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Abuso d’ufficio e concessione demaniale: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione di un tribunale del riesame, ravvisando gravi indizi del reato di abuso d’ufficio a carico di un funzionario pubblico. Il caso riguarda il rilascio di una concessione demaniale marittima ‘suppletiva’ per sanare un’ingente occupazione abusiva, in palese violazione delle norme che imponevano invece la revoca della concessione originaria e lo sgombero dell’area. La Corte ha sottolineato che tale strumento suppletivo è eccezionale e non può essere usato per eludere le procedure di evidenza pubblica.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abuso d’ufficio e Concessioni Demaniali: la Cassazione Annulla e Rinvia

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35011/2024, è intervenuta su un’importante questione relativa al reato di abuso d’ufficio nel contesto delle concessioni demaniali marittime. La pronuncia chiarisce i confini tra l’esercizio del potere discrezionale della Pubblica Amministrazione e la violazione di norme vincolanti, offrendo spunti fondamentali sulla gestione dei beni pubblici e sulle responsabilità dei funzionari.

I Fatti del Caso: La Concessione ‘Suppletiva’ per Sanare un Abuso

Il caso trae origine da un’indagine a carico del responsabile del Settore Demanio di un comune costiero. A un imprenditore, già titolare di una concessione per circa 1500 mq di arenile, veniva contestata l’occupazione abusiva di un’ulteriore, e ben più vasta, area di circa 2700 mq. Quest’ultima porzione di spiaggia era stata anche sottoposta a sequestro preventivo.

Invece di procedere con gli atti dovuti, ovvero l’ordine di sgombero e la dichiarazione di decadenza della concessione originaria per grave inadempimento, il procedimento amministrativo prendeva una piega inaspettata. Il funzionario responsabile, secondo l’accusa, si asteneva pretestuosamente dall’intervenire, consentendo al suo sostituto di rilasciare una cosiddetta ‘concessione suppletiva’ proprio per l’area abusivamente occupata. In questo modo, l’illecito veniva di fatto sanato, procurando un ingiusto vantaggio patrimoniale al concessionario, che si assicurava l’uso di un’area quasi tripla rispetto a quella originaria senza passare per alcuna procedura di evidenza pubblica.

Il Tribunale del riesame, in prima istanza, aveva escluso la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, ritenendo che l’operato dei funzionari rientrasse in un’attività discrezionale non palesemente illegittima. Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso in Cassazione.

L’Abuso d’Ufficio e la Violazione di Norme Vincolanti

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la valutazione del Tribunale del riesame, accogliendo le argomentazioni del Procuratore. Il punto centrale della decisione ruota attorno alla nuova formulazione dell’art. 323 del codice penale, che per configurare l’abuso d’ufficio richiede la violazione di ‘specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge […] e dalle quali non residuino margini di discrezionalità’.

Secondo la Suprema Corte, il Tribunale ha errato nel non riconoscere che, nel caso di specie, la normativa di riferimento non lasciava alcuno spazio discrezionale al Comune. Sia l’art. 47 del Codice della Navigazione, sia la specifica legge regionale (art. 20 L.R. n. 17/2005), impongono alla Pubblica Amministrazione di dichiarare la decadenza della concessione in presenza di gravi violazioni da parte del concessionario, come l’abusiva occupazione di aree demaniali.

Questi atti, sottolinea la Corte, sono di natura ‘sostanzialmente vincolata’. Una volta accertati i presupposti fattuali (l’occupazione abusiva), l’amministrazione non ha la facoltà di scegliere se dichiarare o meno la decadenza, ma ha l’obbligo di farlo. Pertanto, l’aver omesso tali atti e aver proceduto con il rilascio di una concessione suppletiva costituisce una palese violazione di legge.

L’Illegittimità della Concessione Suppletiva

Un altro profilo di illegittimità, evidenziato dalla Cassazione, riguarda l’uso distorto dello strumento della ‘concessione suppletiva’. Questo istituto, disciplinato dall’art. 24 del regolamento di esecuzione del Codice della Navigazione, è una deroga ai principi generali di gara pubblica e libera fruizione delle aree demaniali. Esso può essere utilizzato solo per variazioni ‘minime’ e ‘scarsamente apprezzabili’ rispetto alla concessione originaria, che siano funzionali al miglior utilizzo del bene già concesso.

Nel caso in esame, la concessione suppletiva non riguardava un piccolo ampliamento, ma un’area di quasi il doppio rispetto a quella originaria, già oggetto di sequestro per occupazione abusiva. Utilizzare questo strumento per sanare un illecito di tale portata è, per la Corte, un esercizio ‘non illecito o manifestamente irrazionale di attività discrezionale’, bensì una chiara violazione delle sue stesse finalità e dei suoi rigorosi presupposti.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha stabilito che la condotta del funzionario pubblico, consistita nell’omettere gli atti dovuti di revoca e sgombero e nel consentire il rilascio di una concessione suppletiva per sanare un’occupazione abusiva di vaste dimensioni, integra una violazione di specifiche norme di legge che non lasciano margini di discrezionalità. La normativa nazionale e regionale imponeva, in una situazione del genere, un’azione vincolata volta a ripristinare la legalità. L’uso dello strumento della concessione suppletiva è stato ritenuto palesemente illegittimo perché utilizzato al di fuori dei suoi eccezionali e restrittivi presupposti, ovvero per regolarizzare un abuso sostanziale e non per apportare modifiche marginali. L’astensione del responsabile e l’azione del suo sostituto sono state lette come un’azione coordinata e intenzionale finalizzata a procurare un ingiusto vantaggio al privato, configurando così i gravi indizi del reato di abuso d’ufficio.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per la Pubblica Amministrazione nella gestione dei beni demaniali. La Cassazione ribadisce che la lotta all’abusivismo e il rispetto delle procedure di evidenza pubblica non sono opzioni discrezionali, ma obblighi giuridici precisi. I funzionari pubblici sono chiamati a applicare la legge in modo rigoroso, specialmente quando sono in gioco interessi pubblici fondamentali come la tutela del demanio e la parità di trattamento tra gli operatori economici. La decisione ha quindi annullato l’ordinanza impugnata, rinviando il caso al Tribunale del riesame per una nuova valutazione che dovrà attenersi ai principi di diritto affermati.

Quando un funzionario pubblico commette il reato di abuso d’ufficio in materia di concessioni demaniali?
Secondo la sentenza, il reato di abuso d’ufficio si configura quando il funzionario viola specifiche e vincolanti norme di legge che non lasciano margini di discrezionalità. Nel caso specifico, le norme imponevano la revoca di una concessione a seguito di un’occupazione abusiva, ma si è proceduto illecitamente con il rilascio di una concessione suppletiva per sanare l’illecito.

Una ‘concessione suppletiva’ può sanare un’occupazione abusiva di un’area demaniale?
No. La Corte chiarisce che la concessione suppletiva è uno strumento eccezionale e restrittivo, utilizzabile solo per variazioni minime e funzionalmente necessarie. Non può essere impiegata per regolarizzare un’occupazione abusiva sostanziale, poiché ciò eluderebbe le norme sulla repressione degli illeciti e le procedure di gara pubblica.

L’astensione di un funzionario dal compiere un atto dovuto può configurare abuso d’ufficio?
Sì. La sentenza afferma che l’astensione intenzionale del funzionario responsabile, finalizzata a permettere a un suo sostituto di emettere un provvedimento illegittimo (la concessione suppletiva), è parte integrante della condotta criminosa. L’omissione degli atti dovuti, come l’ordine di sgombero e la revoca, è considerata strumentale al conseguimento del fine illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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