Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38812 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38812 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Pisa il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 05-04-2024 del Tribunale di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
eggi, 2 2 OTT, 2024
IL FUNZNYT
NOME
DeposiNata in Cancelleria
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5 aprile 2024, il Tribunale del Riesame di Firenze confermava il decreto del 14 marzo 2024, con cui il G.I.P. del Tribunale di Firenze aveva disposto il sequestro preventivo dell’area di cantiere sita in INDIRIZZO in Firenze nei confronti del direttore dei lavori NOME COGNOME, indagato dei reati ex art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 e 181 del d. lgs. n. 42 del 2004, a lui contestati per aver realizzato, in zona soggetta a vincolo paesaggistico, opere in difformità del permesso di costruire e dell’autorizzazione paesaggistica.
Avverso l’ordinanza del Tribunale toscano, COGNOME, tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
Con il primo, la difesa contesta la qualificazione del decreto di sequestro come “impeditivo” ex art. 321, comma 1, cod. proc. pen., anziché come “strumentale” alla confisca ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen., evidenziando che il G.I.P. in molteplici passaggi del decreto di sequestro ha richiamato il concetto di “corpo del reato” e di “cose di cui è consentita la confisca”, non essendo indicate le ragioni che avrebbero potuto giustificare un sequestro impeditivo.
Ciò posto, si rileva che, dopo la notifica dell’ordinanza comunale di immediata interruzione dei lavori, alcun tipo di attività è stata posta in essere presso il cantiere, per cui il pericolo di aggravamento della lesione del bene protetto doveva essere diversamente argomentato, a ciò aggiungendosi che, riqualificando il sequestro come “strumentale”, comunque non sussisterebbero i presupposti applicativi, posto che, in tema di abusi edilizi, la confisca obbligatoria è consentit solo per il reato di lottizzazione abusiva, che non è stato contestato agli indagati.
Con il secondo motivo, si contesta il difetto di motivazione rispetto al giudizio sul periculum in mora, osservandosi che, pur a voler ritenere configurabile nel caso di specie un “sequestro impeditivo”, il Tribunale del Riesame non illustrato i caratteri dell’attualità e della concretezza del pericolo attuale di persistente lesion del bene giuridico protetto, non considerando che sul cantiere e sull’immobile in esame insisteva già un’ordinanza amministrativa di immediata sospensione dei lavori mai violata dagli indagati, cui ha fatto seguito un’ordinanza di demolizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile sotto un duplice aspetto.
In primo luogo, occorre rilevare che, secondo quanto rappresentato sia dai giudici del riesame sia dal ricorrente, il Comune di Firenze, con ordinanza n. 75 del 22 marzo 2024, ha disposto, successivamente al sequestro, la demolizione delle opere abusive, essendo stata la predetta ordinanza di demolizione notificata nei 45 giorni successivi all’ingiunzione di immediata sospensione dei lavori.
4 GLYPH Ora, sottolineato che l’ordinanza di demolizione e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi di cui si discute non risulta allo stato eseguita, deve ritenersi ch il ricorrente non sia legittimato a chiedere la revoca del sequestro e la restituzione del bene oggetto di cautela reale, dovendosi in tal senso richiamare il condiviso principio elaborato da questa Corte (cfr. ex multís Sez. 3, n. 1163 del 15/11/2016, dep. 2017, Rv. 268737, Sez. 3, n. 23718 del 08/04/2016, Rv. 267676 e Sez. 3, n. 42637 del 26/09/2013, Rv. 258308), secondo cui l’ingiustificata inottemperanza all’ordine di demolizione dell’opera abusiva e alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi, entro novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire emessa dall’Autorità amministrativa, determina, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, l’automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera e dell’area pertinente, indipendentemente dal fatto che l’ingiunzione contenga una puntuale indicazione delle aree evehtualmente destinate a passare nel patrimonio comunale; ne deriva che, anche in caso di mancata indicazione di tali aree, l’indagato per il reato edilizio, oramai privo della disponibilità giuridica del be non è legittimato a chiederne il dissequestro e la restituzione.
Già sotto tale profilo, l’odierna impugnazione deve ritenersi quindi inammissibile.
A tale aspetto, in sé già dirimente, deve solo aggiungersi per completezza, quale ulteriore profilo di inammissibilità che, anche nel merito, le doglianze proposte risultano comunque manifestamente infondate, essendo sufficiente osservare in proposito, quanto al primo motivo, che, come correttamente rilevato dal Tribunale del Riesame (cfr. pag. 3 dell’ordinanza impugnata), il sequestro preventivo è stato adottato dal GRAGIONE_SOCIALEP. non in funzione di un’eventuale confisca, ma al fine di impedire che la libera disponibilità dell’area di cantiere potesse aggravare o protrarre le conseguenze del reato con la prosecuzione dei lavori abusivi, per cui la qualificazione del sequestro deve essere ritenuta legittimamente operata.
2.1. Quanto poi al secondo motivo, non può sottacersi che le censure difensive, riferite al giudizio sul periculum in mora, concernono aspetti che ruotano nell’orbita non tanto della violazione di legge, ma piuttosto della manifesta illogicità o della erroneità della motivazione; questo profilo, tuttavia, non deducibile in sede di legittimità, avendo questa Corte più volte affermato (cfr. cfr. Sez. 2, n. 37100 del 07/07/2023, Rv. 285189 e Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656) che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, ipotesi questa che non appare affatto ravvisabile nel caso di specie.
3 GLYPH
Alla stregua di tali considerazioni e in sintonia con le conclusio AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME deve quindi dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 20 e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato pre senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità dispone infine che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitati euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali è della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 12/09/2024