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Abuso d’ufficio e ius superveniens: il caso deciso

Un complesso caso giudiziario riguardante un permesso di costruire e le relative accuse di abuso d’ufficio contro un imprenditore e un funzionario pubblico. La Corte di Cassazione ha confermato l’assoluzione degli imputati, stabilendo che una nuova legge, interpretata come retroattiva (ius superveniens), ha fatto venir meno l’illegittimità dell’atto amministrativo, elemento fondamentale per la sussistenza del reato. La sentenza sottolinea come l’assenza di una macroscopica illegittimità escluda anche il dolo intenzionale richiesto per l’abuso d’ufficio.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abuso d’Ufficio: Quando una Nuova Legge Cambia le Regole del Processo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un complesso caso di abuso d’ufficio legato al rilascio di un permesso di costruire. La vicenda, caratterizzata da un lungo iter processuale, offre spunti fondamentali sull’impatto di una nuova legge (il cosiddetto ius superveniens) e sulla corretta valutazione degli elementi, oggettivi e soggettivi, necessari per configurare questo reato. Analizziamo insieme i passaggi chiave di questa importante decisione.

Il Caso: Un Permesso di Costruire Controverso

La controversia nasce dalla costruzione di un edificio polifunzionale, autorizzata dal Comune. I proprietari degli immobili confinanti e il condominio adiacente contestano la legittimità del permesso, sostenendo che la nuova costruzione violi le normative sulle distanze tra edifici previste sia dal piano regolatore locale sia dalla normativa nazionale. Sulla base di queste presunte violazioni, il responsabile del procedimento amministrativo e l’imprenditore edile vengono portati a giudizio con l’accusa, tra le altre, di abuso d’ufficio e falso ideologico.

Il Lungo Percorso Giudiziario e l’Annullamento con Rinvio

Inizialmente, sia il Tribunale che la Corte d’Appello condannano gli imputati per il reato di abuso d’ufficio, riconoscendo l’illegittimità del permesso di costruire e condannandoli al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. Tuttavia, la Corte di Cassazione, in un primo giudizio, annulla la sentenza di condanna. Pur dichiarando estinti per prescrizione alcuni reati, rinvia il caso a una diversa sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione specifica sull’abuso d’ufficio. La Suprema Corte chiede ai giudici del rinvio di verificare nuovamente i profili di illegittimità degli atti, sia sul piano oggettivo (le violazioni delle norme sulle distanze) sia su quello soggettivo (l’intenzionalità della condotta).

L’impatto dello Ius Superveniens sull’abuso d’ufficio

Nel corso del giudizio di rinvio, la Corte d’Appello giunge a una conclusione opposta: assolve gli imputati. La svolta è determinata dall’applicazione di una nuova norma nazionale, il cosiddetto decreto “sblocca cantieri” (D.L. n. 32/2019). Questa legge ha fornito un’interpretazione autentica dell’art. 9 del D.M. 1444/1968, chiarendo che i limiti di distanza tra fabbricati si applicano solo a specifiche zone urbanistiche (le zone C di espansione) e non a quelle, come nel caso di specie, già edificate (zona B2).

Poiché una norma di interpretazione autentica ha efficacia retroattiva (ex tunc), la Corte d’Appello ha concluso che il permesso di costruire, al momento del rilascio, non violava la normativa sulle distanze. Di conseguenza, è venuto meno l’elemento oggettivo del reato di abuso d’ufficio: l’illegittimità macroscopica dell’atto amministrativo.

La Decisione Finale della Cassazione

Le parti civili, non soddisfatte dalla sentenza di assoluzione, hanno proposto un nuovo ricorso in Cassazione. Tuttavia, la Suprema Corte ha rigettato i ricorsi, confermando in via definitiva la decisione dei giudici del rinvio.

Le Motivazioni

La Corte ha stabilito che la Corte d’Appello ha correttamente seguito le indicazioni fornite nel primo giudizio di Cassazione e ha applicato in modo legittimo lo ius superveniens. La motivazione si fonda su due pilastri principali:

1. Carenza dell’elemento oggettivo: L’applicazione retroattiva della nuova norma ha eliminato la violazione delle regole sulle distanze, che costituiva il nucleo dell’accusa. La residua illegittimità, legata alla distanza dal fronte stradale, non è stata ritenuta sufficientemente grave da integrare da sola il reato.

2. Carenza dell’elemento soggettivo: Il dolo richiesto per l’abuso d’ufficio è quello intenzionale. L’imputato deve aver agito con lo scopo primario di procurare un vantaggio o un danno ingiusto. Le precedenti condanne si basavano su una serie di gravi e reiterate violazioni che, messe insieme, facevano presumere tale intenzione. Una volta venute meno queste violazioni grazie alla nuova legge, la singola illegittimità residua non è più sufficiente a provare che gli imputati abbiano agito con dolo intenzionale.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per configurare il reato di abuso d’ufficio, non basta una qualsiasi illegittimità dell’atto, ma è necessaria una violazione di legge che, unita ad altri elementi, dimostri in modo inequivocabile l’intenzione del pubblico ufficiale di favorire o danneggiare qualcuno. L’intervento di una norma di interpretazione autentica, avendo effetto retroattivo, può neutralizzare l’elemento oggettivo del reato, facendo crollare l’intero impianto accusatorio e portando all’assoluzione, come avvenuto in questo complesso caso.

Una nuova legge più favorevole (ius superveniens) può portare all’assoluzione per il reato di abuso d’ufficio?
Sì. Se la nuova legge è una norma di ‘interpretazione autentica’, essa ha efficacia retroattiva. Come nel caso esaminato, può rendere legittimo un atto amministrativo che prima era considerato illegale, facendo così decadere l’elemento oggettivo del reato di abuso d’ufficio e portando all’assoluzione.

Cosa si intende per ‘interpretazione autentica’ di una legge e che effetti ha in un processo penale?
L’interpretazione autentica è una legge emanata dal Parlamento per chiarire il significato di una norma precedente che si prestava a diverse interpretazioni. A differenza di una semplice modifica legislativa, essa si applica fin dall’origine (ex tunc), come se la norma avesse sempre avuto quel significato. In un processo penale, questo può avere l’effetto di eliminare la base giuridica dell’accusa.

Per configurare il reato di abuso d’ufficio è sufficiente una qualsiasi illegittimità dell’atto amministrativo?
No. Secondo la Corte, le precedenti condanne si basavano sulla presenza di ‘macroscopiche illegittimità’ e ‘reiterate e gravi violazioni’. Una volta che l’applicazione della nuova legge ha fatto venire meno queste gravi violazioni, la singola illegittimità residua non è stata ritenuta sufficiente a dimostrare l’esistenza del dolo intenzionale, ovvero la volontà specifica di commettere l’abuso, che è un elemento essenziale del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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