Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5027 Anno 2025
RITENUTO IN FATTO Penale Sent. Sez. 6 Num. 5027 Anno 2025
1. La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, per quel che qui rileva in ragione dei proposti ricorsi, ha assolto NOME COGNOME dal reato di concussione (art. 317 cod. pen.) perchè il fatto non sussiste ed ha revocato le statuzioni civili a favore di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE: COGNOME NOME Relatore: COGNOME NOME Data Udienza: 17/01/2025
NOME COGNOME.
A NOME COGNOME si addebitava che, in qualità di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, abusando dei suoi poteri e RAGIONE_SOCIALEa sua autorità, aveva costretto il NOME NOME COGNOME a dimettersi da Responsabile del RAGIONE_SOCIALE Sanitario RAGIONE_SOCIALE istituito in Campi Salentina dalla Regione Puglia, al fine di realizzare la chiusura RAGIONE_SOCIALEa struttura osteggiata, fin dal suo sorgere, dal NOME COGNOME perché confliggente con i suoi interessi al mantenimento di reparti ospedalieri e attività sanitaria privata per cui l’RAGIONE_SOCIALE rappresentava una concreta e pericolosa concorrenza. Per conseguire tale obiettivo il COGNOME aveva utilizzato lo strumento di minacce sia esplicite sia in forma di avvertimento dirette al COGNOME e ai suoi collaboratori RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE; aveva esercitato illegittimamente e strumentalmente il potere disciplinare RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE che presiedeva avviando a carico del NOME COGNOME cinque procedimenti disciplinari e, reiteratamente, aveva denigrato e diffamato il predetto attraverso missive, conferenze stampa e telefonate a rappresentati RAGIONE_SOCIALEa comunità scientifica e altre istituzioni, fino al 19 luglio 2013, data in cui il do COGNOME aveva presentato le sue dimissioni.
Il Procuratore generale presso la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE e il difensore RAGIONE_SOCIALEa parte civile chiedono l’annullamento RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata di cui denunciano cumulativi vizi di motivazione, anche per travisamento RAGIONE_SOCIALEe prove dichiarative, nonché erronea applicazione RAGIONE_SOCIALEa legge penale, con riferimento agli elementi costitutivi del reato di concussione in relazione all’abuso RAGIONE_SOCIALEa qualità o dei poteri, alla condotta costrittiva e alla indebita utilità perseguita, nella specie dimissioni del NOME COGNOME direttore sanitario del RAGIONE_SOCIALE, funzionali all chiusura del RAGIONE_SOCIALE..
2.1. Il Procuratore generale denuncia erronea applicazione RAGIONE_SOCIALEa legge penale (art. 317 cod. pen.) nella individuazione RAGIONE_SOCIALE elementi strutturali del reato d concussione con riferimento:
2.1.1. alla illegittima strumentalizzazione RAGIONE_SOCIALEe posizioni e attribuzioni_da parte del NOME COGNOME, trascurando le dichiarazioni rese in dibattimento dal NOME NOME COGNOME, secondo le quali il NOME COGNOME, nella qualità, non aveva alcun potere per sindacare l’adeguatezza e sicurezza del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e dalla NOMEessa NOME COGNOME che, con la lettera del 27 febbraio 2013, aveva stigmatizzato le iniziative del NOME COGNOME perché interferivano pesantemente con il prosieguo
RAGIONE_SOCIALE‘attività di chiara e documentata pubblica utilità del RAGIONE_SOCIALE attraverso accuse violente e gratuite di incompetenza, falsità e autoreferenzialità indirizzate al NOME COGNOME. La sentenza impugnata non si confronta, incorrendo in vizio di motivazione anche per travisamento RAGIONE_SOCIALEa prova, con tale compendio dichiarativo che ha pretermesso ai fini RAGIONE_SOCIALEa ricostruzione RAGIONE_SOCIALE‘elemento materiale del reato di concussione;
2.1.2 al requisito RAGIONE_SOCIALEa costrizione, omettendo la valutazione sia RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni rese dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE’11 marzo 2016, che riferiva RAGIONE_SOCIALEe violente rimostranze del NOME COGNOME contro il NOME COGNOME esprimendo un accanimento di cui il COGNOME non sapeva darsi spiegazione sia del contenuto del colloquio COGNOME del 15 dicembre 2012, caratterizzato da un crescendo di umiliazioni e accuse, rivolte al NOME COGNOME con invito a prendere le distanze dal COGNOME. La Corte di appello, obliterando la premessa ricostruttiva secondo cui il colloquio sarebbe stato esaminato ai fini RAGIONE_SOCIALEa individuazione RAGIONE_SOCIALEa condotta costrittiva, era pervenuta alla conclusione che non vi sarebbe stata la prospettazione di un danno ingiusto in caso di inadempimento RAGIONE_SOCIALEe direttive impartite dal COGNOME,ma incorrendo in un travisamento, perché non ha esaminato il tenore del colloquio (“io adesso ti parlo in codice perché tu capisca quello che ti può accadere dopo”), nel quale il NOME COGNOME ventilava minacciosamente l’insorgere di conseguenze sanzionatorie negative a carico del NOME COGNOME ove non si fosse adeguato ai suoi dicta, minaccia arricchita dal riferimento alla possibilità di procurarsi ulteriori prove, in un contesto relazionale caratterizzato da colloqui dai toni accesi. La Corte aveva trascurato la minaccia di radiazione del NOME COGNOME apertamente ventilata dal NOME COGNOME nel colloquio con la COGNOME COGNOME da questa riferita al NOME COGNOME e le condizioni sanitarie del NOME COGNOME rilevanti per valutare la condizione di assoggettamento che le minacce del NOME COGNOME avevano indotto nella persona offesa. La Corte di appello aveva, infine, pretermesso la chiara valenza minacciosa RAGIONE_SOCIALE‘incontro del 25 maggio 2013 tra il NOME COGNOME e il ragioniere COGNOME che aveva suggerito alla parte civile di fare acquiescenza al provvedimento disciplinare ammonendolo “sui muri di gomma” con i quali si sarebbe scontrato ove avesse opposto resistenza, consiglio che denota la caratura intimidatoria del comportamento del COGNOME,e trascurato, infine, il contenuto del colloquio fra il COGNOME e il COGNOME del 5 mag 2013; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.1.3. contraddittorietà RAGIONE_SOCIALEa motivazione rispetto ai canoni di valutazione RAGIONE_SOCIALEa prova di cui all’art. 192 cod. proc. pen. nella valutazione RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni del NOME COGNOME poiché le argomentazioni RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello avevano tradito le premesse metodologiche sulla valutazione del contributo dichiarativo RAGIONE_SOCIALEa persona offesa dal reato, si erano tradotte in valutazioni congetturali trascurando
i riscontri che la sentenza di primo grado aveva, invece, individuato con precisione, emergenti anche dai colloqui diretti che la parte civile aveva avuto con il NOME COGNOME . /
2.2. Con il proposto ricorso la parte civile assume che la sentenza impugnata ha omesso ovvero erroneamente valutato prove dichiarative e prove documentali al fine RAGIONE_SOCIALEa ricostruzione del danno aquiliano che, anche senza sovrapposizione rispetto al delitto di concussione, è comunque idoneo a cagionare un danno ingiusto e, dunque, a fondare la condanna per responsabilità civile.
