Accertamento tecnico stupefacenti: non sempre necessario per la condanna
In materia di reati legati agli stupefacenti, una delle questioni più dibattute riguarda la necessità di un’analisi di laboratorio sulla sostanza sequestrata. È sempre obbligatorio un accertamento tecnico stupefacenti per provare la colpevolezza? Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ribadisce un principio consolidato: la prova dell’efficacia drogante può essere raggiunta anche attraverso altri elementi, senza la necessità di una perizia tecnica.
I fatti del processo
Il caso trae origine dalla condanna di una persona per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/90). La condanna era stata confermata anche in secondo grado dalla Corte d’Appello.
La difesa dell’imputata decideva di presentare ricorso per Cassazione, basando la propria argomentazione su un unico, specifico motivo: la nullità della sentenza per non aver il giudice disposto accertamenti tecnici sulla sostanza. Secondo la ricorrente, senza un’analisi che verificasse la quantità di principio attivo, non si poteva avere la certezza dell’effettiva capacità drogante della sostanza ceduta.
L’accertamento tecnico stupefacenti nel giudizio della Corte
La Corte di Cassazione ha respinto tale tesi, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che le questioni sollevate dalla difesa, riguardando la ricostruzione dei fatti e la valutazione del materiale probatorio, rientrano nella competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non possono essere riesaminate in sede di legittimità, se non per vizi logici evidenti, qui non riscontrati.
La Corte ha sottolineato come l’efficacia drogante della sostanza fosse stata logicamente desunta da altri elementi di prova, in particolare dalle dichiarazioni di un acquirente abituale. Queste testimonianze sono state ritenute sufficienti a dimostrare che la sostanza ceduta era effettivamente uno stupefacente con effetti psicotropi.
Le motivazioni
Il cuore della decisione si basa su un principio giurisprudenziale consolidato, richiamando una precedente sentenza (Cass. n. 22238/2014). Secondo questo orientamento, il giudice non ha l’obbligo di disporre una perizia o un accertamento tecnico per stabilire qualità e quantità del principio attivo di una sostanza drogante. Egli può, infatti, attingere tale conoscenza da altre fonti di prova acquisite durante il processo.
Nel caso specifico, la confessione di alcuni co-imputati e le dichiarazioni degli acquirenti costituivano prove sufficienti e logicamente valide per fondare la decisione di condanna. La Corte ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito, che aveva basato la sua convinzione su un quadro probatorio solido, anche in assenza di un’analisi chimica.
Le conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione conferma che l’accertamento tecnico stupefacenti non è un passaggio procedurale indefettibile. La prova della natura e dell’effetto della sostanza può essere fornita con qualsiasi mezzo, inclusa la prova testimoniale o dichiarativa. Questa decisione rafforza il principio del libero convincimento del giudice, che può fondare la propria decisione su argomentazioni logiche basate su un complesso di prove, senza essere vincolato a uno specifico mezzo istruttorio. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Per una condanna per spaccio è sempre necessaria una perizia tecnica sulla sostanza?
No, secondo la Corte di Cassazione il giudice non ha l’obbligo di disporre una perizia o un accertamento tecnico per stabilire la qualità e quantità del principio attivo, potendo ricavare tale conoscenza da altre fonti di prova.
Come può il giudice accertare l’efficacia drogante di una sostanza senza un’analisi di laboratorio?
Il giudice può desumere l’efficacia drogante da altre circostanze e prove, come le dichiarazioni di un acquirente abituale della sostanza o la confessione degli imputati. L’importante è che la valutazione sia basata su argomentazioni logiche.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36682 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36682 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a BRINDISI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/07/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da NOME COGNOME, ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90.
Rilevato che la ricorrente lamenta nullità della sentenza per non avere il giudice ritenuto necessario svolgere accertamenti tecnici sulla sostanza al fine di verificare la quantità di principio attivo.
Considerato che le deduzioni sviluppate nel ricorso, concernendo la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello;
ritenuto che l’efficacia drogante della sostanza è stata desunta da circostanze logicamente valutate (dichiarazioni di un acquirente abituale della sostanza stupefacente) e, quindi, sulla base di argomentazioni logiche in alcun modo censurabili in questa sede;
considerato che, La decisione si mostra in linea con i principi enunciati da questa Corte [cfr. Sez. 4, n. 22238 del 29/01/2014, Feola, Rv. 259157-01:”In tema di stupefacenti, il giudice non ha alcun dovere di procedere a perizia o ad accertamento tecnico per stabilire la qualità e la quantità del principio attivo di una sostanza drogante, in quanto egli può attingere tale conoscenza anche da altre fonti di prova acquisite agli atti. (In applicazione del principio, la Corte h ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva condannato gli imputati per una pluralità di episodi di cessione di droga fondandosi, tra l’altro, sulla confessione di alcuni di essi)”);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2024
Il Consigliere estensore
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