Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 526 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 526 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
COGNOME NOME
Presidente –
Sent. n. sez. 1939/2024
ALDO ACETO
Relatore –
UP – 19/11/2024
NOME COGNOME
R.G.N. 6412/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a MAIORI il 25/08/1936
avverso la sentenza del 03/10/2023 della Corte d’appello di Salerno
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
1.NOME COGNOME ricorre per lÕannullamento della sentenza del 3 ottobre 2023 della Corte di appello di Salerno che, rigettando la sua impugnazione, ha confermato la condanna alla pena di un anno e sei mesi di reclusione irrogata con sentenza del 27 settembre 2022 del locale Tribunale per il reato di cui allÕart. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 a lui ascritto perchŽ, quale erede di NOME COGNOME giˆ legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE unipersonale, nonchŽ
quale persona designata alla custodia della documentazione relativa allo stato attivo e passivo della societˆ sulla quale – si afferma – incombeva il dovere di adempiere gli obblighi sorti in capo al contribuente, al fine di evadere le imposte dirette, ometteva di presentare la relativa dichiarazione per lÕanno 2015 evadendo tali imposte per un ammontare (quantificato in primo grado) pari ad euro 155.346 (a fronte del maggior importo inizialmente indicato nella rubrica).
1.1.Con il primo motivo deduce lÕerronea applicazione dellÕart. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 nonchŽ la carenza, la manifesta illogicitˆ e la contraddittorietˆ intrinseca ed estrinseca della motivazione in relazione alla questione relativa al superamento della soglia di punibilitˆ, avuto riguardo allÕaccertamento con adesione del 9 marzo 2022 in conseguenza del quale lÕimposta dovuta a fini IRES è stata rideterminata in euro 29.135,00.
Lamenta che la Corte di appello non ha colto il senso della doglianza sollevata in sede di gravame non venendo affatto in rilievo la applicazione delle cause di non punibilitˆ indicate dallÕart. 13 d.lgs. n. 74 del 2000, mai invocate, bens’ il mancato superamento della soglia di punibilitˆ derivante dal contraddittorio con lÕAgenzia delle Entrate. La Corte di appello non ha dunque motivato sul punto. Per quanto il giudice penale possa autonomamente stabilire lÕammontare dellÕimposta evasa, ci˜ nondimeno non pu˜ fare a meno di confrontarsi con quello stabilito dallÕAgenzia delle Entrate a seguito del contraddittorio con il contribuente, dovendo dare conto delle ragioni per le quali ritenga maggiormente persuasiva l’originaria quantificazione dell’imposta dovuta.
1.2.Con il secondo motivo deduce lÕerronea applicazione dellÕart. 2939 cod. civ. nonchŽ la carenza, la manifesta illogicitˆ e la contraddittorietˆ intrinseca ed estrinseca della motivazione in relazione alla questione relativa alla attribuzione alla sua persona della qualifica di amministratore di fatto della societˆ, essendo stati valorizzati indici (lÕessere il marito della contribuente, lÕaver accettato lÕereditˆ con beneficio di inventario, lÕesser stato nominato custode della documentazione contabile della societˆ quando, peraltro, la stessa era ormai inattiva da anni, lÕessersi professato a conoscenza delle vicende della compagine sociale) tuttÕaltro che sintomatici del concreto esercizio di poteri gestori. Deduce, in aggiunta, il travisamento dellÕatto notarile registrato il 26 maggio 2016 il quale non conteneva la nomina di custode della documentazione societaria, bens’ dei documenti concernenti lo stato attivo e passivo dellÕereditˆ trattandosi, appunto, di un inventario dei beni. Peraltro, aggiunge, la societˆ era cessata proprio a seguito della morte della moglie, a riprova della effettiva gestione di questÕultima e del mancato subentro nella stessa da parte del ricorrente.
1.3.Con il terzo motivo deduce lÕerronea applicazione dellÕart. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 nonchŽ la carenza, la manifesta illogicitˆ e la contraddittorietˆ intrinseca ed estrinseca della motivazione in relazione alla sussistenza dellÕelemento
soggettivo del reato considerato che il ricorrente ha effettuato lÕaccertamento con adesione e che il reato stesso è stato commesso in relazione ad una sola annualitˆ.
