LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Abuso edilizio: ricorso inammissibile se c’è pervicacia

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una donna condannata per abuso edilizio e violazione di sigilli. La difesa sosteneva la scarsa rilevanza del fatto e contestava l’ordine di demolizione. La Corte ha respinto le argomentazioni, sottolineando la gravità del danno ambientale in zona sismica e vincolata, e la pervicacia della ricorrente nel proseguire l’attività illecita. L’inammissibilità ha comportato la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abuso edilizio: quando la pervicacia rende il ricorso inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso di abuso edilizio, fornendo chiari principi sulla valutazione della gravità della condotta e sulle conseguenze di un ricorso basato su motivi generici. La decisione sottolinea come la particolare tenuità del fatto non possa essere invocata di fronte a un danno ambientale considerevole e a una persistente volontà di portare a termine l’illecito, anche dopo un sequestro.

I Fatti del Caso

Una persona veniva condannata per reati in materia edilizia e per la violazione dei sigilli apposti a un immobile abusivo. Contro la sentenza della Corte d’Appello, proponeva ricorso per cassazione, lamentando due principali violazioni di legge. In primo luogo, contestava la mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, relativo alla non punibilità per particolare tenuità del fatto, sostenendo che l’immobile fosse destinato a una persona bisognosa di alloggio. In secondo luogo, criticava la decisione di subordinare la sospensione condizionale della pena alla demolizione del fabbricato, ritenendola immotivata.

Le Motivazioni del Ricorso: Abuso Edilizio e Trattamento Sanzionatorio

La difesa puntava a sminuire la gravità della condotta, facendo leva sulla finalità abitativa dell’opera e sostenendo che la sua consistenza non dovesse essere considerata un fattore decisivo. Inoltre, l’obbligo di demolizione come condizione per beneficiare della sospensione della pena veniva ritenuto un’applicazione erronea e non motivata dell’art. 165 del codice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le doglianze infondate e meramente riproduttive di quelle già presentate in appello. I giudici hanno confermato la correttezza della decisione impugnata, fondando il loro ragionamento su elementi chiari e logici.

Le Motivazioni

La Corte ha evidenziato come la valutazione sulla particolare tenuità del fatto fosse stata correttamente esclusa dai giudici di merito. Gli elementi decisivi in senso contrario erano molteplici: il considerevole danno al territorio, date le dimensioni del fabbricato; la sua costruzione in una zona soggetta a vincolo paesaggistico e a rischio sismico; e, soprattutto, la pervicacia e la personalità negativa dell’imputata. Quest’ultima, infatti, aveva proseguito nell’attività illecita nonostante fosse stata nominata custode delle opere sequestrate, dimostrando una totale indifferenza per i provvedimenti dell’autorità giudiziaria.

Anche riguardo alla sospensione condizionale della pena, la motivazione è stata giudicata logica e coerente. La subordinazione alla demolizione non era affatto immotivata, ma trovava la sua ragione nella necessità di ripristinare lo stato dei luoghi e, al contempo, di contrastare l’assoluta mancanza di percezione del disvalore dei fatti da parte della ricorrente. La sua ostinazione nel perseguire l’obiettivo illecito ha confermato la correttezza della condizione imposta.

Le Conclusioni

La pronuncia stabilisce un principio fondamentale in materia di abuso edilizio: la tenacia nel portare avanti un’opera illegale, specialmente in un’area protetta, e il disprezzo per i provvedimenti giudiziari sono indicatori di una gravità tale da escludere i benefici di legge come la non punibilità per tenuità del fatto. Inoltre, la sentenza ribadisce che un ricorso per cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte, ma deve individuare vizi specifici nella sentenza impugnata. In caso contrario, la conseguenza è la declaratoria di inammissibilità, con l’ulteriore condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando un abuso edilizio non può essere considerato di ‘particolare tenuità’?
Secondo la Corte, la particolare tenuità del fatto è esclusa quando sussistono elementi di gravità come un considerevole danno al territorio, la costruzione in zone con vincolo paesaggistico e a rischio sismico, e soprattutto la pervicacia dell’imputato nel protrarre l’attività illecita nonostante un sequestro.

Perché la sospensione della pena è stata condizionata alla demolizione?
La demolizione è stata imposta come condizione perché la ricorrente aveva dimostrato un’assoluta mancanza di percezione della gravità e dell’illegalità delle proprie azioni. La sua ostinazione nel conseguire l’obiettivo illecito ha reso necessaria questa condizione per ripristinare la legalità.

Quali sono le conseguenze di un ricorso per cassazione dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente (ad esempio, perché manifestamente infondato o riproduttivo di precedenti censure), la legge prevede la condanna di quest’ultimo al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati