Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8227 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 8227  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a TERMINI IMERESE il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a TERMINI IMERESE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/03/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 22/03/2023 la Corte d’appello di Palermo confermava la sentenza del 7/04/2022 del Tribunale di Termini Imerese, che aveva condanNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME alla pena di mesi 2 di arresto ed euro 6.000 di ammenda in relazione al reato di cui all’articolo 44 d.P.R.380/2001.
Avverso tale sentenza gli imputati hanno presentato ricorso congiunto per cassazione.
2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge in riferimento alla colpevolezza del COGNOME, non proprietario del bene;
2.2. Con il secondo motivo lamentano violazione di legge in riferimento all’articolo 131-bis cod. pen..
2.3. Con il terzo motivo lamentano violazione di legge in riferimento all’articolo 157 cod. pen. ritenendo che il reato fosse prescritto al momento della pronuncia della sentenza di appello.
3.  Il ricorso è inammissibile.
Tutti i motivi – che possono essere trattati congiuntamente – costituiscono pedissequa reiterazione di doglianze formulate in appello e motivatamente respinte dai giudici di secondo grado; essi, pertanto, difettano di specificità, omettendo di confrontarsi con il contenuto del provvedimento impugNOME.
Inoltre, essi sono sviluppati in modo totalmente fattuale, e le censure tendono a proporre una lettura alternativa del materiale probatorio non consentita in p re tAAJW, ci cassazione, soprattutto soprattutto a fronte di una «doppia conforme»Ú responsabilità.
La sentenza impugnata, quanto al giudizio di responsabilità del COGNOME, evidenzia come lo stesso, oltre ad essere il coniuge della proprietaria, viveva all’interno dell’immobile oggetto dell’abuso edilizio, circostanza che rende implausibile che lo stesso non fosse a conoscenza dell’abuso medesimo.
Quanto alla causa di non punibilità, la Corte territoriale evidenzia che in ragione dell’entità dell’abuso, che concerne la sopraelevazione di un intero piano (il sottotetto), della totale assenza di titoli abilitativi e della insanabilità dell’abuso (è già stato emesso ordine di demolizione, inottemperato), il fatto non può considerarsi di lieve entità, citando conforme giurisprudenza di questa Corte.
Quanto alla prescrizione, la Corte di appello evidenzia come all’atto del sopralluogo, effettuato il 17/06/2017, le opere fossero ancora in corso di
realizzazione (ultimazione “allo stato grezzo”), e che in primo grado vi erano stati 334 giorni di sospensione, per cui il reato non era prescritto.
Con tale motivazione il ricorso non si confronta affatto in modo realmente critico, limitandosi ad una pedissequa reiterazione, peraltro meramente fattuale e rivalutativa, dei motivi di appello, risultando di tal guisa inammissibile.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.