2. Il ricorso è fondato.
3.Dalla lettura della sentenza di primo grado emerge che: a) il 22 ottobre 2018 era stata avviata una verifica fiscale nei confronti della societˆ RAGIONE_SOCIALE unipersonale della quale il ricorrente risultava essere persona designata alla formale custodia della documentazione relativa allo stato attivo e passivo della societˆ stessa a seguito della morte della legale rappresentante, nonchŽ coniuge, NOME COGNOME, occorsa nel 2016; b) la verifica aveva interessato gli anni di imposta 2015-2016; c) nel corso dei controlli era stata fornita solo la documentazione relativa allÕanno di imposta 2015, posto che la societˆ non aveva operato nel 2016 dopo il decesso della donna; d) dalla verifica era emerso che la societˆ non aveva presentato per i predetti anni di imposta nessuna delle dichiarazioni ai fini IRES, IVA ed IRAP e che i ricavi non dichiarati per lÕanno di imposta 2015 erano pari ad euro 931.810,00; e) le dichiarazioni avrebbero dovuto essere presentate anche per lÕanno dÕimposta 2016 perchŽ la societˆ, pur non operativa, era comunque attiva non essendo mai stata formalmente dichiarata la cessazione dellÕattivitˆ; f) i ricavi erano stati calcolati con metodo analitico-induttivo: individuati gli elementi attivi non dichiarati (euro 931.810,00) sono stati sottratti i costi relativi agli acquisti, anche se non dichiarati (euro 200.000,00), ottenendo lÕimponibile di euro 731.000,00 sul quale sono state applicate le aliquote relative a ciascuna delle imposte non pagate (euro 201.249,00 a titolo di IRES; euro 57.000,00 a titolo di IVA); g) il ricorrente aveva instaurato il contraddittorio con lÕAgenzia delle Entrate che si era concluso con lÕatto di adesione tramite il quale, mediante una diversa metodologia, erano state accertate le imposte evase nella minor misura di euro 155.346,00 per lÕIRES e 32.461,00 per lÕIVA, con riduzione dellÕIRES, a seguito dellÕadesione, ad euro 29.315,00; in particolare, erano stati ridotti i ricavi nella misura di euro 651.890 e aumentati i costi fino a euro 542.000; h) delle sedici rate concordate con lÕAgenzia ne era stata intanto versata una.
3.1.Secondo il Tribunale, fermo restando lÕobbligo della dichiarazione, tenuto alla sua presentazione era lÕodierno ricorrente in quanto erede e gestore di fatto della societˆ nonchŽ responsabile e formale custode della contabilitˆ attiva e passiva che aveva agito nella consapevolezza dellÕammontare non esiguo delle imposte dovute e con volontˆ di non pagarle.
3.2.Nel confermare la sentenza di primo grado, la Corte di appello ha sostenuto che: a) lÕadesione allÕaccertamento, poichŽ intervenuta dopo che lÕimputato aveva avuto formale conoscenza dellÕattivitˆ ispettiva, esclude la causa di non punibilitˆ di cui allÕart. 13 d.lgs. n. 74 del 2000 nŽ consente la riduzione dellÕimposta evasa; b) quando al ruolo gestorio della societˆ, lÕimputato è il marito della precedente amministratrice, ne ha accettato lÕereditˆ, sia pure con beneficio di inventario, ha offerto agli accertatori la documentazione contabile della quale era custode, professandosi a conoscenza delle vicende della societˆ.
3.Tanto premesso, il primo motivo è fondato.
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3.1.LÕaccertamento con adesione è un istituto deflattivo del contenzioso tributario che consente di rideterminare la pretesa erariale nel contraddittorio con lÕAmministrazione Finanziaria. Disciplinato dagli artt. 5, 6, 12 d.lgs. n. 218 del 1997, offre al contribuente la possibilitˆ di definire le imposte dovute in fase precontenziosa in contraddittorio con lÕAmministrazione Finanziaria ed evitare, in tal modo, lÕinsorgere di una lite tributaria. LÕaccertamento definito con adesione, infatti, non è soggetto ad impugnazione e non è integrabile o modificabile da parte dellÕUfficio (art. 3, comma 4, d.lgs n. 218 del 1997).
3.2.LÕaccertamento con adesione è diverso dal ravvedimento operoso di cui allÕart. 13 d.lgs. n. 472 del 1997 che costituisce, invece, istituto di carattere generale che consente al contribuente di sanare la propria posizione regolarizzando errori od omissioni o pagando tardivamente il tributo, sempre che, la violazione non sia stata giˆ constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attivitˆ amministrative di accertamento delle quali lÕautore abbia avuto formale conoscenza.
3.3.Diversamente dal ravvedimento operoso, lÕaccertamento con adesione non costituisce causa di non punibilitˆ del delitto di cui allÕart. 5 d.lgs. n. 74 del 2000, nemmeno se il contribuente abbia, in ipotesi, pagato lÕintero debito ridefinito con lÕAgenzia delle Entrate, tanto più che lÕaccertamento con adesione presuppone la conoscenza dellÕiniziativa erariale che osta in termini assoluti alla applicazione della causa di non punibilitˆ di cui allÕart. 13, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000.
3.4.LÕintegrale pagamento del debito erariale, anche se rimodulato a seguito dellÕaccertamento con adesione, costituisce invece fatto che attenua la pena ai sensi dellÕart. 13-bis d.lgs. n. 74 del 2000.
3.5.Tuttavia, la questione posta dal ricorrente in appello (alla quale la Corte territoriale non ha sostanzialmente fornito risposta) è diversa perchŽ non riguarda la punibilitˆ del delitto tributario perfetto in ogni suo aspetto, bens’ lÕincidenza dellÕimposta rideterminata a seguito di accertamento con adesione sulla verifica del superamento della soglia di punibilitˆ prevista dallÕart. 5 d.lgs. n. 74 del 2000.
Il tema riguardava la sussistenza del reato (costituendone la soglia di punibilitˆ un elemento materiale), non le vicende relative alla sua (sola) punibilitˆ.
3.6.Secondo lÕorientamento della Corte di cassazione, che il Collegio intende ribadire e al quale vuole dare continuitˆ, il giudice non è vincolato, nella determinazione del profitto confiscabile, all’imposta risultante a seguito dell’accertamento con adesione o del concordato fiscale tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente anche se, per potersi discostare dal dato quantitativo convenzionalmente accertato e tener invece conto dell’iniziale pretesa tributaria dell’Erario, occorre che risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l’originaria quantificazione dell’imposta dovuta (Sez. 3, n. 29091 del 04/04/2019, COGNOME, Rv. 276756 – 03; Sez. 3, n. 5640 del 02/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251892 – 01), ci˜ sul rilievo che, in materia di reati tributari, spetta esclusivamente al giudice penale il compito di determinare l’ammontare dell’imposta evasa, da intendersi come l’intera imposta dovuta e non versata, suscettibile dapprima di sequestro e, poi, di confisca, in base a una verifica che pu˜ venire a sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dal giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria (Sez. 3, n. 50157 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 275439 01).
3.7.Il giudice penale non pu˜ ignorare le ragioni della rimodulazione della pretesa tributaria, a maggior ragione quando tale rimodulazione sia frutto del contraddittorio precontenzioso dellÕAmministrazione Finanziaria con il contribuente.
3.8.Nel caso di specie, la Corte di appello si è limitata ad affermare che lÕaccertamento con adesione non pu˜ condurre alla pronuncia assolutoria ma ha eluso la questione devoluta, relativa, come detto, alla verifica dellÕeffettivo superamento della soglia di punibilitˆ essendo lÕimposta evasa accertata nel contraddittorio con il contribuente inferiore ad euro 50.000,00. Nulla impediva alla Corte di appello di disattendere lÕaccertamento con adesione, a condizione, per˜, che ne desse argomentata e persuasiva spiegazione, condizione che non si è verificata.
4.Anche il secondo motivo è fondato.
4.1.Secondo lÕinsegnamento della Corte di cassazione, in tema di reati tributari, ai fini della attribuzione ad un soggetto della qualifica di amministratore “di fatto” non occorre l’esercizio di “tutti” i poteri tipici dell’organo di gestione, ma è necessaria una significativa e continua attivitˆ gestoria, svolta cioè in modo non episodico od occasionale (Sez. 3, n. 22108 del 19/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 264009 – 01); ci˜ sul rilievo che la nozione di amministratore di fatto, introdotta dallÕart. 2639 cod. civ. postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei
poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione; nondimeno, “significativitˆ” e “continuitˆ” non comportano necessariamente l’esercizio di “tutti” i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attivitˆ gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale (Sez. 2, n. 36556 del 24/05/2022, COGNOME, Rv. 283850 – 01; Sez. 5, n. 35346 del 20/06/2013, COGNOME, Rv. 256534 – 01; Sez. 5, n. 43388 del 17/10/2005, COGNOME, Rv. 232456 – 01; Sez. 5, n. 22413 del 14/04/2003, COGNOME, Rv. 224948 – 01). EÕ stato al riguardo precisato che, ai fini dell’attribuzione della qualifica di amministratore “di fattoÓ, è necessaria la presenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attivitˆ della societˆ, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attivitˆ, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimitˆ, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, Rv. 277540 – 01; Sez. 5, n. 8479 del 28/11/2016, Rv. 269101 – 01; Sez. 5, n. 35346 del 2013, cit.).