Denuncia, in particolare:
2.2.1. il mancato esame di elementi di prova decisivi ai fini RAGIONE_SOCIALEa sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘abuso, RAGIONE_SOCIALEa costrizione e RAGIONE_SOCIALE‘indebito conseguimento di utilità avendo la Corte di appello omesso di valutare il compendio probatorio acquisito e operato una valutazione frammentaria e atomistica RAGIONE_SOCIALEe prove dichiarative e di quelle documentali nella parte in cui, in particolare le dichiarazioni RAGIONE_SOCIALEa NOMEessa NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO NOME COGNOME, direttore RAGIONE_SOCIALE‘ASL, consentivano di ricostruire un atteggiamento di violenza inaudita e gratuita e di una vera e propria forma di accanimento del NOME COGNOME nei confronti del NOME COGNOME che investivano e coinvolgevano, in maniera strumentale, la legittimità RAGIONE_SOCIALEe autorizzazioni del RAGIONE_SOCIALE e la professionalità del NOME COGNOME;
Le condotte del NOME COGNOME travalicavano in una vera e propria forma di costrizione in danno del NOME COGNOME riconducibile ad una forma di rivalità politica. La sentenza impugnata, trascurando tale contesto, aveva compiuto una lettura riduttiva RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni rese dalla parte civile all’udienza del 15 settembre 2017, violando i criteri di cui all’art. 192 cod. proc. pen. muovendo da erronee premesse ricostruttive nella individuazione RAGIONE_SOCIALEa condotta minacciosa, che può prescindere dalla forma espressa ; potendo anche essere implicita ovvero esprimersi in forma di consiglio, esortazione o metafora e che, nel caso in esame, si manifestava attraverso la minaccia del danno ingiusto, rivolto al NOME COGNOME, di radiazione dall’RAGIONE_SOCIALE;
b. la Corte di appello aveva erroneamente valutato la produzione documentale costituita dalla trascrizione del colloquio tra il NOME COGNOME e il COGNOME del dicembre 2012 trascurando le caratteristiche del linguaggio del NOME COGNOME (“ti parlo in codice …”) e il contesto relazionale poiché il colloquio faceva seguito ad altro di pochi giorni precedenti, in cui il NOME COGNOME aveva ribadito che avrebbe proseguito nella sua attività ostruzionistica del RAGIONE_SOCIALE;
le dichiarazioni RAGIONE_SOCIALEa teste NOME COGNOME all’udienza del 6 aprile 2018 nel corso RAGIONE_SOCIALEe quali la NOMEessa COGNOME aveva confermato il contenuto RAGIONE_SOCIALE‘incontro con il NOME COGNOME e la minaccia di proseguire con la radiazione del NOME COGNOME;
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la documentazione sanitaria prodotta dal COGNOME all’udienza del 17 settembre 2017 che ne documentava, nel periodo da aprile 2013 a luglio 2014, condizioni di salute legate a patologie ansiogene e depressive che smentivano la tesi RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata secondo la quale il COGNOME non aveva versato in condizioni di metus e di timore verso il COGNOME tanto da determinarsi a sporgere denuncia-querela;
la trascrizione del colloquio del 25 maggio 2013 tra la parte civile NOME COGNOME e NOME COGNOME che documentava la pressione costrittiva esercitata dal NOME COGNOME sulla persona offesa che, in stato di coartazione psicologica, si vedeva indotta a rassegnare le proprie dimissioni dal RAGIONE_SOCIALE;
la trascrizione del colloquio del 5 maggio 2013 tra il COGNOME e il COGNOME in cui, ribadendo un errore metodologico, la Corte di appello ha rilevato l’assenza di una costrizione stante il tenore bonario del colloquio;
2.2.2. sulla indebita utilità perseguita, che è configurabile in qualsiasi vantaggio personale che incrementi la sfera personale RAGIONE_SOCIALE‘agente, compreso l’accrescimento del proprio prestigio professionale o la propria considerazione nell’ambiente professionale di riferimento e che, nel caso in esame, era connessa al rilievo che il NOME COGNOME “l’avesse spuntata” sul NOME COGNOME per distruggerlo e pervenire alla chiusura del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
2.2.3 GLYPH violazione dei criteri di valutazione RAGIONE_SOCIALEa prova di cui all’art. 192 cod. proc. pen. La sentenza impugnata ha escluso che fossero proferite minacce di radiazione del NOME COGNOME, viceversa comprovate dalle dichiarazioni RAGIONE_SOCIALEa NOMEessa NOME COGNOME e da NOME COGNOME e che costituivano riscontri precisi alle ricostruzioni offerte dal COGNOME sulla valenza RAGIONE_SOCIALEe minacce costrittive subite e che si accompagnavano all’atteggiamento persecutorio e intimidatorio del NOME COGNOME verso il NOME COGNOME.
