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Abuso edilizio permanente: quando scatta la prescrizione?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per abusi edilizi. La Corte ha chiarito che l’abuso edilizio permanente è un reato che si protrae nel tempo fino alla completa ultimazione dell’opera, comprese le rifiniture. Poiché l’immobile, in particolare un sottotetto destinato a uso abitativo, era ancora allo stato grezzo al momento del controllo, il reato non poteva considerarsi prescritto, in quanto la sua consumazione era ancora in corso.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abuso edilizio permanente: la prescrizione non corre per le opere non finite

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 35956/2025, offre un importante chiarimento sulla natura dell’abuso edilizio permanente e sul momento in cui inizia a decorrere la prescrizione. Per chi costruisce o ristruttura un immobile, è fondamentale comprendere che lasciare un’opera incompiuta non è una strategia valida per evitare le conseguenze legali. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il reato edilizio si consuma solo con la completa ultimazione dei lavori, comprese tutte le rifiniture.

I fatti del caso

Il caso esaminato riguardava un ricorso presentato da un privato condannato in primo grado e in appello per una serie di reati edilizi e paesaggistici. L’imputato sosteneva che i lavori, in particolare la realizzazione di un sottotetto, fossero stati ultimati molto prima del sopralluogo del 2020 e che, di conseguenza, il reato dovesse considerarsi estinto per prescrizione. In subordine, chiedeva che l’ordine di demolizione fosse limitato alla sola scala interna di accesso al sottotetto.

La decisione della Corte di Cassazione sull’abuso edilizio permanente

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno confermato la decisione della Corte di Appello, basando la loro analisi sul principio della valutazione unitaria dell’abuso edilizio. Secondo la Corte, non è possibile considerare le varie parti di un’opera illegale in modo separato; l’abuso va valutato nel suo complesso per determinarne la natura e la persistenza nel tempo.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha sviluppato la sua decisione su alcuni punti cardine:

La natura del reato permanente

Il fulcro della motivazione risiede nella qualificazione dell’abuso edilizio come reato di tipo ‘permanente’. Ciò significa che la condotta illecita non si esaurisce con l’inizio della costruzione, ma perdura per tutto il tempo in cui l’attività edilizia prosegue. La ‘consumazione’ del reato, ovvero il momento in cui l’illecito cessa, coincide con l’ultimazione completa dell’opera. Questa ultimazione, precisa la Corte, non si ha con la fine delle opere strutturali, ma solo quando sono conclusi anche tutti i lavori di rifinitura interni ed esterni. Fino a quel momento, il reato è in corso e il termine di prescrizione non inizia a decorrere.

La valutazione dell’opera incompiuta

Nel caso specifico, il sottotetto, sebbene ancora allo stato grezzo, presentava caratteristiche inequivocabili della sua destinazione abitativa: era suddiviso in cinque ambienti e dotato di balconi. Questi elementi erano incompatibili con la tesi difensiva, secondo cui si trattava di un mero spazio di isolamento tecnico. L’incompletezza dei lavori, al momento del sopralluogo, dimostrava che l’opera non era stata definitivamente interrotta, ma era ancora in fase di completamento. Di conseguenza, l’abuso edilizio permanente era ancora in atto.

L’ordine di demolizione

La Corte ha anche respinto la richiesta di una demolizione parziale. Essendo l’abuso considerato in modo unitario, l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi non può che estendersi all’intera opera illecita. Frazionare l’ordine di demolizione sarebbe in contrasto con la necessità di eliminare completamente gli effetti dell’illecito edilizio.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cruciale in materia edilizia: il reato di costruzione abusiva ha natura permanente e la prescrizione inizia a decorrere solo dalla totale ultimazione dell’immobile, incluse le rifiniture. Lasciare un’opera ‘al grezzo’ non interrompe la permanenza del reato se è evidente l’intenzione di completarla per renderla funzionale allo scopo prefissato. Questa decisione serve da monito: la cessazione dell’attività illecita deve essere definitiva e inequivocabile, altrimenti le conseguenze penali e amministrative restano pienamente operative.

Quando si considera concluso un abuso edilizio permanente ai fini della prescrizione?
Secondo la sentenza, un abuso edilizio permanente si considera concluso, e quindi il termine di prescrizione inizia a decorrere, solo con la totale ultimazione dei lavori. Ciò include non solo le opere strutturali ma anche tutte le rifiniture interne ed esterne che rendono l’opera completa e funzionale.

Un sottotetto allo stato grezzo può essere considerato parte di un abuso edilizio abitativo?
Sì. La Corte ha stabilito che, nonostante lo stato grezzo, se un sottotetto presenta caratteristiche inequivocabilmente destinate a un uso abitativo (come la suddivisione in più vani o la presenza di balconi), esso è parte integrante dell’abuso edilizio finalizzato alla creazione di un’abitazione, e la sua incompletezza dimostra la permanenza del reato.

Se un abuso edilizio è incompiuto, l’ordine di demolizione può essere parziale?
No. La sentenza chiarisce che l’abuso deve essere valutato in modo unitario. Pertanto, l’ordine di demolizione deve riguardare l’intera opera illecita per ripristinare completamente lo stato dei luoghi, e non può essere limitato solo a una parte di essa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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