Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10424 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10424 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TRAPANI il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 26/04/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione
NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Lette le conclusioni scritte del difensore di fiducia e procuratore speciale, AVV_NOTAIO, per la costituita parte civile, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, depositando altresì note spese.
Lette le conclusioni scritte, pervenute in data 29 dicembre 2023, del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, per il ricorrente che ha insistito, in replica alle conclusioni del sostituto procuratore generale, per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 26 aprile 2023 la Corte di appello di Brescia ha, in parziale riforma della pronuncia in data 25 marzo 2022 del GUP del Tribunale cittadino, assolto l’imputato COGNOME NOME dal reato di cui all’art.319 cod. pen. e dalla condotta di cui all’art.615 ter cod. pen. con riferimento all’accesso del 14
marzo 2018, riducendo la pena, revocando le pene accessorie e la confisca, confermando nel resto.
Con la sentenza di primo grado l’imputato era stato condannato alla pena di giustizia oltre statuizioni civili per il delitto di cui agli artt. 81 cpv. 615 ter primo , secondo n.1 e terzo cod. pen., per essersi, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, nella sua qualità di funzionario in servizio presso l’ufficio Riscossione di Brescia dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, introdotto abusivamente nella banca Dati per eseguire una serie di interrogazioni relative alle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nonché relative a COGNOME NOME per poi informare dei risultati COGNOME NOME; nonché per il delitto di cui all’art.319 cod. pen. da cui è stato assolto con la sentenza impugnata.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso l’imputato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, contenente i seguenti motivi.
2.1.Con il primo motivo è stato dedotto vizio di motivazione e travisamento della prova in relazione alla responsabilità dell’imputato per gli ingressi al sistema informatico ADER avvenuti in data 9 luglio 2018 e 2 maggio 2019.
Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale ha contraddittoriamente e illogicamente confermato la condanna in relazione a due accessi abusivi i cui risultati sarebbero stati comunicati al terzo NOME COGNOME senza che vi sia alcuna prova sugli intervenuti contatti tra le parti.
Peraltro, la mancanza di prova di contatti tra le parti ha condotto la stessa Corte territoriale ad una pronunzia di assoluzione avuto riguardo al diverso accesso del 14 marzo 2018.
La sentenza impugnata ha confermato la condanna evidenziando che l’affermazione difensiva secondo la quale i due accessi erano legati al suo ordinario lavoro non è sorretta da alcuna prova e che il mancato rintraccio nella chat telefonica di contatti con COGNOME potrebbe essere dipeso dalla loro successiva cancellazione.
Quanto alla prima argomentazione circa la mancanza di prova che si riferissero a contatti di lavoro, la stessa è fondata su una illegittima inversione dell’onere della prova, spettando alla pubblica accusa provare la colpevolezza di un imputato.
Quanto alla seconda RAGIONE_SOCIALE affermazioni circa una eventuale e successiva cancellazione, la stessa appare contraddittoria con la motivazione nella parte in cui ha assolto il ricorrente dall’accesso del marzo 2018, situazione identica a quelle in esame.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’applicazione dell’art. 597 comma terzo cod. proc. pen.
nella parte in cui si è ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all’art.615 ter comma terzo cod. pen., esclusa dalla sentenza di primo grado.
Nel rideterminare la pena, la Corte territoriale ha considerato la pena base nella misura minima di anni tre di reclusione prevista per l’ipotesi aggravata di cui all’art.615 ter, comma terzo cod. pen. implicitamente esclusa dalla sentenza di primo grado.
Il sistema informatico dell’RAGIONE_SOCIALE non può essere considerato di interesse pubblico ai sensi della richiamata aggravante nella interpretazione datane dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez.5, n.14576/2021).
Nella sentenza di primo grado, il giudice nella determinazione della pena ha omesso qualsivoglia motivazione sulla sussistenza dell’aggravante, dovendosi implicitamente ritenere la sua esclusione (Sez,5, n.47789/22).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato non confrontandosi con le principali argomentazioni poste a fondamento della sentenza impugnata, sollecitando una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrente più adeguata, valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944).
Al riguardo la Corte territoriale ha in maniera esaustiva, con motivazione immune da vizi logici, argomentato in proposito chiarendo la diversità RAGIONE_SOCIALE situazioni esaminate (pp. 34/35):
in relazione agli accessi del 9 luglio 2018 e del 2 maggio 2019, per i quali vi è stata la conferma della condanna, non vi era alcuna ragione per la quale l’imputato dovesse interrogare il sistema riguardo alle situazioni debitorie RAGIONE_SOCIALE due società ” non risultando quali fossero le ragioni di ufficio che avevano investito NOME di quel controllo.”
in relazione all’accesso del 14 marzo 2018, oggetto di assoluzione, nel precedente mese di gennaio vi era stata una comunicazione dell’RAGIONE_SOCIALE circa il preavviso di rigetto dell’istanza di rateizzazione avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE, sicché ” può ritenersi raggiunto un principio di prova dell’accesso per ragioni di ufficio che introduce un ragionevole dubbio.”
