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Abuso edilizio: sentenza TAR non blocca la demolizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un ordine di demolizione per abuso edilizio. I ricorrenti si basavano su una sentenza del TAR che aveva annullato il ritiro dei loro permessi in sanatoria. Tuttavia, la Cassazione ha stabilito che la decisione del TAR, basata su vizi puramente formali e non sulla legittimità sostanziale delle opere, non impedisce l’esecuzione della sanzione penale. La Corte ha ribadito che l’abuso edilizio non era sanabile a causa del superamento dei limiti volumetrici, un fatto già accertato in una precedente sentenza.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abuso Edilizio: Sentenza TAR Formale Non Blocca la Demolizione

Il tema dell’abuso edilizio e delle conseguenze penali che ne derivano è sempre di grande attualità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 35005 del 2024, offre un chiarimento fondamentale su un punto spesso dibattuto: una decisione favorevole del Giudice Amministrativo (TAR) può fermare un ordine di demolizione emesso in sede penale? La risposta, come vedremo, non è scontata e dipende dalla natura della pronuncia amministrativa.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda due proprietari di immobili condannati per la realizzazione di opere abusive. A seguito della condanna penale, il Pubblico Ministero aveva emesso un’ingiunzione di demolizione per ripristinare lo stato dei luoghi. I proprietari si sono opposti a tale ordine, sostenendo di aver nel frattempo ottenuto dei permessi in sanatoria dal Comune. Successivamente, il Comune aveva annullato tali permessi in autotutela, ma i proprietari avevano impugnato questo annullamento davanti al TAR, ottenendo una sentenza a loro favorevole. Forti di questa decisione, hanno chiesto la revoca della demolizione, ritenendo che la pronuncia del TAR avesse reso legittimi i loro immobili.

La Decisione della Cassazione sull’Abuso Edilizio

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando di fatto l’ordine di demolizione. La Suprema Corte ha stabilito che la sentenza del TAR, pur essendo favorevole ai ricorrenti, non era idonea a paralizzare l’esecuzione della sanzione penale. La decisione si fonda su una distinzione cruciale tra vizi formali e vizi sostanziali degli atti amministrativi.

Le Motivazioni della Corte

Per comprendere appieno la portata della sentenza, è essenziale analizzare le motivazioni che hanno guidato i giudici.

Distinzione tra Vizi Formali e Sostanziali

Il punto centrale della decisione è che il TAR aveva annullato il provvedimento del Comune (che ritirava i permessi in sanatoria) non perché le opere fossero state ritenute legittime o sanabili, ma per un vizio puramente formale. Nello specifico, l’annullamento in autotutela del Comune era intervenuto oltre i termini di legge previsti dalla normativa sul procedimento amministrativo. Il Giudice Amministrativo, quindi, non è mai entrato nel merito della questione, ovvero non ha mai valutato se l’abuso edilizio fosse effettivamente sanabile.

I Limiti della Preclusione del Giudicato Amministrativo

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la decisione irrevocabile del giudice amministrativo vincola il giudice penale solo se riguarda gli stessi profili di illegittimità. In questo caso, il giudice penale doveva valutare la legittimità originaria delle opere, mentre il TAR si è limitato a giudicare un aspetto procedurale di un atto successivo. Inoltre, la sentenza del TAR non era nemmeno passata in giudicato. Pertanto, non esisteva alcuna preclusione che impedisse al giudice dell’esecuzione penale di procedere.

La Natura Sostanziale dell’Abuso Edilizio e il Precedente della Cassazione

La Corte ha inoltre evidenziato un aspetto decisivo. In una precedente sentenza relativa allo stesso caso, la Cassazione aveva già stabilito che gli immobili non erano in alcun modo sanabili. Il motivo? L’intervento abusivo era in realtà un’opera unitaria che superava il limite volumetrico di 750 metri cubi, oltre il quale il condono non è ammissibile. La presentazione di due distinte istanze di sanatoria era stata considerata un mero artificio per aggirare la legge. Di questo aspetto sostanziale, il TAR non si era minimamente occupato.

Le Conclusioni

Questa sentenza invia un messaggio chiaro: ottenere una vittoria in sede amministrativa per un vizio di forma non costituisce uno scudo contro le conseguenze di un abuso edilizio accertato in sede penale. Il giudice penale ha il potere e il dovere di “disapplicare” i permessi di costruire o in sanatoria che ritiene illegittimi, per procedere con le sanzioni previste, inclusa la demolizione. La legittimità di un’opera edilizia si valuta nella sostanza, e gli espedienti procedurali o le divisioni artificiose per eludere i limiti di legge non possono sanare un illecito la cui natura è stata definitivamente accertata.

Una sentenza del Tribunale Amministrativo (TAR) che annulla un atto del Comune può sempre bloccare un ordine di demolizione penale?
No, non sempre. La Cassazione chiarisce che se l’annullamento del TAR avviene solo per vizi formali (come il superamento di un termine) e non si pronuncia sulla legittimità sostanziale dell’opera, il giudice penale non è vincolato e può procedere con l’ordine di demolizione.

Cosa significa che il giudice penale “disapplica” un permesso di sanatoria?
Significa che il giudice penale, pur non potendo annullare l’atto amministrativo (compito del giudice amministrativo), lo ritiene illegittimo e quindi lo ignora ai fini della sua decisione. In questo caso, ha disapplicato i permessi di sanatoria perché emessi in violazione di legge.

Perché in questo caso specifico l’abuso edilizio non è stato considerato sanabile?
Perché la Corte di Cassazione, in una precedente sentenza, aveva già accertato che l’intervento edilizio era unitario e superava il limite di volume massimo (750 mc) per poter beneficiare del condono. La divisione dell’opera in due pratiche distinte è stata considerata un artificio per eludere la legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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