Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35956 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35956 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Ascea il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 1/04/2025 della Corte di appello di Salerno; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Salerno, riformando parzialmente la sentenza del tribunale di Vallo della Lucania, dichiarava non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME in ordine al reato ex artt. 65 e 72 del DPR 380/01 perché estinto per prescrizione, confermandola nel resto, con rideterminazione della pena finale in ordine a reati edilizi, paesaggistici, e di cui agli artt. 64, 71, 93 e 95 del DPR 380/01.
Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione COGNOME NOME mediante il proprio difensore, deducendo un unico motivo di impugnazione.
Deduce il vizio di illogicità della motivazione, essendo congetturale la t della corte di appello per cui il sottotetto realizzato sarebbe stato desti abitazione. Inoltre, non si sarebbero valutati adeguatamente i risultati ist dimostrativi della ultimazione dell’opera anteriormente al sopralluogo del 20 con conseguente prescrizione dei reati. La corte, altresì, non avrebbe risp alla domanda subordinata di limitare la demolizione alla sola scala interna conduce al sottotetto, con chiusura del corrispondente foro nel solaio.
4.11 ricorso è manifestamente infondato. La Corte di appello ha fatt applicazione del principio della valutazione unitaria dell’abuso edilizio, laddo rilevato che il piano rialzato del manufatto – denominato sottotetto – era in destinato a fini abitativi a fronte, oltre che della presenza di balcon ultimati, anche della sua suddivisione in 5 ambienti ancora allo stato gre incompatibili con la asserita, dalla difesa, destinazione a mero ambient isolamento termico e acustico della sottostate abitazione oltre che di allocaz di apparecchiature tecnologiche. In altri termini, la corte con p ragionevolezza ha ricostruito la presenza di un’abitazione composta di pia terra e rialzato con relativi lavori i quali, a fronte di tale inequivoca dest e della loro incompletezza, non potevano ritenersi interrotti al momento d sopralluogo del 2020 ma dovevano reputarsi ancora diretti al lor completamento e quindi sottratti alla configurabilità di qualsivoglia defin interruzione. Si tratta di una ricostruzione che appare in linea con il princ opportuno ribadirlo, inerente la natura giuridica dell’abuso edilizio, la qua tipo “permanente”, per cui l’ultimazione edilizia coincide con la conclusione lavori di rifinitura interni ed esterni dell’opera (Sez. 3, n. 46215 del 03/0 N., Rv. 274201 – 01; Sez. 3, n. 48002 del 17/09/2014, Surano, Rv. 261153 01) la quale, in tali casi, deve ritenersi ancora in fase di realizzazi completamento, tanto che il reato urbanistico versa in una fase di perdura consumazione, posto che la permanenza di esso cessa con l’ultimazione dei lavori del manufatto, in essa comprese le rifiniture (cfr. Sez. 3, n. 338 17/09/2020, COGNOME, Rv. 280575 – 02; Sez. 3, n. 13607 del 08/02/2019, COGNOME, Rv. 275900 – 01). Va altresì precisato che il reato di costruzione abu ha natura permanente per tutto il tempo in cui continua l’attività edilizia i ed il suo momento di cessazione va individuato o nella sospensione di lavori, essa volontaria o imposta “ex auctoritate”, o nella ultimazione dei lavori p Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
completamento dell’opera o, infine, nella sentenza di primo grado ove i lavori siano proseguiti dopo l’accertamento e sino alla data del giudizio (Sez. 3, n. 38136 del 25/09/2001 Rv. 220351 – 01) e, coerentemente con tale ultima massima, la corte ha sottolineato come, alla luce dei dati istruttori prima sintetizzati, si dovesse ritenere che i lavori al piano rialzato non potevano reputarsi “definitivamente interrotti” ma “solamente in attesa di essere ultimati dovendosi rinviare sul punto all’esaustiva motivazione del giudice di prime cure”. Peraltro, trattandosi di cd. “doppia conforme”, non può trascurarsi anche l’ulteriore motivazione formulata in proposito dal primo giudice, per cui grava sull’interessato la dimostrazione della precisa data di inizio della prescrizione rispetto ad un contesto probatorio in cui la dichiarazione del teste del comune, puramente di tipo valutativo e riferita ad un lasso temporale alquanto indefinito ed ampio, per cui l’opera sarebbe stata realizzata tra il 2016 e il 2019, non determina un dies a quo incluso in tale intervallo temporale, siccome in contrasto, come già osservato, con un contesto strutturale, al momento del sopralluogo del 2020, in realtà ancora del tutto incompleto e nel contempo chiaramente diretto a realizzare integrali scopi abitativi.
Manifestamente infondata è la censura, altresì formulata in termini di mancata risposta in ordine alla richiesta di una demolizione solo parziale, siccome giuridicamente erronea ed incompatibile rispetto alla corretta valutazione, unitaria, dell’abuso, con conseguente necessaria estensione dell’ordine di demolizione all’intera opera illecita. Trattandosi di un profilo giuridico, nulla osta che lo stesso venga evidenziato direttamente da questa Corte. In proposito si rammenta che il vizio di motivazione non è configurabile riguardo ad argomentazioni giuridiche RAGIONE_SOCIALE parti. Queste ultime infatti, come ha più volte sottolineato la Suprema Corte, o sono fondate e allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) dà luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge; o sono infondate, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al disposto di cui all’art. 619 comma 1 cod. proc. pen. che consente di correggere, ove necessario, la motivazione quando la decisione in diritto sia comunque corretta (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 Rv. 271451 – 01 Emnnanuele).
5. Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 23/09/2025.