3.11 Procuratore generale, in vista RAGIONE_SOCIALE‘odierna udienza, ha depositato requisitoria alla quale si è riportato.
4.La parte civile in data 16 gennaio 2025 ha depositato memoria alla quale si è riportata con le conclusioni all’odierna udienza.
5.Nell’interesse di NOME COGNOME, i difensori hanno prodotto, in data 30 dicembre 2024, memoria difensiva alla quale si sono riportati nel corso RAGIONE_SOCIALE‘odierna discussione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi del Procuratore generale e RAGIONE_SOCIALEa parte civile devono essere rigettati perché proposti per motivi infondati.
Deve essere esaminata, in primo luogo, la richiesta del difensore di NOME COGNOME, svolta nella memoria e richiamata nelle conclusioni all’odierna udienza di discussione, di dichiarare inammissibili i ricorsi perché generici, in particolare il ricorso del Procuratore generale nella parte in cui denuncia il vizio di travisamento RAGIONE_SOCIALEa prova.
Il rilievo è manifestamente infondato tenuto conto che, invece, il Procuratore generale ricorrente e, così, la parte civile, hanno diffusamente indicato le risultanze di prova di cui si sarebbe omessa la valutazione richiamando, espressamente le dichiaranoni del NOME NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALEa NOMEessa NOME COGNOME e illustrandone la rilevanza ai fini RAGIONE_SOCIALEa descrizione RAGIONE_SOCIALEa condotta costrittiva ascritta al NOME COGNOME.
3.1 ricorsi propongono motivi comuni che possono essere esaminati congiuntamente posta la premessa che, in presenza di una sentenza che, come quella impugnata, sia incentrata, sul contenuto RAGIONE_SOCIALEa documentazione acquisita e sul giudizio di inattendibilità soggettiva del dichiarante, attraverso il ricorso pe cassazione non può essere proposta la rilettura RAGIONE_SOCIALE elementi di fatto posti a fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata.
La Corte di Cassazione, quale giudice di legittimità, deve, pertanto, limitare la propria valutazione al tenore argomentativo RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata e la conformità del risultato di prova ai principi di diritto che descrivono la struttura de reato di concussione.
Né l’analisi sulla motivazione, per rilevarne la manifesta illogicità o contraddittorietà, può fondarsi sull’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, F, Rv. 280601).
In relazione alla denuncia del vizio di motivazione acquista particolare rilievo la valutazione del denunciato vizio di travisamento RAGIONE_SOCIALEa prova desumibile da altri atti specificamente indicati dai ricorrenti, vizio che è ravvisabile ed efficace quando l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa RAGIONE_SOCIALE‘elemento frainteso, ricostruito erroneamente, o ignorato.
La giurisprudenza di questa Corte ha precisato che il vizio di travisamento RAGIONE_SOCIALEa prova costituisce, pertanto, un ulteriore criterio di valutazione RAGIONE_SOCIALEa contraddittorietà estrinseca RAGIONE_SOCIALEa motivazione in cui l’esame riguarda non il fatto nella sua interezza ma la comparazione RAGIONE_SOCIALEa valutazione RAGIONE_SOCIALEe prove con uno o più specifici atti del giudizio (Sez. 1, n. 39846 del 23/05/2023, Salerno, Rv. 285368).
4.AI fine di precisare il perimetro del giudizio di legittimità, il Procurator generale ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte sulla necessità o meno di motivazione rafforzata nel caso in cui il giudice di appello pervenga alla riforma RAGIONE_SOCIALEa sentenza di condanna assolvendo l’imputato. Il Procuratore generale è pervenuto alla conclusione che tale necessità, alla luce del principio di presunzione di innocenza e del ragionevole dubbio, non sussista essendo sufficiente una diversa valutazione caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella di primo grado (Sez, 4, n. 14194 del 18/03/29021, COGNOME NOME, Rv. 281016; S.U., 21/12/2017, Troise, Rv. 14800).
Sostiene, per contro, la parte civile che anche in caso di riforma RAGIONE_SOCIALEa sentenza di condanna, la giurisprudenza di legittimità segue una linea di maggiore severità richiedendo una motivazione rafforzata, in cui il giudice di appello spieghi dettagliatamente le differenze riscontrate confrontandosi con le motivazioni RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, alla luce di una rielaborazione esaustiva del materiale probatorio e fornendo una nuova e completa giustificazione per la riforma RAGIONE_SOCIALEa decisione, senza limitarsi a critiche generiche di dissenso (Sez. 3, n. 13833 del 5 aprile 2024, n. mass.).
Rileva il Collegio che la sentenza RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite Troise, richiamata dal Procuratore generale e dalla parte civile ricorrente, al di là RAGIONE_SOCIALEa forza evocativa RAGIONE_SOCIALEa definizione di “motivazione rafforzata”, indica con chiarezza la cornice di valutazione di questa Corte nella materia in esame.
Le Sezioni Unite, infatti, enunciano il principio RAGIONE_SOCIALEa necessità di motivazione rafforzata connesso al tema RAGIONE_SOCIALEa specificità e puntualità RAGIONE_SOCIALEa motivazione poiché, in presenza di sentenza di condanna di primo grado, il giudice di appello ha l’obbligo di confutare in modo specifico e completo le argomentazioni poste a fondamento del giudizio di colpevolezza, essendo necessario scardinare l’impianto argomentativo-dimostrativo di una decisione assunta da chi ha avuto contatto diretto con le fonti di prova, un obbligo che si struttura diversamente in presenza di sentenza di condanna di primo grado assertiva e sommaria. Così strutturato,. l’obbligo di motivazione rafforzata acquista una precisa connotazione anche metodologica che non si risolve in quello RAGIONE_SOCIALEa maggiore e minore plausibilità RAGIONE_SOCIALEa decisione.