Trattasi, dunque, di motivazione che in quanto non manifestamente illogica, né contraddittoria è insindacabile in sede di legittimità: per i primi due accessi non vi era alcuna ragione per la quale l’imputato dovesse interrogare il sistema riguardo alle situazioni debitorie RAGIONE_SOCIALE due società laddove l’accesso al sistema avvenuto il 14 marzo trovava la sua giustificazione nel fatto c:he nel precedente mese di gennaio vi era stata una comunicazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate circa il preavviso di rigetto dell’istanza di rateizzazione avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE, sicché poteva supporsi che l’accesso fosse avvenuto semplicemente per esigenze collegate alla lavorazione della pratica in esame.
Improprio appare il riferimento al principio dell’inversione dell’onere della prova atteso che le risultanze probatorie a sostegno RAGIONE_SOCIALE ipotesi accusatorie logicamente interpretate, in assenza di risultanze in senso contrario, conducono all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato.
Infondato risulta il secondo motivo.
2.1. La censura opera un espresso richiamo alla interpretazione che questa Corte ha offerto della fattispecie relativa all’accesso abusivo ai sistemi informatici di cui all’art.615 ter cod. pen., aggravata dalla circostanza di essere stato l’accesso commesso da un pubblico ufficiale con abuso di potere con riferimento ad un sistema informatico di pubblico interesse (art.615 ter comma terzo cod. pen.).
Nella prospettazione del ricorrente la sentenza di primo grado avrebbe implicitamente escluso la sussistenza della circostanza aggravante attesa la mancanza di qualsivoglia motivazione circa la sua configurabilità anche nella determinazione della pena, con la conseguenza della violazione del principio del divieto di reformatio in peius nella sentenza impugnata.
Il motivo non si confronta con la sentenza impugnata atteso che:
-la imputazione di cui al capo 4) opera un espresso riferimento alla circostanza aggravante ièr,ista quale ultima ipotesi del terzo comma dell’art. 615 ter cod. pen. (“sistema informatico o telematico di interesse pubblico”);
la condotta ascritta a NOME NOME al capo 4) è indicata come quella di accesso abusivo in sistema informatico e telematico protetto da misure di sicurezza “di interesse pubblico”;
nella determinazione del trattamento sanzionatorio il giudice di primo grado così si esprime: “Correttamente contestai:e le aggravanti di cui al capo di imputazione”, pur limitandosi a richiamare nella parte motiva la sola qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio dell’imputato e l’abuso della qualità di operatore di sistema.
la ragione per cui tale circostanza aggravante non è stata espressamente considerata nella determinazione del trattamento sanzionatorio risiede nel fatto che la pena base è stata determinata dal giudice del primo grado partendo dal più
grave reato di corruzione e poi aumentata ai sensi dell’art. 81 cpv. cod. pen. nella misura complessiva di mesi 9 di reclusione per tutte le condotte relative ai singoli accessi per i quali è intervenuta condanna di cui al capo di cui al capo 4).
il reato più grave era quello di cui al capo 5) – la condotta corruttiva- punita con la pena edittale della reclusione da sei a dieci anni e quindi in misura superiore a quella prevista dalla fattispecie aggravata di cui all’art. 615 ter, comma terzo cod. pen. Per tale ragione, dai criteri di computo della pena applicati dal giudice di primo grado, nulla si può dedurre “implicitamente” ai fini di una ritenuta esclusione dell’aggravante contestata di cui al comma terzo.
2.2. Inoltre, il richiamo all’art.597 comma terzo cod. pen. e alla violazione del divieto di reformatio in peius non è operante nel caso di specie.
Sullo specifico punto, infatti, la sentenza impugnata (p.41) espressamente evidenzia che ” la sussistenza RAGIONE_SOCIALE aggravanti contestate non è oggetto di impugnazione da parte della difesa.”
Con la conseguenza che a fronte dell’assenza di uno specifico motivo di appello in punto di sussistenza della circostanza aggravante dell’art. 615 ter comma terzo cod. pen., non solo correttamente la sentenza impugnata non ha motivato al riguardo, ma è preclusa la deduzione di questioni nuove, non proposte e non esaminate in sede di appello, in ragione della natura devolutiva del giudizio di legittimità e della necessità di un previo esame del merito della questione, indispensabile per la corretta individuazione del fatto cui si riferisce la norma giuridica di cui si discute l’applicazione. (Sez.3, n. 45314 del 04/10/2023, Rv. 285335).
2.3. Infine, la sentenza di questa Corte espressamente richiamata nel ricorso a sostegno RAGIONE_SOCIALE ragioni difensive (Sez.5, n.47789 del 27 ottobre 2022, dep. in data 16 dicembre 2022, non mass.) è relativa ad una diversa fattispecie nella quale effettivamente la circostanza aggravante di cui all’art. 615-ter comma terzo cod. pen. non risultava concretamente applicata in primo grado in quanto il primo giudice, nel determinare la pena complessiva da irrogare all’imputato, ha ritenuto più grave il reato di falso contestato al capo D) della rubrica (artt. 476 e 479 cod. pen.), non nella sua forma aggravata (ritenuta esplicitamente non contestata nel capo di imputazione), ma in quella semplice, punita con la pena edittale da uno a sei anni di reclusione e, quindi, in misura inferiore a quella prevista per la fattispecie aggravata di cui all’art. 615 ter, comma terzo cod. pen. e implicitamente ha ritenuto di escludere (o, comunque, non ha considerato) l’aggravante contestata.
3.AI rigetto del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Consegue altresì la condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di costituzione e rappresentanza processuale sostenute dalla parte civile da liquidarsi come da parte dispositiva.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi euro 1800,00 oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma in data 10 gennaio 2024
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