi elementi idonei a giustificare l’utilizzo delle credenziali da parte di terzi, la dedotta inutilità pratica dell’operazione – oggetto, peraltro, di mera asserzione del ricorso, a fronte della considerazione della Corte territoriale, secondo la quale la cancellazione aveva reso difficoltoso e dispendioso il ripristino dei files non è elemento che incrina la riconducibilità dell’operazione pacificamente intervenuta – al COGNOME, ma che pone – si ripete, astrattamente – in dubbio la finalità della condotta, la cui esistenza e abusività, tuttavia, non sono oggetto di contestazione.
2. Il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.
In tema di accesso abusivo ad un sistema informatico, ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 615-ter, terzo comma, cod. pen., sono “di interesse pubblico” solo i sistemi informatici o telematici di pubblica
utilità, ossia destinati al servizio di una collettività indifferenziata e indeterminata di soggetti, e non anche quelli a vario titolo riconducibili all’esercizio di diritti, p di rilevanza collettiva, costituzionalmente tutelati (Sez. 5, n. 24576 del 16/03/2021, COGNOME, Rv. 281320 – 01, resa con riguardo a un caso di accesso abusivo al sito del fondatore di un movimento politico di livello nazionale utilizzato per la divulgazione delle idee di detto movimento).
Ciò posto, proprio alla luce di questo precedente, invocato dallo stesso ricorrente, emerge in termini nitidi la sussistenza della circostanza aggravante contestata, tenuto conto della strumentalità della banca dati rispetto alla gestione di un tributo rivolto alla generalità dei soggetti chiamati a concorrere, ricorrendo gli specifici presupposti di legge, alla formazione delle risorse pubbliche occorrenti per l’erogazione dei servizi alla comunità.
Inammissibile per manifesta infondatezza è anche il terzo motivo, tenuto conto che la cessazione delle funzioni svolte presso l’ufficio tributi – anche indipendentemente dalla conservazione di mansioni di pubblico ufficiale in altra articolazione dell’ente pubblico – non risulta essere stata accompagnata dalla dismissione delle credenziali. Il fatto che il COGNOME avesse conservato la possibilità di accedere alla banca dati, positivamente accertato dalla sentenza impugnata, non è oggetto di contestazione nel ricorso.
Ora, ai fini dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 360 cod. pen., il giudice deve individuare l’interesse pubblico protetto dalla norma incriminatrice e verificare se la condotta del soggetto attivo non più titolare, al momento del fatto, delle qualifiche di pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio o esercente un servizio di pubblica necessità, abbia, nonostante la cessazione di dette qualifiche, concretamente leso o messo in pericolo l’interesse tutelato. (Sez. 5, n. 8430 del 21/01/2020, COGNOME, Rv. 278386 – 01): ciò che appunto emerge dalle due decisioni di merito.
Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 19/10/2023