5.AI NOME COGNOME era contestato, nella qualità, il delitto di concussione di cui è opportuno indicare gli elementi strutturali individuati nella giurisprudenza di questa Corte con riferimento alla condotta costrittiva, al male minacciato e alla utilità perseguita dal pubblico ufficiale.
5.1.Come noto, il delitto di concussione (art. 317 cod. pen.) si incentra sulla condotta di costrizione che, secondo la giurisprudenza di legittimità, consiste nel comportamento del pubblico ufficiale che, abusando RAGIONE_SOCIALEe sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario RAGIONE_SOCIALEa pretesa illecita, che, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciato, sicché non è sufficiente ad integrare il delitto un condizionamento che non si estrinsechi in una forma di intimidazione obiettivamente idonea a determinare uno stato di coercizione psicologica nel soggetto passivo (Sez. 6, n. 15641 del 19/10/2023, dep. 2024, Saguto, Rv. 286376). Non va trascurato che la costrizione, che integra l’elemento oggettivo del reato, può consistere anche in una minaccia implicita, purché idonea a coartare la volontà del privato, da valutare caso per caso in relazione alle modalità ampiamente discrezionali di esercizio del potere da parte del pubblico ufficiale (Sez. F, n. 47602 del 08/08/2017, COGNOME, Rv. 270817).
La sentenza Maldera (S.U. n. 12228 del 24/10/2013, Rv. 258470) si esprime con icastica chiarezza definendo la condotta concussiva di cui all’art. 317 cod. pen. come caratterizzata più che dalla costrizione in quanto tale dall’abuso costrittivo, quale tipico mezzo di coazione particolarmente insidioso e perciò carico di disvalore, che, più frequentemente RAGIONE_SOCIALEa violenza, ricorre nelle fattispecie concrete di concussione quale modalità realmente idonea ad ”obbligare” il soggetto passivo a tenere un comportamento che altrimenti non avrebbe tenuto.
Così delineata la condotta costrittiva, l’abuso non è un presupposto del reato ma integra un elemento essenziale e qualificante RAGIONE_SOCIALEa condotta nel senso che costituisce il mezzo imprescindibile per ottenere la dazione o la promessa RAGIONE_SOCIALE‘indebito.
L’abuso, in altri termini, è legato da un nesso di causalità con lo stato psichico determinato nel soggetto privato ed è idoneo, in ulteriore sequenza causale e temporale, a provocare la dazione o la promessa RAGIONE_SOCIALE‘indebito.
A proposito RAGIONE_SOCIALE‘abuso RAGIONE_SOCIALEa qualità o dei poteri le Sezioni Unite hanno chiarito che esso consiste nell’uso indebito RAGIONE_SOCIALEa posizione personale rivestita dall’agente pubblico e, quindi, nella strumentalizzazione da parte di costui o RAGIONE_SOCIALEa propria qualifica soggettiva – senza alcuna correlazione con atti RAGIONE_SOCIALE‘ufficio o del servizio ovvero dalla strumentalizzazione RAGIONE_SOCIALEe attribuzioni ad essa inerenti (abuso dei suoi
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poteri) così da fare sorgere nel privato rappresentazioni costrittive di prestazioni non dovute o per il perseguimento di un fine immediatamente illecito.
In sostanza, nella fattispecie di cui all’art. 317 cod. pen., l’abuso è indicativo RAGIONE_SOCIALE‘esistenza, in capo all’agente pubblico, di un diritto all’uso RAGIONE_SOCIALEa qualità o dei poteri, che viene però deviato dalla sua funzione tipica e si atteggia come contrapposto logico RAGIONE_SOCIALE‘uso, così come positivamente delineato, e, in quanto tale, inclusivo di imprescindibili limiti.
Ovviamente l’abuso RAGIONE_SOCIALEa qualità o dei poteri, per assumere rilievo come condotta costrittiva, deve sempre concretizzarsi in un facere (non è configurabile in forma omissiva) e deve avere una efficacia psicologicamente motivante per il soggetto privato: costui, cioè, deve comunque avvertire la possibile estrinsecazione dei poteri del pubblico agente, con conseguenze per sé pregiudizievoli e, proprio per scongiurarle, decide di aderire all’indebita richiesta.
La modalità costrittiva rilevante nel delitto di concussione va enucleata quindi dalla combinazione dei comportamenti tenuti dall’agente pubblico con il risultato che i medesimi producono, e trova la sua genesi nell’abuso RAGIONE_SOCIALEa qualità o dei poteri.
E’ il contenuto di tale abuso, che si concretizza, al di là del dato formale, nel prospettare alla vittima un danno ingiusto (contra ius), a integrare la costrizione ed a porre il soggetto passivo in una condizione di sostanziale mancanza di alternativa: evitare il verificarsi del più grave danno minacciato, che altrimenti si verificherà sicuramente, offrendo la propria disponibilità a dare o promettere una qualche utilità (danno minore) che sa non essere dovuta.
5.2.Nel delitto di concussione il male ingiusto assume una connotazione in chiave oggettiva, ricostruzione che implica l’abbandono di quegli orientamenti (che pure riaffiorano nella giurisprudenza) che affidano la distinzione a indici di quantificazione di tipo psicologico, in una misurazione che non solo di fatto è impossibile ma anche arbitraria i perché la misura superata la quale si sfocerebbe nella previsione tipica RAGIONE_SOCIALEa costrizione / non sarebbe normativamente prestabilita in base a indici di tig(qualitativo: anche il male ingiusto che connota la minaccia giuridicamente rilevante deve essere ricostruito sulla scorta del carattere legittimo o meno RAGIONE_SOCIALEa condotta.
