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Abuso d’ufficio: discrezionalità e reato impossibile

Un dipendente di una società a partecipazione pubblica era stato condannato per abuso d’ufficio per aver favorito l’inserimento della figlia in un programma di tirocinio. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza perché il fatto non sussiste. La motivazione si fonda sull’ampia discrezionalità concessa alle aziende ospitanti dal bando del programma, che non prevedeva una procedura di selezione vincolata a regole di evidenza pubblica. L’assenza di una violazione di una specifica norma di legge esclude la configurabilità del reato di abuso d’ufficio.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Abuso d’ufficio: quando l’ampia discrezionalità esclude il reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale ha chiarito i confini del reato di abuso d’ufficio, stabilendo un principio fondamentale: se la procedura di selezione non è vincolata da rigide norme di legge ma lascia un’ampia discrezionalità decisionale, non si può configurare il reato, anche in presenza di presunti favoritismi. La decisione annulla una condanna emessa nei confronti di un dipendente di una società a partecipazione pubblica, accusato di aver agevolato l’assunzione della figlia come tirocinante.

I Fatti di Causa

Il caso riguardava un dipendente di una società a prevalente partecipazione pubblica, condannato in primo e secondo grado per concorso in abuso d’ufficio. L’accusa sosteneva che l’uomo avesse ottenuto, tramite l’intercessione di dirigenti della società e di un referente del Centro per l’Impiego, l’attivazione di un tirocinio retribuito per la propria figlia nell’ambito del programma nazionale “Garanzia Giovani”. Secondo la tesi accusatoria, la figlia non possedeva i requisiti necessari e la procedura di selezione sarebbe stata “forzata” per garantirle il posto, aggirando il sistema di abbinamento automatico (matching) tra candidati e aziende.

La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, ritenendo che l’imputato fosse pienamente consapevole della forzatura del sistema e che la sua condotta andasse oltre la semplice raccomandazione. L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, l’erronea applicazione della legge penale.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Abuso d’Ufficio

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata senza rinvio “perché il fatto non sussiste”. La decisione ribalta completamente l’esito dei precedenti gradi di giudizio, fondandosi su un’attenta analisi delle regole che governavano il programma “Garanzia Giovani”.

Le Motivazioni: l’assenza di violazione di legge nel reato di abuso d’ufficio

Il cuore della motivazione risiede nella constatazione che, per configurare il reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.), è indispensabile la violazione di specifiche norme di legge o di regolamento che non lascino margini di discrezionalità al pubblico ufficiale. Analizzando l’avviso pubblico del programma, la Corte ha rilevato come questo garantisse un'”amplissima discrezionalità” ai soggetti ospitanti (le aziende) nella scelta dei tirocinanti.

In particolare, la Cassazione ha evidenziato i seguenti punti cruciali:

1. Nessuna Procedura di Evidenza Pubblica: Il bando non imponeva alle aziende di adottare procedure di selezione formali, concorsuali o basate su graduatorie. La scelta finale era rimessa alla libera determinazione dell’azienda.
2. Due Modalità di Selezione: Il manuale operativo del programma prevedeva due diverse vie per l’assegnazione dei candidati: il matching automatico, che proponeva una lista di profili idonei, e la candidatura singola, che permetteva al promotore di inserire direttamente il codice fiscale di un candidato su richiesta di quest’ultimo, qualora avesse già individuato l’azienda presso cui svolgere il tirocinio.
3. Il Matching non creava un Diritto: Anche l’abbinamento tramite sistema automatico non conferiva al candidato alcun diritto soggettivo a svolgere il tirocinio. La decisione finale spettava sempre e comunque all’azienda ospitante, che poteva effettuare ulteriori colloqui e scegliere liberamente tra i profili preselezionati.

Di conseguenza, se le regole del gioco consentono una scelta discrezionale, non si può parlare di una loro violazione. La condotta dei dirigenti, pur se influenzata da una “logica spartitoria” e da segnalazioni, si è mossa all’interno dei confini di discrezionalità permessi dal programma stesso. Mancando l’elemento oggettivo della violazione di una norma di legge, viene meno l’intero impianto accusatorio per il reato di abuso d’ufficio.

Le Conclusioni: l’importanza del principio di legalità

La sentenza riafferma con forza il principio di legalità e tassatività della norma penale. Per poter condannare per abuso d’ufficio, non è sufficiente dimostrare un comportamento eticamente discutibile o un favoritismo, ma è necessario provare che tale comportamento si sia tradotto nella violazione di una regola precisa e vincolante. La discrezionalità amministrativa, se prevista dalla legge, funge da scudo contro l’illecito penale, poiché l’esercizio di una scelta, per quanto orientato da logiche non meritocratiche, non costituisce di per sé un’azione contra legem. Questa pronuncia offre un importante chiarimento per distinguere ciò che è penalmente rilevante da ciò che, pur essendo potenzialmente inopportuno, resta al di fuori dell’ambito del diritto penale.

Quando una selezione per un tirocinio può configurare il reato di abuso d’ufficio?
Secondo questa sentenza, il reato di abuso d’ufficio si configura solo se la procedura di selezione viola specifiche e vincolanti norme di legge o regolamento che non lasciano margini di discrezionalità. Se il bando o le regole del programma concedono all’ente selezionatore un’ampia facoltà di scelta, il reato non sussiste.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna in questo specifico caso?
La Corte ha annullato la condanna perché ha accertato che le regole del programma “Garanzia Giovani” non imponevano una procedura di selezione rigida e formale. Al contrario, garantivano un’ampia discrezionalità alle aziende ospitanti, le quali potevano scegliere liberamente i candidati, anche attraverso una “candidatura singola”. Mancando la violazione di una norma di legge, è venuto meno un elemento essenziale del reato di abuso d’ufficio.

Il favoritismo in una selezione è sempre un reato?
No. Sulla base di questa decisione, il favoritismo o una selezione basata su segnalazioni e logiche spartitorie non costituisce automaticamente il reato di abuso d’ufficio. Diventa penalmente rilevante solo se, per attuarlo, viene violata una specifica norma di legge o di regolamento che imponeva criteri di scelta oggettivi e non discrezionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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