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Abuso edilizio: quando la motivazione della pena è congrua

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per abuso edilizio. La Corte ha ribadito che la valutazione sulla natura di una costruzione abusiva è una questione di fatto non riesaminabile in sede di legittimità. Inoltre, ha confermato che una motivazione sintetica sulla determinazione della pena, come “pena congrua”, è sufficiente quando la sanzione si attesta su valori vicini al minimo edittale, non essendo frutto di un ragionamento illogico o arbitrario.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abuso edilizio: la Cassazione conferma la condanna e chiarisce sulla motivazione della pena

L’abuso edilizio rappresenta una delle violazioni più comuni e al contempo complesse del diritto penale urbanistico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di approfondire due aspetti cruciali: la qualificazione di un’opera come abusiva e i criteri con cui il giudice deve motivare la pena inflitta. La Suprema Corte, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per aver realizzato un’opera abusiva, fornendo chiarimenti importanti sui limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo per i reati di costruzione abusiva e violazione di sigilli, previsti rispettivamente dall’art. 44 del D.P.R. 380/2001 e dall’art. 349 del codice penale. L’imputato aveva realizzato un manufatto di circa 80 mq, completo di cucina, camere da letto e servizi, trasformando in modo permanente il territorio. La Corte di Appello di Napoli aveva confermato la condanna di primo grado a otto mesi di reclusione e 1.200,00 euro di multa. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su due motivi principali:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione sul reato edilizio: Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avevano adeguatamente provato l’effettivo aumento del carico urbanistico, un elemento ritenuto necessario per configurare il reato. La difesa sosteneva che l’opera fosse una mera “struttura precaria aperta su tre lati”, la cui abusività non poteva essere desunta unicamente dal verbale di sequestro.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla pena: Si lamentava l’illogicità e l’apparenza della motivazione con cui era stata determinata la pena finale, sia per la pena base che per l’aumento applicato a titolo di continuazione tra i reati.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile.

Il reato di abuso edilizio: la Cassazione ribadisce l’inammissibilità della rivalutazione dei fatti

Sul primo punto, la Corte ha chiarito che le censure del ricorrente si risolvevano in una richiesta di rivalutazione del compendio probatorio, attività preclusa nel giudizio di legittimità. I giudici di merito avevano fornito una motivazione logica e coerente, evidenziando come l’opera non fosse affatto precaria. Si trattava, infatti, di una “costruzione abusiva estesa per una superficie complessiva di 80 mq”, dotata di tutti gli elementi per essere considerata una struttura stabile e permanente, che aveva inglobato “tutto lo spazio volumetrico precedentemente libero”. Tale trasformazione edilizia permanente, con creazione di nuova volumetria e superficie residenziale, smentiva la tesi difensiva e rendeva la doglianza generica e astratta.

La motivazione della pena per l’abuso edilizio

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte di Appello aveva fornito una giustificazione adeguata e non apparente delle proprie scelte sanzionatorie. Aveva precisato che il bilanciamento delle attenuanti generiche in equivalenza con le aggravanti era finalizzato ad “adeguare la sanzione alla reale portata offensiva del fatto”. Inoltre, il calcolo della pena era stato esplicitato chiaramente: partendo da una pena base di sei mesi e 1.000,00 euro, era stato applicato un aumento di due mesi e 200,00 euro per la continuazione, giungendo alla pena finale ritenuta “pienamente congrua e aderente al disvalore del fatto”.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda su principi consolidati della giurisprudenza. In primo luogo, nel giudizio di Cassazione non è ammessa una nuova valutazione dei fatti; il controllo è limitato alla legittimità della decisione, ossia alla corretta applicazione della legge e alla logicità della motivazione. Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva correttamente qualificato l’opera come una stabile costruzione abusiva basandosi su elementi fattuali inoppugnabili. In secondo luogo, la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere, se esercitato senza arbitrarietà o illogicità e nel rispetto dei principi degli artt. 132 e 133 c.p., non è sindacabile in Cassazione. La Corte ha inoltre ricordato che, quando la pena si attesta su livelli vicini al minimo edittale, è sufficiente una motivazione sintetica, come l’uso dell’espressione “pena congrua”, per adempiere all’obbligo motivazionale. Una motivazione dettagliata è richiesta solo per pene di gran lunga superiori alla media.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce due importanti principi per chi si trova ad affrontare un procedimento per abuso edilizio. Primo: le contestazioni sulla natura e consistenza del manufatto devono essere solidamente argomentate e provate nei gradi di merito, poiché in Cassazione non sarà possibile ottenere una nuova valutazione delle prove. Secondo: le censure sulla quantificazione della pena hanno poche probabilità di successo se la sanzione è contenuta e il giudice ha fornito una motivazione, seppur sintetica, che non appaia palesemente illogica. La decisione sottolinea l’importanza di una difesa tecnica accurata sin dalle prime fasi del procedimento, concentrandosi sugli elementi di fatto che possono escludere la natura permanente e abusiva dell’opera.

È possibile contestare la natura di un’opera edilizia (es. sostenendo che sia precaria) per la prima volta in Cassazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione della natura e della consistenza di una costruzione costituisce un accertamento di fatto riservato ai giudici di merito (primo e secondo grado). Tentare di proporre una diversa interpretazione delle prove in sede di legittimità è considerato un’inammissibile richiesta di rivalutazione del caso.

Quando è considerata sufficiente una motivazione sintetica per la determinazione della pena?
Secondo la giurisprudenza costante richiamata dalla Corte, una motivazione sintetica (ad esempio, definendo la pena “congrua” o “equa”) è sufficiente quando la sanzione applicata è vicina al minimo previsto dalla legge. Una motivazione specifica e dettagliata è necessaria solo quando la pena è di gran lunga superiore alla misura media edittale.

Cosa rende una costruzione un abuso edilizio penalmente rilevante secondo questa ordinanza?
L’ordinanza conferma che un’opera è penalmente rilevante quando comporta una trasformazione edilizia permanente del territorio, con creazione di nuova volumetria e superficie. Nel caso specifico, una struttura di 80 mq con cucina, camere e servizi, che dimostrava caratteri di solidità e immobilizzazione rispetto al suolo, è stata qualificata come un “vero e proprio stabile”, integrando così il reato di abuso edilizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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