4.2.Gli elementi indicati dalla Corte di appello a sostegno della gestione di fatto della societˆ legalmente amministrata dalla defunta moglie del ricorrente sono insufficienti.
4.3.In termini generali, alla luce dei principi sopra indicati, nemmeno la tenuta della contabilitˆ costituisce, di per sŽ, atto gestorio dellÕente. Quando questa Corte ha ritenuto non irragionevole desumere lÕamministrazione di fatto dallÕattivitˆ manipolatoria (e non, dunque, dalla semplice tenuta) dei bilanci e della contabilitˆ, ha tuttavia precisato che lÕimputato, in quel caso, aveva prestato determinate garanzie personali alle banche, mostrando cos’ un concreto e diretto interesse nella conduzione della societˆ e del concreto esercizio di un ruolo gestorio, confermato peraltro da testimonianze di dipendenti e fornitori (Sez. 3, n. 22413 del 2003, cit.). Nemmeno la tenuta della contabilitˆ in un contesto familiaresocietario ristretto pu˜ costituire argomento persuasivo; si tratta, a ben vedere, di dato neutro che pu˜ valere, al più, a ritenere la consapevolezza della gestione altrui. Peraltro, nel caso di specie, non vi è nemmeno prova della tenuta della contabilitˆ, essendosi il ricorrente limitato a consegnarla agli accertatori quale custode della stessa nominato a seguito della morte della moglie. Il ricorrente deduce, sul punto, il travisamento dellÕatto notarile registrato il 26 maggio 2016 il quale non conteneva la nomina di custode della documentazione societaria, bens’ dei documenti concernenti lo stato attivo e passivo dellÕereditˆ trattandosi, appunto, di un inventario dei beni. LÕargomento di per sŽ non è decisivo (lo verificherˆ comunque il giudice rescissorio) perchŽ quandÕanche si accertasse che
oggetto della custodia fosse effettivamente la contabilitˆ della societˆ, tale argomento non proverebbe la gestione della societˆ.
4.4.NŽ costituiscono argomenti validi lÕesser marito della legale rappresentante della societˆ e lÕessersi professato a conoscenza delle vicende della societˆ posto che tale conoscenza pu˜ derivare proprio dalla circostanza dellÕessere coniuge della amministratrice e non dallÕindimostrato esercizio di poteri gestori.
4.5.Peraltro, il dato della gestione societaria di fatto da parte dellÕodierno ricorrente sconta, sul piano logico, la necessitˆ del confronto con la circostanza che a seguito del decesso della moglie, occorso il 12 febbraio 2016, la societˆ era rimasta inattiva nellÕanno di imposta 2016. Ci˜ non esclude affatto che il ricorrente possa aver co-gestito la societˆ finchŽ la moglie era invita e, tuttavia, la oggettiva discontinuitˆ nella gestione dellÕattivitˆ costituisce argomento del tutto negletto in sede di merito.
5.é fondato anche il terzo motivo.
5.1.Effettivamente la Corte di appello non affronta lÕargomento relativo allÕelemento soggettivo del reato relativamente tanto al dolo specifico di evasione quanto alla consapevolezza del superamento della soglia di punibilitˆ, argomento, questÕultimo, che si salda con quello oggetto del primo motivo.
5.2.Non v’è dubbio che il fine di evasione qualifica penalmente la condotta di omessa presentazione della dichiarazione fiscale; ove venga accertata un’imposta effettivamente dovuta superiore a quella dichiarata (o non dichiarata affatto) e/o componenti positive di reddito inferiori a quelle effettive o elementi passivi fittizi, l’indagine non avrebbe verificato altro che alcuni degli elementi costitutivi del reato di cui allÕart. 5, d.lgs. n. 74 del 2000, quelli che qualificano, sul piano oggettivo, l’offesa degli interessi erariali e giustificano (ma non esauriscono) la rilevanza penale della condotta. Tale indagine, tuttavia, non assorbe quella relativa all’accertamento del dolo specifico di evasione che nei reati dichiarativi puniti dal d.lgs. n. 74 del 2000 concorre a tipizzare la condotta. Altrimenti si corre il rischio di identificare il dolo specifico di evasione con la pura e semplice consapevolezza dell’obbligo dichiarativo, della sua violazione, dell’entitˆ dell’imposta non dichiarata. Un’operazione dogmaticamente errata che trasformerebbe il dolo specifico di evasione nella generica volontˆ di non dichiarare al Fisco l’imposta dovuta, con l’ulteriore inaccettabile conseguenza di assorbire tutti i reati in materia dichiarativa negli indistinti illeciti amministrativi di cui agli artt. 1, comma 2, e 5, comma 4, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 441 e di far sostanzialmente resuscitare la contravvenzione di omessa presentazione delle dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, giˆ prevista dall’abrogato art. 1, comma 1, d.l. 10 luglio 1982, n. 429, convertito con legge 7 agosto 1982, n. 516, che questa
Corte ha giˆ affermato non essere in continuitˆ normativa con l’art. 5, d.lgs. n. 74 del 2000, anche e proprio per la necessitˆ del dolo specifico di evasione, in precedenza non richiesto (Sez. U, n. 35 del 13/12/2000, Sagone, Rv. 217374).
5.3.Il reato è illecito di modo; il dolo di evasione è volontˆ di evasione dell’imposta mediante le specifiche condotte tipizzate dal legislatore penaletributario. Se per il legislatore penale tributario nemmeno l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, o le false rappresentazioni contabili e i mezzi fraudolenti per impedire l’accertamento delle imposte, sono sufficienti ad attribuire penale rilevanza alle condotte di cui agli artt. 2 e 3, d.lgs. n. 74 del 2000, essendo necessario il fine di evasione, a maggior ragione il “dolo di omissione” non solo non pu˜ essere ritenuto sufficiente a integrare, sul piano soggettivo, il reato di cui all’art. 5, d.lgs. n. 74 del 2000, ma nemmeno pu˜ essere confuso con il dolo di evasione. La volontˆ omissiva prova la consapevolezza della sussistenza dell’obbligazione tributaria e del suo oggetto, e dunque di uno o alcuni degli elementi costitutivi della fattispecie, non prova il fine ulteriore della condotta. Il dolo di evasione esprime l’autentico disvalore penale della condotta e restituisce alla fattispecie la sua funzione selettiva di condotte offensive ad un grado non ulteriormente tollerabile del medesimo bene tutelato anche a livello amministrativo. L’inviolabilitˆ della libertˆ personale costituisce il metro di misura della rilevanza penale di condotte che potrebbero essere sanzionate in altro modo. Al legislatore penale non interessa il recupero del gettito fiscale ma della persona (art. 27 Cost.). Il dolo specifico di evasione, per la sua forte carica intenzionale, segna il punto di frattura più grave tra l’atteggiamento antidoveroso dell’autore del fatto illecito, l’ordinamento giudico ed il bene protetto, un punto di non ritorno che giustifica il sacrificio della inviolabilitˆ della libertˆ personale in considerazione del livello di aggressione al bene e della funzione rieducativa della pena. E’ proprio questo scopo che nei reati in materia di dichiarazioni fiscali giustifica, rispetto agli omologhi illeciti amministrativi, la reazione punitiva dello Stato e ne spiega la rilevanza penale che si giustifica solo in costanza di condotte poste in essere nella deliberata ed esclusiva intenzione di sottrarsi al pagamento delle imposte nella piena consapevolezza della illiceitˆ del fine e del mezzo. Non si pu˜ di conseguenza ritenere sufficiente, ai fini della prova del dolo specifico, la mera consapevolezza dell’entitˆ dell’imposta evasa; lÕentitˆ dell’imposta evasa costituisce solo uno degli elementi del fatto tipico, la cui consapevolezza potrebbe, al più, giustificare un addebito a titolo di dolo generico, non di certo di dolo specifico che richiede un quid pluris rispetto alla mera consapevolezza dell’oggetto dell’omissione. Tale dato pu˜ essere certamente valorizzato insieme con altri dai quali possa essere tratta la convinzione che l’omissione era finalizzata all’evasione dell’Imposta: il mancato pagamento postumo dell’imposta evasa, in tempi naturalmente ragionevoli e non, per esempio, a distanza di anni, pu˜ certamente essere preso in considerazione;
cos’ come pu˜ essere utilmente valutata la reiterazione dell’omissione per più anni di imposta o, come nel caso di specie, il disinteresse rispetto alle richieste e verifiche tributarie. In ultima analisi deve essere ripudiato un metodo di accertamento del dolo che si risolve nella (indiretta) affermazione del dolus in re ipsa (cos’, in motivazione, Sez. 3, n. 44170 del 04/07/2023, Marra, Rv. 285221 01; Sez. 3, n. 43809 del 24/10/2014, dep. 2015, Gabbana).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli .
Cos’ deciso in Roma, il 19/11/2024.
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME