Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 28363 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 28363 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Empoli il 27-01-1973, avverso la sentenza del 06-12-2023 della Corte di appello di Venezia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’ inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6 dicembre 2023, la Corte di appello di Venezia confermava la decisione emessa dal G.U.P. del Tribunale di Venezia il 20 aprile 2021, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi 1 di arresto ed euro 3.000 di ammenda, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 44 , lett. b), del d.P.R. n. 380 del 2001, fatto accertato in Marghera il 25 febbraio 2019. La pronuncia di primo grado aveva altresì disposto la demolizione delle opere ritenute abusive.
Avverso la sentenza della Corte di appello lagunare, COGNOME tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando sei motivi.
Con il primo motivo, la difesa eccepisce l’inosservanza degli art. 190 e 438 cod. proc. pen. e la mancata assunzione di una prova decisiva, contestando la conferma della decisione del primo giudice di non ammettere l’imputato al giudizio abbreviato condizionato alla produzione della documentazione proveniente dal Comune di Venezia e relativa alle violazioni contestate, documentazione rilevante che non era stata ancora consegnata all’imputato sia per lungaggini burocratiche, sia per ritardi, aggravati anche dall’emergenza sanitaria da Covid -19, nell’espletamento delle pratiche da parte dell’Autorità amministrativa.
Con il secondo motivo, oggetto di doglianza è la mancata declaratoria, invocata anche dal Procuratore generale nel giudizio di appello, di estinzione del reato per prescrizione anche per le opere risalenti al 2017 e all’ottobre 2018, avendo erroneamente la Corte di appello ritenuto applicabile la legge n. 103 del 3 agosto 2017, senza considerare che, almeno rispetto ai manufatti risalenti al 2017, non vi è alcuna prova che gli stessi siano stati realizzati dopo l’entrata in vigore della cd. riforma COGNOME, con conseguente violazione del principio del favor rei .
Con il terzo motivo, si lamenta la violazione degli art. 54 e 131 bis cod. pen. e/o il vizio di motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha escluso l’applicazione sia dello stato di necessità, sia della particolare tenuità del fatto, non avendo i giudici di appello tenuto conto che i manufatti installati dal l’imputato hanno un’ampiezza davvero limitata e una struttura precaria, essendo stati collocati in un campo nomadi lontano da conglomerati urbani e terreni coltivabili, avendo Campos agito solo al fine di poter disporre di una modesta dimora.
Il quarto motivo è dedicato al diniego delle attenuanti generiche, non essendo state considerate a tal fine le condizioni personali di Campos e la tipologia del reato di cui è stato ritenuto responsabile.
Con il quinto motivo, si deduce la violazione dell’art. 133 cod. pen., in relazione alla conferma dell’entità della pena, che ben poteva essere ridotta, in ragione dell’incapacità a delinquere dell’imputato e dell’assoluta tenuità del fatto,
venendo in rilievo manufatti di modeste dimensioni e di umile fattura, posizionati in una zona isolata e adibita a campo nomadi, senza alcun interesse urbanistico.
Con il sesto motivo, ci si duole dell’omessa risposta della Corte territoriale alle richieste difensive inerenti la disposta demolizione, essendo stato chiesto con l’atto di appello che COGNOME fosse ritenuto esente dai relativi oneri economici, perché impossibilitato ad adempiervi, essendo egli persona indigente, per cui, accertato che non fosse in condizione di ottemperare, si chiedeva che nei suoi confronti non fosse adottata alcuna sanzione ai sensi dell ‘art. 31 del Testo Unico dell’edilizia.
Dopo due rinvii in limine litis (13 novembre 2024 e 15 gennaio 2025), la trattazione del giudizio veniva aggiornata all’ udienza del 30 aprile 2025.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato.
Iniziando dal primo motivo, se ne deve rimarcare la genericità.
Come correttamente rilevato dal Procuratore generale, infatti, la difesa non ha illustrato l ‘ asserita decisività delle prove non ammesse, non essendo invero nemmeno chiaro di quale procedimento amministrativo si attendeva la definizione. Risulta in tal senso non specifica l ‘ affermazione contenuta nel ricorso, secondo cui si trattava di ‘ documentazione relativa alle soluzioni tecniche inerenti i manufatti di cui al capo di imputazione ‘ . Tale genericità è stata invero rilevata anche nei due giudizi di merito, nei quali, in maniera pertinente, è stata sottolineata la natura dilatoria della richiesta di rinvio finalizzata alla produzione di una non meglio chiarita documentazione riguardante la pratica edilizia in questione.
Di qui l ‘ inammissibilità della doglianza difensiva.
Il secondo motivo è infondato.
Occorre in proposito evidenziare che il reato per cui si procede, commesso nella vigenza del regime prescrizionale introdotto dalla legge n. 103 del 2017, ad oggi non è prescritto, dovendosi richiamare in proposito la recente affermazione delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 20989 del 12/12/2024, dep. il 05/06/2025), secondo cui la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all ‘ art. 159 cod. pen., nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della legge stessa, ovvero dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, non essendo stata abrogata con effetti retroattivi dalla legge n. 3 del 2019, prima, e dalla legge n. 134 del 2021.
Da ciò discende che, per il reato contravvenzionale contestato, commesso il 25 febbraio 2019, la prescrizione matura il 25 febbraio 2027.
Né appare sostenibile la tesi di un ‘ eventuale retrodatazione dei fatti a epoca antecedente all ‘ entrata in vigore della cd. ‘ riforma Orlando ‘ (3 agosto 2017), non
essendo emerse evidenze probatorie in tal senso, avendo anzi il giudice di primo grado evidenziato che le opere abusive accertate nel corso del sopralluogo del 25 febbraio 2019 furono realizzate nel 2017 e nell ‘ ottobre 2018, il che esclude di collocare i fatti in epoca anteriore al 3 agosto 2017, aderendo il Collegio alla condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 30147 del 19/04/2017, Rv. 270256 e Sez. 3, n. 16622 del 08/04/2015, Rv. 263473), secondo cui, in tema di reati edilizi, la valutazione dell ‘ opera ai fini della individuazione del dies a quo per la decorrenza della prescrizione deve riguardare la stessa nella sua unitarietà, senza che sia consentito considerare separatamente i suoi singoli componenti.
Parimenti non meritevole di accoglimento è il terzo motivo.
3.1. Quanto allo stato di necessità invocato dalla difesa, la Corte territoriale (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata), in maniera non illogica, ne ha escluso i presupposti applicativi, non essendo comprovato che l ‘imputat o versasse in una situazione di grave pericolo per l ‘incolumità propria o di altr i, affermazione questa con cui il ricorso non si confronta, fermo restando che, come precisato da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 2280 del 24/11/2017, dep. 2018, Rv. 271769), in materia di abusivismo edilizio, non è configurabile l ‘ esimente dello stato di necessità, in quanto, pur essendo ipotizzabile un danno grave alla persona in cui rientri anche il danno al diritto all ‘ abitazione, difetta in ogni caso il requisito dell ‘ inevitabilità del pericolo, non potendo per altro verso la realizzazione della costruzione abusiva essere giustificata dalla mera necessità di evitare un danno alle cose.
3.2. In ordine poi alla mancata applicazione dell ‘ art. 131 bis cod. pen., i giudici di merito hanno poi escluso che il fatto fosse qualificabile in termini di particolare tenuità, richiamando in tal senso gli accertamenti degli operanti, da cui si evince che le opere realizzato dall ‘ imputato sono di ‘ considerevole impatto urbanistico ‘ (cfr. pag. 3 della sentenza di primo grado), venendo in rilievo un apprezzamento di fatto non adeguatamente smentito dalla difesa e comunque non suscettibile di essere messo in discussione in sede di legittimità, non potendosi invero sottacere che i manufatti realizzati sono stati caratterizzati da un incremento progressivo in sé poco conciliabile con l ‘ occasionalità della condotta.
Immune da censure è anche il trattamento sanzionatorio, contestato con il terzo e il quarto motivo, suscettibili di trattazione unitaria perché sovrapponibili. Deve al riguardo osservarsi che il G.U.P. ha irrogato a Campos la pena finale di mesi 1 di arresto ed euro 3.000 di ammenda, partendo da una pena base di mesi 2 ed euro 6.000, poi ridotta della metà per la scelta del rito, dovendosi evidenziare, peraltro, che la pena pecuniaria è stata fissata in misura di gran lunga inferiore rispetto al limite edittale minimo di euro 10.328 di ammenda, rilievo questo che già consente di ritenere tutt ‘ altro che eccessiva la pena irrogata all ‘ imputato, in favore del quale è stata altresì riconosciuta la sospensione condizionale della pena.
In tale contesto, il diniego delle attenuanti generiche non appare illegittimo, avendo i giudici di merito sottolineato l ‘ assenza di elementi meritevoli di positivo apprezzamento, che anche nel ricorso non risultano adeguatamente illustrati.
Infine, anche il sesto motivo è infondato, dovendosi escludere che l ‘ ordine di demolizione disposto dal giudice di primo grado presenti vizi di legittimità, trattandosi di una statuizione obbligatoria ai sensi dell ‘ art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui, ‘ per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all ‘ articolo 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita ‘ . Né rileva che, per una per una parte della condotta, vi sia stata in primo grado la declaratoria di estinzione del reato, riferendosi evidentemente l ‘ ordine di demolizione alle opere per le quali vi è stata condanna, mentre, quanto alle asserite difficoltà economiche dell ‘ imputato evocate genericamente nel ricorso, occorre osservare che le stesse, al più, attengono alla fase dell ‘ esecuzione.
6 . Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso presentato nell’interesse di Campos deve essere pertanto rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 30.04.2025