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Abrogazione reddito di cittadinanza: reati passati

Un soggetto condannato per omessa comunicazione di redditi da gioco mentre percepiva il reddito di cittadinanza ha impugnato la sentenza, sostenendo l’intervenuta abrogazione del reddito di cittadinanza e della relativa norma incriminatrice. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando che la legge di abrogazione ha escluso l’applicazione retroattiva della norma più favorevole per i fatti commessi fino all’esaurimento del beneficio, per garantire continuità nella tutela penale.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di cittadinanza: l’abrogazione del reato non è retroattiva

La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema di grande attualità: gli effetti della abrogazione del reddito di cittadinanza sui reati commessi prima della sua soppressione. La Suprema Corte ha stabilito che la cancellazione della norma incriminatrice non comporta un’automatica assoluzione per le condotte passate, derogando al principio generale della legge più favorevole.

Il Fatto: Omessa Comunicazione di Redditi da Gioco

Il caso esaminato riguarda un cittadino condannato per il reato previsto dall’art. 7 del D.L. 4/2019. L’imputato, beneficiario del reddito di cittadinanza, aveva omesso di comunicare all’ente preposto le informazioni relative al proprio reddito personale, derivante dalla titolarità di conti di gioco. Di fronte alla condanna, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su un unico motivo: l’intervenuta abrogazione della fattispecie incriminatrice a partire dal 1° gennaio 2024.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, la doglianza del ricorrente era manifestamente infondata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Perché l’abrogazione del reddito di cittadinanza non cancella i reati passati

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione della norma che ha soppresso il reddito di cittadinanza (art. 1, comma 318, legge n. 197/2022). La Corte ha chiarito che, sebbene il reato sia stato formalmente abrogato dal 1° gennaio 2024, la stessa legge ha previsto una clausola di salvaguardia. Questa clausola stabilisce che le sanzioni penali continuano ad applicarsi per tutti i fatti commessi fino al termine di efficacia della disciplina del reddito di cittadinanza.

Questa disposizione rappresenta una chiara deroga al principio di retroattività della ‘lex mitior’ (legge più favorevole), sancito dall’art. 2, secondo comma, del codice penale. La ratio di questa scelta legislativa, come sottolineato dalla Cassazione, è quella di garantire la tutela penale contro l’indebita erogazione del beneficio fino a quando è stato possibile fruirne.

In altre parole, il legislatore ha voluto evitare un ‘vuoto normativo’ che avrebbe lasciato impunite le condotte illecite commesse sotto la vigenza della vecchia normativa. La soppressione del vecchio reato, infatti, si coordina cronologicamente con l’introduzione di una nuova fattispecie incriminatrice (art. 8, D.L. n. 48/2023) legata ai nuovi benefici che hanno sostituito il reddito di cittadinanza, assicurando una continuità nella protezione degli interessi dello Stato.

Le Conclusioni: Implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza consolida un importante principio giuridico: l’abrogazione di una norma penale non sempre comporta la cancellazione retroattiva delle sue conseguenze. Quando il legislatore lo prevede espressamente per tutelare specifici interessi, la vecchia norma può continuare a produrre i suoi effetti per i fatti commessi durante la sua vigenza.

Per i cittadini, ciò significa che le condotte illecite legate alla percezione del reddito di cittadinanza, come l’omessa comunicazione di redditi, rimangono penalmente perseguibili anche dopo la soppressione del beneficio. La decisione rafforza il principio di legalità e di certezza del diritto, assicurando che la transizione tra diverse discipline normative non crei zone franche in cui i comportamenti fraudolenti restino impuniti.

L’abrogazione della norma che puniva le false dichiarazioni per il reddito di cittadinanza cancella i reati commessi in passato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, nonostante l’abrogazione della norma dal 1° gennaio 2024, le sanzioni penali continuano ad applicarsi per tutti i fatti illeciti commessi fino a quando la disciplina del reddito di cittadinanza è rimasta in vigore.

Perché in questo caso non si applica il principio della legge più favorevole (lex mitior)?
Non si applica perché la stessa legge che ha abrogato il reato (legge n. 197/2022) ha introdotto una specifica deroga. Questa deroga fa salva l’applicazione delle vecchie sanzioni penali per garantire la continuità della tutela legale contro l’indebita percezione del beneficio.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La conseguenza diretta, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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