5.3. Quanto all’utilità perseguita dall’agente pubblico si è affermato che in tema di concussione, il termine “utilità” indica tutto ciò che rappresenta un vantaggio per la persona, materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, oggettivamente apprezzabile, consistente tanto in un dare quanto in un “facere” e ritenuto rilevante dalla consuetudine o dal convincimento comune, conseguentemente rientrandovi anche il vantaggio di natura politica (Sez. 6, n. 33843 del 19/06/2008, Lonardo, Rv. 240796 ).
Da tale struttura del delitto in esame emerge come, ai fini RAGIONE_SOCIALEa prova del reato, vengano in rilievo non solo dati documentali – l’analisi dei provvedimenti di volta in vola adottati; la corrispondenza ufficiale e formale intercorsa – ma, altresì, dati esterni al provvedimento costituiti dal contenuto di incontri o conversazioni telefoniche, anche intervenute con persone terze, e che possono essere oggetto di ricostruzione, prevalentemente, attraverso le dichiarazioni RAGIONE_SOCIALEa persona offesa dal reato in quanto diretto interlocutore del pubblico ufficiale, e, quindi, destinatario di condotte costrittive, o comunque destinatario di minacce che da terzi gli siano stati riferiti.
Le risultanze di prova dichiarativa vengono in rilievo con riferimento alla denuncia del vizio di violazione di legge (in relazione all’art. 192 cod.proc. pen.) che i ricorsi sviluppano (ai punti 2.1.3 e 2.2.3 del Ritenuto in fatto).
Rispetto ai rilievi dei ricorrenti va ricordata la giurisprudenza di questa Corte secondo cui le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni RAGIONE_SOCIALEa persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento RAGIONE_SOCIALE‘affermazione di penale responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, RAGIONE_SOCIALEa credibilità soggettiva del dichiarante e RAGIONE_SOCIALE‘attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. Nella motivazione la Corte ha altresì precisato come, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, COGNOME‘Arte, Rv. 253214).
Si tratta di un indirizzo convalidato dalla giurisprudenza successiva che ha sempre ribadito come le dichiarazioni del soggetto danneggiato dal reato che si sia costituito parte civile possono essere legittimamente poste da sole a fondamento RAGIONE_SOCIALEa responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘imputato, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 commi 3 e 4, cod. proc. pen., purché il narrato sia soggetto ad un più rigoroso controllo di attendibilità, opportunamente corroborato dall’indicazione di altri elementi di riscontro (Sez. 4 n. 410 del 09/11/2021, dep. 2022, Aramu, Rv. 282558).
7.Ritiene il Collegio che la sentenza impugnata ha fatto coerente e logica applicazione RAGIONE_SOCIALEe descritte coordinate in materia di valutazione RAGIONE_SOCIALEa prova dichiarativa costituita dalle dichiarazioni rese dal NOME COGNOME con riferimento al contenuto dei colloqui da questi direttamente intrattenuti con il NOME COGNOME in data 15 e 28 dicembre 2012 (il secondo oggetto anche di una registrazione effettuata
dalla persona offesa); alle dichiarazioni rese da soggetti terzi presenti al colloquio del 15 dicembre 2012, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché dal NOME COGNOME, dal ragioniere COGNOME e dalla NOMEessa NOME COGNOME, dichiarazioni riferibili al tema RAGIONE_SOCIALE‘abuso costrittivo e inerenti alle iniziative discipli riconducibili, nella qualità, al NOME COGNOME.
In particolare sono state oggetto di valutazione le dichiarazioni del NOME NOME COGNOME (pag. 39 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata) e dalla NOMEessa NOME COGNOME (ivi) nella ricostruzione del “contesto” in cui erano da iscriversi le iniziati del NOME COGNOME, cioè l’obiettivo RAGIONE_SOCIALEa chiusura del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rispetto al quale si ponevano, secondo i ricorrenti, in chiave strumentale l’avvio del procedimento disciplinare, la minaccia di radiazione del NOME COGNOME, le condotte diffamatorie in danno di questi, le missive inoltrate al predetto o ad altre autorità, le conferenze stampa e telefonate a rappresentati RAGIONE_SOCIALEa comunità scientifica e altre istituzioni, iniziative tutte volte, in una parola, a “fare terra bruciata” intorno alla parte civil
Rispetto alla ricostruzione di tale contesto non è sussistente il denunciato vizio di travisamento RAGIONE_SOCIALEa prova per mancato esame RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni rese dal NOME NOME COGNOME, ancorché tali dichiarazioni non abbiano costituito oggetto di specifico esame, trattandosi di una omissione che non presenta valenza decisiva e rilevante al fine di “scardinare” la motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza di assoluzione che ha ritenuto insussistente l’abuso costrittivo.
La sentenza impugnata, pur avendo premesso che in sede di valutazione RAGIONE_SOCIALEa prova avrebbe riconosciuto valore prevalente ai documenti di natura pubblicistica acquisiti, piuttosto che alle prove dichiarative, attesa la componente soggettiva di queste ultime e, rispetto ai colloqui intercettati, al contenuto del colloquio e non singole frasi, dagli stessi estrapolati, si è attenuta ai criteri general di valutazione RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni RAGIONE_SOCIALEa parte civile e RAGIONE_SOCIALE altri testi alla l “RAGIONE_SOCIALE‘interesse” nella ricostruzione dei fatti ed ha compiuto una rigorosa e puntuale analisi di tutte le risultanze di prova dopo aver proceduto al corretto inquadramento dei poteri dei RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE rispetto agli iscritti.
Né è ravvisabile nella sentenza impugnata il vizio di una lettura “atomistica e frazionata” RAGIONE_SOCIALE elementi di prova poiché, invece, le risultanze di prova sono state sottoposte ad una lettura complessiva ( nella quale le une sono state esaminate anche alla luce RAGIONE_SOCIALEe risultanze conseguite dalla valutazione RAGIONE_SOCIALEa singola fonte di prova.
