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Abuso d’ufficio: inammissibile ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un funzionario pubblico e di un professionista, confermando la loro condanna per abuso d’ufficio e falso. Il caso riguarda il rilascio di un permesso di costruire illegittimo su un’area a rischio idrogeologico e la successiva falsificazione di documenti per attestare un fittizio inizio tempestivo dei lavori. La Corte ha rigettato le censure sulla prescrizione, calcolando il termine a partire dal sequestro dell’immobile, e ha ritenuto manifestamente infondate le doglianze relative alla configurabilità dei reati.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abuso d’ufficio in edilizia: la Cassazione chiude il caso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29749/2024, ha messo un punto fermo su un complesso caso di abuso d’ufficio e falso legato al rilascio di un permesso di costruire. La pronuncia dichiara inammissibili i ricorsi presentati da un funzionario comunale e un professionista, confermando la loro responsabilità penale. Questa decisione offre importanti spunti sulla configurazione del reato, sulla decorrenza della prescrizione e sulla rilevanza penale di certificazioni amministrative false, anche se non protocollate.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una sentenza della Corte di appello che aveva parzialmente riformato una pronuncia di primo grado. Gli imputati, un responsabile dell’ufficio tecnico comunale e un professionista, erano stati condannati per i reati di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) e falso in certificati (art. 480 c.p.).

Nello specifico, al funzionario veniva contestato di aver rilasciato un permesso di costruire nel 2012 per un’area soggetta a un vincolo di inedificabilità assoluta a causa di un elevato pericolo idrogeologico. Inoltre, egli non era legittimato al rilascio, essendo la competenza dello Sportello unico per le attività produttive. Infine, i lavori erano iniziati ben oltre il termine annuale previsto dalla concessione.

Per mascherare quest’ultima irregolarità, il professionista aveva redatto due documenti falsi (una comunicazione di proroga e una di inizio lavori) che erano stati poi timbrati e siglati dal funzionario comunale, pur senza essere protocollati, per attestare fittiziamente la regolarità temporale del cantiere.

I Motivi del Ricorso e l’analisi dell’abuso d’ufficio

Gli imputati hanno presentato un ricorso congiunto in Cassazione, basato su tre motivi principali:

1. Prescrizione dei reati: Sostenevano che il termine di prescrizione per entrambi i reati fosse già decorso.
2. Insussistenza dell’abuso d’ufficio: Contestavano la configurabilità del reato, anche alla luce della riforma del 2020, affermando l’assenza di violazioni di legge e di un ingiusto vantaggio patrimoniale.
3. Insussistenza del falso: Ritenevano che le comunicazioni non protocollate non potessero essere considerate ‘fatti destinati a provare la verità’ ai sensi della legge penale.

La Corte ha ritenuto i ricorsi manifestamente infondati, smontando ogni doglianza.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Cassazione ha confermato in toto l’impianto accusatorio. Per quanto riguarda l’abuso d’ufficio, i giudici hanno ribadito la solidità della motivazione della Corte di appello. L’illegittimità del permesso di costruire non derivava da un margine di discrezionalità mal esercitato, ma dalla violazione di norme specifiche e vincolanti: il vincolo di inedificabilità assoluta e la norma sulla competenza al rilascio dell’atto. Pertanto, la novella legislativa del 2020, che ha limitato il reato alla violazione di ‘specifiche regole di condotta’, non scagionava gli imputati.

L’ingiusto vantaggio patrimoniale per la committente è stato individuato nella ‘nuova possibilità di messa a reddito’ dell’area, resa edificabile illegittimamente, con un conseguente e ‘fisiologico incremento’ del suo valore di mercato.

Anche la condotta di falso è stata ritenuta correttamente contestata. Sebbene i documenti non fossero stati registrati al protocollo, erano stati timbrati e siglati dal pubblico ufficiale e inseriti, seppur tardivamente, nel fascicolo. La loro finalità era inequivocabilmente quella di attestare una circostanza non vera (l’inizio dei lavori entro i termini) per evitare la decadenza del permesso. Questo li rendeva a tutti gli effetti certificati destinati a provare la verità di un fatto.

Le conclusioni: la prescrizione e l’inammissibilità

Il punto cruciale, che ha determinato l’esito del processo, è stato il calcolo della prescrizione. La Corte ha stabilito che, trattandosi di condotte protratte nel tempo e culminate con la falsificazione dei documenti dopo il sequestro del cantiere (avvenuto il 24/11/2014), il termine di prescrizione dovesse decorrere da tale data. Sommando il termine ordinario (7 anni e 6 mesi) e i 467 giorni di sospensione accumulati durante il processo, la prescrizione sarebbe maturata solo il 3/9/2023. Poiché la sentenza di appello era stata pronunciata il 14/6/2023, il reato non era ancora estinto.

In virtù della manifesta infondatezza di tutti i motivi, la Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili. Tale declaratoria, secondo un principio consolidato, preclude la possibilità di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione maturata successivamente. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per un abuso d’ufficio continuato e legato a falsi documentali?
Secondo la Corte, il termine decorre dall’ultimo atto della condotta illecita. In questo caso, non dal rilascio del permesso, ma dalla data del sequestro dell’immobile (24/11/2014), poiché i falsi certificati per mascherare l’irregolarità sono stati creati dopo tale momento.

La riforma del 2020 sul reato di abuso d’ufficio può assolvere un funzionario che ha violato un vincolo di inedificabilità assoluta?
No. La Corte ha chiarito che la riforma non si applica quando l’illegittimità dell’atto deriva dalla violazione di norme di legge specifiche e non da un cattivo esercizio del potere discrezionale. Il vincolo di inedificabilità è una regola di condotta espressa e non lascia margini di discrezionalità.

Un certificato falso, anche se non registrato al protocollo, può integrare un reato?
Sì. La Cassazione ha confermato che la rilevanza penale di un certificato non dipende dalla sua protocollazione, ma dalla sua idoneità a provare la verità di un fatto. Nel caso di specie, i documenti, timbrati e siglati dal pubblico ufficiale, erano finalizzati a dimostrare falsamente la regolarità dell’inizio dei lavori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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