8.E’ indiscutibile che, ai fini RAGIONE_SOCIALEa configurabilità del reato di concussione ascritto al NOME COGNOME, acquista rilievo la sussistenza o meno dei poteri del RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE in materia
disciplinare, poteri che la Corte di merito (pag. 17 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata) ha puntualmente ricostruito precisando che questi ha il potere di svolgere accertamenti, acquisire informazioni e, in generale, compiere accertamenti volti a verificare le segnalazioni o notizie di fatti che possano integrare illeciti disciplinar costituiti non solo da abusi o mancanze nell’esercizio RAGIONE_SOCIALEa professione medica ma anche da fatti disdicevoli al decoro professionale, comportamenti che non sono tipizzati a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 38 del d.P.R. n. 221/1950.
In tali poteri rientrano, inoltre, quelli di impulso RAGIONE_SOCIALEa procedura e quello di presiedere l’organo disciplinare.
La perimetrazione dei poteri del RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE rileva non solo con riferimento all’ abuso RAGIONE_SOCIALEa qualità e dei poteri connessi alla qualifica ma incide sulla sussistenza RAGIONE_SOCIALEa denunciata “strumentalizzazione” RAGIONE_SOCIALEe attribuzioni del NOME COGNOME in chiave costrittiva in un contesto in cui, secondo i ricorrenti, le iniziative del NOME COGNOME puntavano, colpendo il NOME COGNOME, alla chiusura del RAGIONE_SOCIALE in contrasto con il direttore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, che sarebbe stato l’unico competente ad assumere decisioni in materia, e per il quale, invece, la struttura avrebbe dovuto continuare ad operare.
Non sfugge al Collegio che, come evidenziato nella sentenza di primo grado (pag. 21), la possibilità di mantenere aperta la struttura era direttamente collegata al NOME COGNOME che era in possesso dei titoli e RAGIONE_SOCIALEa qualifica rilevanti: tanto ciò vero che a seguito RAGIONE_SOCIALEe dimissioni RAGIONE_SOCIALEa parte civile il RAGIONE_SOCIALE venne chiuso.
La sentenza impugnata ha diffusamente esaminato il tema RAGIONE_SOCIALEa competenza o meno del NOME COGNOME, nella qualità, a svolgere accertamenti relativi all’operatività del RAGIONE_SOCIALE, di cui il NOME COGNOME era direttore sanitario e h ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE potesse esercitare i poteri disciplinari sul COGNOME anche per comportamenti riconducibili alle attività svolte come direttore sanitario del RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di appello, premesso di avere esaminato solo il primo procedimento disciplinare, poiché gli altri erano successivi alla presentazione RAGIONE_SOCIALEe dimissioni del NOME COGNOME, sopraggiunte il 19 luglio 2013, ha ricostruito in dettaglio da un lato le competenze del RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, le contestazioni elevate al NOME COGNOME con il procedimento disciplinare ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 4 del d.P.R. n. 137 del 2012, riportate nella relazione del 6 maggio 2013 (vedi pagg. 24 e 25 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata) e quali fossero le sanzioni irrogabili (avvertimento, censura, sospensione dall’esercizio RAGIONE_SOCIALEa professione non anche la radiazione, che potrebbe essere comminata in base al codice deontologico solo in presenza di reati previsti dal codice penale).
Le conclusioni raggiunte dalla Corte di merito (pag. pag.18 e ss. RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata), secondo cui il RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE era
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competente a verificare la posizione disciplinare del NOME COGNOME anche con riferimento ai suoi comportamenti quale direttore sanitario del RAGIONE_SOCIALE, non sono illogiche e si fondano sull’assunto che tali comportamenti riguardavano, in senso lato, anche la salute dei cittadini. Ha concluso, pertanto, che il NOME COGNOME aveva esercitato legittimamente i suoi poteri di presidente del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, sia in senso formale che in senso sostanziale nel sottoporre a procedimento disciplinare il NOME COGNOME per cui non vi era stato alcun esercizio abusivo dei suoi poteri.
9.La Corte di merito, pur aderendo a tale esaustiva tesi che escludeva in radice l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE‘esercizio dei poteri disciplinari, ha anche esaminato i profilo che tali poteri potessero essere stati esercitati in modo strumentale, per costringere, minacciandolo anche RAGIONE_SOCIALEa radiazione, il NOME COGNOME a presentare le dimissioni da direttore del RAGIONE_SOCIALE.
Il profilo RAGIONE_SOCIALEa natura strumentale RAGIONE_SOCIALEe attività del NOME COGNOME emerge secondo la prospettazione svolta con i motivi di ricorso, dal contenuto RAGIONE_SOCIALE incontri che il NOME COGNOME aveva avuto con il NOME COGNOME, il 15 e 28 di dicembre 2012, incontri nel corso dei quali il NOME COGNOME aveva esternato al NOME COGNOME i suoi propositi, anche con toni violenti, minacciando di ampliare il tema del procedimento disciplinare e attraverso altri comportamenti quali conferenze stampa, telefonate a rappresentati RAGIONE_SOCIALEa comunità scientifica e altre istituzioni, condotte denigratorie e diffamatorie, fino al 19 luglio 2013, data in cui il NOME COGNOME aveva presentato le sue dimissioni.
La parte civile, a rafforzamento RAGIONE_SOCIALEa condizione di metus in cui versava per effetto ditali condotte, aveva prodotto documentazione sanitaria che ne attestava lo stato di ansia e depressione nel periodo da aprile 2013 a luglio 2014, anche a confutazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata che, invece, aveva evidenziato la presentazione di denuncia-querela da parte del NOME COGNOME nel mese di aprile 2013. La parte civile ha valorizzato come sullo sfondo di tali incontri “aleggiasse” anche la minaccia di radiazione (questa riferita dalla NOMEessa NOME COGNOME).
La sentenza impugnata ha condotto un’analisi puntuale del contenuto dei colloqui del 15 e 28 dicembre 2012, intervenuti direttamente tra il NOME COGNOME e il NOME COGNOME, il secondo anche registrato; RAGIONE_SOCIALEe condotte immediatamente precedenti il deferimento del NOME COGNOME a procedimento disciplinare (intervenuto il 4 marzo 2013), quali l’incontro con il NOME COGNOME presso il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘8 gennaio 2013; la conferenza stampa presso il medesimo centro alla presenza del personale o concomitanti con l’istruttoria del procedimento disciplinare (fra questi l’incontro del 5 maggio 2013, anche in questo caso registrato) con il NOME COGNOME, componente del RAGIONE_SOCIALE che aveva illustrato al
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NOME COGNOME COGNOME risultanze RAGIONE_SOCIALE‘istruttoria invitandolo a non inasprire i rapporti con il NOME COGNOME e con l’RAGIONE_SOCIALE che gli era solidale ie il colloquio con il ragioniere COGNOME.
E’ con riferimento al contenuto di tali colloqui, in cui assumono particolare rilievo le dichiaraizoni rese dalla parte civile e il contenuto RAGIONE_SOCIALEa trascrizione relativa alla conversazione del 28 dicembre 2012, che la Corte di merito ha escluso la sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘abuso costrittivo evidenziando che la illustrazione RAGIONE_SOCIALEe problematiche relative al RAGIONE_SOCIALE connesse ai profili di deontologia del NOME COGNOME, anche se espresse in termini perentori e con toni accesi, non denotava modalità o l’esercizio di forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del NOME COGNOME.
In tale prospettiva non risultava rilevante il contenuto del colloquio del 15 dicembre 2012 – questo non registrato e riferito solo dalla parte civile – nel corso del quale il NOME COGNOME, come era nei suoi poteri, aveva informato il NOME COGNOME dei rilievi riscontrati sulle competenze del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e sulle conseguenze alle quali andava incontro in relazione alle attività di direttore, pur invitandolo a prendere le distanze dal NOME COGNOME e a convincere questi e la Regione che la struttura andava chiusa.
La sentenza impugnata, ha ritenuto, con argomentazioni non inficiate da evidente illogicità, che non vi era stato abuso RAGIONE_SOCIALEa funzione o dei poteri, viceversa legittimamente (e non strumentalmente) esercitati sottolineando che nel corso di tale incontro non vi era stata la prospettazione di alcun danno contra ius e, anzi, che il NOME COGNOME era stato destinatario di una proposta a disimpegnarsi dal RAGIONE_SOCIALE dando segnali precisi in tal senso entro il 28 dicembre.
La Corte di appello ha escluso che nel corso RAGIONE_SOCIALE‘incontro fossero state esercitate pressioni sul NOME COGNOME di cui, piuttosto, veniva sollecitato il consenso per intraprendere un percorso che avrebbe potuto portare alla chiusura del RAGIONE_SOCIALE.
Né le persone presenti all’incontro, il teste NOME COGNOME, al quale il NOME COGNOME si era rivolto per chiedergli di procurargli un incontro con il NOME COGNOME e il teste NOME COGNOME (cfr. pagg. 30 e 31 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata), al di là dei toni accesi del colloquio, avevano riferito di indebite pressioni o minacce essendo stati, peraltro, messi a conoscenza RAGIONE_SOCIALEe problematiche del RAGIONE_SOCIALE o attraverso la sintesi fatta dal NOME COGNOME (il COGNOME) o attraverso quanto riferito dallo stes NOME COGNOME, secondo cui il comportamento del NOME COGNOME era in contrasto con la deontologia professionale tanto che pensava di elevare al predetto una contestazione formale. Nessuno dei testi è stato in grado di confermare che fosse stata proferita la minaccia di “radiazione” del NOME COGNOME.
La Corte di merito (pag. 31 e ss.) ha esaminato anche il contenuto del colloquio del 28 dicembre 2012, questo ricostruito sulla scorta del contenuto RAGIONE_SOCIALE(
trascrizione evidenziando che dalla trascrizione stessa non emerge né la richiesta di dimissioni dal RAGIONE_SOCIALE né minacce, neppure implicite, dirette al COGNOME ma contestazioni, sia pure nette, sull’inesperienza del NOME COGNOME nel settore RAGIONE_SOCIALEa malattie rare e sulle informazioni “non veritiere” riportate sulla carta intestata del RAGIONE_SOCIALE nonché sul pericolo di poter avviare nuove indagini essendo pervenute segnalazioni sullo svolgimento di “attività commerciali” riconducibili al RAGIONE_SOCIALE, contestazioni queste tutte e ciascuna comunque riconducibili al profilo deontologico RAGIONE_SOCIALEe attività professionali del NOME COGNOME.
La Corte di merito ha spiegato che, ai fini RAGIONE_SOCIALEa insussistenza RAGIONE_SOCIALE‘abuso costrittivo, rileva che il NOME COGNOME avesse esplicitato, come era nei suoi poteri, le censure che riguardavano sia la carenza RAGIONE_SOCIALEe competenze professionali del NOME COGNOME che l’adeguatezza del RAGIONE_SOCIALE, di cui il NOME COGNOME era responsabile, a occuparsi di malattie rare, censure che il NOME COGNOME aveva poi espresso pubblicamente in missive dirette al NOME COGNOME, nel corso di conferenze stampa e incontri anche istituzionali il successivo mese di gennaio 2013 e nelle segnalazioni inviate alle autorità competenti ai controlli in materia sanitaria.
Infatti, la Corte di merito ha esaminato, per inferirne la irrilevanza, anche le condotte immediatamente precedenti al deferimento del NOME COGNOME a procedimento disciplinare (intervenuto il 4 marzo 2013), quali l’incontro con il NOME COGNOME presso il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘8 gennaio 2013; la conferenza stampa presso il medesimo centro alla presenza del personale e concomitanti con l’istruttoria del procedimento disciplinare (fra questi l’incontro del 5 maggio 2013, anche in questo caso registrato) con il NOME COGNOME, componente del RAGIONE_SOCIALE che aveva illustrato al NOME COGNOME le risultanze RAGIONE_SOCIALE‘istruttoria invitandolo a non inasprire i rapporti con il NOME COGNOME e con l’RAGIONE_SOCIALE che gli era solidale.
Anche le dichiarazioni RAGIONE_SOCIALEa NOMEessa COGNOME in relazione al contenuto RAGIONE_SOCIALEa lettera che la stessa aveva sottoscritto a favore RAGIONE_SOCIALEe attività del RAGIONE_SOCIALE e del suo colloquio con il NOME COGNOME sono state esaminate evidenziando la equivocità RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni sulla minaccia di “radiazione” del NOME COGNOME (v. pag. 39 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata) che il NOME COGNOME avrebbe proferito nel corso del colloquio piuttosto che quella del concreto pericolo di sottoposizione ad un procedimento di valutazione del NOME COGNOME – effettivamente intrapreso.
In tale contesto sono state esaminate, infine, anche le dichiarazioni del ragioniere COGNOME che lo aveva invitato ad “accondiscendere” al procedimento disciplinare.
A ulteriore smentita RAGIONE_SOCIALEa valenza costrittiva RAGIONE_SOCIALEe iniziative del NOME COGNOME, la Corte di appello ha rilevato che il NOME COGNOME il 17 marzo 2013 aveva presentato una denuncia-querela contro il NOME COGNOME allegando documentazione e il contenuto del colloquio del 15 dicembre 2012, denuncia nella quale il
comportamento del NOME COGNOME veniva ritenuto “gravemente ingiurioso, diffamatario, calunniatorio e minaccioso” ma senza ulteriori precisazioni.
Sulla scorta di tale ricostruzione non presta il fianco a censure la conclusione RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello secondo cui la prospettazione di avvio del procedimento disciplinare (poi conclusa in senso sfavorevole al NOME COGNOME) non integra un abuso costrittivo per la prospettazione di un danno contra ius tenuto conto che ai fini RAGIONE_SOCIALEa configurabilità del delitto di concussione non rileva, a differenza di quanto prospettato dai ricorrenti, la portata più o meno coartante RAGIONE_SOCIALEa minaccia, ma l’ingiustizia del male minacciato poiché non era ingiusta la minaccia di avvio del procedimento disciplinare poiché, come si è detto in premessa, questa deve essere ricostruita sulla scorta del carattere legittimo o meno RAGIONE_SOCIALEa condotta e individuata nella prospettazione di un male futuro e ingiusto che sia in dominio RAGIONE_SOCIALE‘agente realizzare.
La parte civile ha insistito sulla sua posizione di subordinazione al presidente COGNOME nell’ambito del procedimento disciplinare anche perché i componenti del RAGIONE_SOCIALE sarebbero stati solidali con le decisioni del presidente RAGIONE_SOCIALE‘organo (come riferitogli in particolare dal collega COGNOME e dal ragioniere COGNOME): la posizione di sovraordinazione RAGIONE_SOCIALE‘agente pubblico è tipica del reato in esame e si riflette nella asimmetria tra l’agente pubblico agente e del privato. Tuttavia il parametro sul quale valutare la ingiustizia del danno non può risolversi nella generica evocazione RAGIONE_SOCIALEa posizione di sovraordinazione del presidente RAGIONE_SOCIALE‘organo disciplinare in relazione ad un procedimento in cui l’interessato ha la possibilità di difesa sia attraverso il contraddittorio che attraverso l’impugnazione del provvedimento emesso.
L’avvio del procedimento disciplinare e il suo esito, non integrano ex se un sopruso o una condotta costrittiva tale da “mettere spalle al muro” la persona che vi è sottoposta tanto più che, nel caso in esame, le dimissioni del NOME COGNOME da direttore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – che costituivano secondo la prospettazione dei ricorrenti, il contraltare RAGIONE_SOCIALEe condotte minatorie – sono intervenute, per volontà del NOME COGNOME, ma in un momento successivo all’adozione del provvedimento di sospensione, che era già stato oggetto di impugnazione attraverso la quale il NOME COGNOME aveva potuto esercitare il diritto di difesa presso un organo terzo, rispetto al RAGIONE_SOCIALE.
La concreta sequenza dei fatti esclude che, al di là RAGIONE_SOCIALEa percezione soggettiva che ne abbia avuto il NOME COGNOME, la presentazione RAGIONE_SOCIALEe dimissioni sia da porre sul piano causale come conseguenza RAGIONE_SOCIALEe condotte agite dal NOME COGNOME provocando una condizione di soggezione psicologica tale da sospingerlo alle dimissioni che, secondo le conclusioni RAGIONE_SOCIALEa Corte di merito, neppure hanno costituito un vantaggio ingiusto per il NOME COGNOME che non era determinato alla
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chiusura del RAGIONE_SOCIALE da una spinta di carattere personale e diretto ma, al più, secondo quanto riferito dalla parte civile, dalle spinte dei medici nutrizionisti che vedevano nel RAGIONE_SOCIALE un concorrente nella gestione del lucroso settore e dal fine di assecondarle per ragioni di carattere politico. Una spinta nella quale, tuttavia, non è neppure ravvisabile un concetto di utilità apprezzabile sul piano processuale trattandosi di una prospettazione del tutto apodittica e correlata alla mera posizione di vertice del RAGIONE_SOCIALE e del consenso elettorale che l’elezione da parte dei rappresenti presuppone.
10. Al rigetto del ricorso consegue la condanna RAGIONE_SOCIALEa parte civile al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna la parte civile ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
Così deciso il 17 gennaio 2025
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La Consigliera relatrice
Il President e